era anche il periodo di un certo Pino Donaggio

In fureria della 1ª Compagnia (Capitano Fulvio Frasca) prestava servizio un certo Pino Donaggio e il grosso del Battaglione, comandato da poco dal TCol. Omero Petricci (detto in seguito Petrus, l’amarissimo), era allora costituito dal contingente 3° ’66.
E di quel periodo, siamo nel 1967, raccogliamo i ricordi dell’ACS Franco Giordanelli:“Fino a quel momento io avevo però prestato servizio giornaliero come telescriventista negli scantinati della nota villa del comando generale, la storica Villa Margherita.
Quel giorno in fureria non c’era il Pino ma il commilitone brianzolo Giovanni Radaelli, che, immortalato con me nella fotografia, stava preparandomi un permesso di 12 ore… quel permesso che ebbe poi per me un seguito del tutto inaspettato.
Di certo la mezza giornata prevista rappresentava per il mio desiderio di fare una scappata a casa, calcolando che allora abitavo a Nizza, un periodo veramente troppo stretto… andare e rientrare in tempo… come fare? certo, se si trattava di sforare di poche ore, sarei stato coperto da un collega… ma si sa, da giovani soprattutto, quando ci si mette in mente una cosa… e allora pronti e via!
Si dice che la Fortuna sia cieca ma la sfiga ci vede benissimo… e fu così che, al rientro, nei pressi di Vicenza il treno ebbe un corto circuito e quindi fummo tutti fatti scendere in attesa di poter proseguire su un mezzo alternativo.
Dopo un tempo per me interminabile, fummo invece riportati indietro alla stazione precedente più vicina ad attendere un treno locale che ci permettesse di arrivare a una coincidenza con la linea di destinazione… mentre qualcosa mi rodeva rodeva dentro!!
In sostanza, rientrai con oltre dodici ore di ritardo e, pur senza aver potuto dormire, sarei stato pronto a rispettare il mio turno di servizio alla villa del comando generale.
Eravamo pronti a salire sul camion che ci avrebbe trasportato a Villa Margherita, io e il gruppetto dei militari che mi erano stati affidati, ma, senza che nessuno mi avesse avvisato o magari richiamato, mi fu consegnato un nuovo ordine di servizio… e già temevo il peggio… venivo da subito incaricato di verificare i conti della mensa ufficiali e sott’ufficiali e di assumerne la gestione!
Non ho mai capito veramente se la cosa fu dovuta alla scoperta della mia “fuga”… ma forse dipese dal fatto che il comando aveva da poco allontanato il maresciallo che aveva ricoperto l’incarico fino ad allora, e basandosi sulla mia dichiarata preparazione in “ragioneria ed economia” intendesse avere una relazione sul suo operato. Tale relazione mi fu poi infatti richiesta e, coscienziosamente, potei consegnarla.
Debbo dire che la mia gestione fu ritenuta un successo… feci trasferire in questa mensa un militare che sapevo essere un cuoco diplomato; cambiai i fornitori perché avevo capito che questi si erano ormai abituati ad applicare prezzi fuori mercato per merce di qualità scarsa (e forse per una “stecca” a qualcuno); risanai i conti e ricevetti i ringraziamenti da tutti quelli che normalmente utilizzavano la mensa e soprattutto da quelli che prima preferivano andare a mangiare fuori o in famiglia e che tornavano ad usufruire della mensa.
E grazie all’aumento del numero complessivo di frequentatori (comandante compreso), aumentò anche la disponibilità economica per i rifornimenti (il budget… che era di un tot pro capite per gli ufficiali e uno leggermente più basso per i sott’ufficiali) e si poté così ulteriormente migliorare il servizio reso.
Quel nuovo incarico mi diede proprio delle soddisfazioni… anche se non era stato certamente nelle mie aspirazioni.

Ricordi di leva del 1971

Riceviamo per essere condivise con i “diversamente giovani” del Battaglione Trasmissioni Folgore delle personali esperienze riportate nel seguente allegato.
Era il 1971 quando iniziò il servizio militare del dott. Flavio Pilla, partito con i giovani del 1° contingente di quell’anno. Dopo il periodo del CAR, trascorso negli uffici della caserma Piave di Orvieto, approdò alla nostra cara e vecchia De Dominicis e, negli uffici della 1ª Compagnia, rimase fino all’estate del 1972 quando comandante del Battaglione era il Tenente Colonnello Vito Caringella e la Divisione Folgore comandata dal Generale Adolfo Orofino.

…ci sono trasmissioni e trasmissioni

L’Arma delle trasmissioni è una delle più giovani dell’Esercito Italiano: la sua nascita ufficiale fu sancita il 30 Dicembre 1997 ma le “trasmissioni” traggono origine dalla “Specialità telegrafisti del Genio” creata nel 1883 e dalla successiva “Specialità Collegamenti” dal 16 maggio 1953 poi ridenominata “Specialità Autonoma Trasmissioni” con propri fregi e mostrine. Oggi le “comunicazioni” sono uno dei fondamenti di un esercito moderno. E in questo blog vari articoli ne hanno parlato ricordando anche i nostri “Spatia Devinco disiunta coniungo”.
Ma come ben sappiamo tutti le “trasmissioni” hanno seguito anche una linea di sviluppo civile autonoma che prevedeva, a differenza di quella militare, che una trasmissione (fosse di dati o notizie) venisse ricevuta dal maggior numero di ricevitori posibile! In molti casi in essa viene usata la stessa terminologia ma le finalità,come ben sappiamo, sono completamente diverse, essendo legate, a differenza delle prime, alla “diffusione“.
Anche queste trasmisioni hanno alle spalle una lunga storia di cui è sicuramente interessante vedere alcune immagini…
…come i primi, per noi, rudimentali ricevitori e sistemi di registrazione dell’audio…

… come i primi potenti trasmettitori e le sale di gestione della bf…

… e anch’essa pagando tributi alla guerra (nella prima foto il Centro di Milano non ancora inaugurato e già bombardato nel 1943) ma poi risorgendo (anch’essa grazie al piano Marshall)

Abbiamo parlato di quella che in Italia fu dapprima l’URI (Unione Radioemittenti Italiane) e successivamente l’EIAR (Ente Italiano Audizioni Radifoniche). E uno studioso, raccogliendo in un libercolo le testimonianze di alcuni di coloro che vi lavorarono (in questo caso nella sede romana) ha voluto ricostruire una giornata come la si viveva in quell’ambiente.

Chi volesse leggere questa ricostruzione può scaricarla cliccando sui questi link UN GIORNO ALL’EIAR I°UN GIORNO ALL’EIAR II° (diviso in due parti solo per motivi di “peso”)

…e tra i ricordi di una vita..

A quei tempi si era stati tutti “nonni”… e sembrava di essere ormai “vecchi”!! Ma quanta acqua doveva passare sotto i ponti prima che diventassimo padri e poi nonni “veri”! Sicuramente in tanti si sono dati da fare per la propria famiglia, per i figli e nipoti, più che per sé stessi e certamente a molti è capitato di pensare che, altrettanto importante era trasmettere le proprie esperienze e, perché no, anche semplicemente i propri ricordi.
Certo, far sapere ai giovani come hanno vissuto i loro nonni e i nonni dei loro nonni è un modo di dar loro una prospettiva che nessuna scuola è in grado di dare… e non la vita di personaggi importanti, di cui sono pieni i libri di storia, o di quelli le cui ricorrenze vengono celebrate ogni anno. Ha un grande valore anche la vita di persone qualsiasi, anonime, che hanno attraversato gioie e dolori e affrontato problemi giorno per giorno. Per ognuna di queste è una storia diversa… milioni di storie uniche per le quali non basterebbero le biblioteche di tutto il mondo!! E con questo spirito che l’“ex-folgorino”, Nino Paddeu, marconista del 3°/63 e tosto sassarese, si è messo un giorno a scrivere, a raccontare… e ne è venuto fuori un libro!!
Paddeu - libro 1Mi è sempre piaciuta l’idea di far sapere un po’ ai giovani come si svolgeva la vita anni addietro e proprio in un momento in cui le cose cambiano tanto rapidamente. Forse fu per questo che alcuni anni fa cominciai, senza rendermene ben conto, a raccontare un po’ per volta ai figli, ancora piccoli, dei miei ricordi che, mi rendevo conto, andavano sempre più affievolendosi. Debbo dire che fortunatamente la natura mi ha dotato di un carattere abbastanza allegro che mi ha permesso tante volte nella vita di vedere i lati positivi e financo spiritosi delle situazioni anche più spiacevoli; e questo, che credo essere un fatto molto positivo, penso di essere riuscito a trasmetterlo ai miei primi ascoltatori. Ciò, mi è stato fatto notare, emerge anche dalle pagine del libro, che dai racconti ha preso forma e che, dal numero di copie vendute, risulta essere stato gradito anche ai successivi lettori. Nel libro ha trovato un piccolo spazio anche il periodo della leva militare che fu, come per molti della mia generazione, un periodo senz’altro importante della giovinezza…
Paddeu - libro 2

Successe a quel campo estivo a Travesio…

Giugno ’68, campo estivo a Travesio, manovre combinate di Divisione quindi anche con gli ex-parà del 183° Rgt. Nembo e poi con i carri dell’Ariete e anche con l’aviazione della NATO.
Il nostro gruppo di radiotelegrafisti si trovava alloggiato in una vecchia fornace e a dir la verità, fu per me era una vera pacchia. Servizio tranquillo, ottimi rapporti con il sergente (mi pare fosse di Asiago), libera uscita senza contrappelli e tanta sensazione di “borghesia” visto che anche in paese, per il via vai di soldati e ufficiali, non si badava tanto ai regolamenti.
Caldo pomeriggio di domenica… io e due commilitoni, tornando alla fornace, passiamo davanti a un bar dove, seduti ai tavolini esterni, se ne stava un gruppo di ufficiali in relax; un colonnello aveva financo un cane lupo accucciato accanto alla sua sedia…
Noi passiamo via senza alcun saluto regolamentare…. anche perché avremmo dovuto tener la mano al berretto per una ventina di metri… tipo parata e ben sapendo che a nessuno di quelli, ai quali sarebbe stato rivolto, sarebbe interessato; cosicché quando, poco dopo incrociammo un maresciallo di un altro reparto, che non conoscevamo affatto, anche lì, tirammo dritto senza salutare…
– Ehi! Voi! – lo sentimmo però chiamare.
– E vai.. ci siamo – pensai, e poi dissi ai miei amici – …lasciate fare a me.
Mi era venuta l’idea di provare ad applicare alla lettera gli insegnamenti del CAR di Trapani: presentarsi e rispondere, se interrogati, ad alta voce. Corsi allora verso di lui, mi fermai sull’attenti ai tre passi regolamentari e, con quanto fiato avevo in gola (come dovessero sentirmi a un chilometro di distanza), urlai:
– COMANDI SIGNOR MARESCIALLO!!!
A quel punto vidi il maresciallo, già imbarazzato, lanciare occhiate verso gli ufficiali che, sentito l’urlo, si erano tutti girati incuriositi verso di noi e pronti a godersi uno spettacolo.
A quel punto, il maresciallo, parlando piano mi disse:
– Come mai non mi avete salutato?
Io, sorprendendolo, urlai ancora più forte:
– NON L’AVEVAMO VISTA SIGNOR MARESCIALLO!!!
E lui, ancora più imbarazzato… ma ancora più piano per cercare di smorzare:
– Come no? Tu in particolare mi hai guardato negli occhi…
Ma io, sempre urlando:
– L’HO GUARDATA NEGLI OCCHI MA NON GLI HO GUARDATO SULLE SPALLE SIGNOR MARESCIALLO!!
Cominciarono a sentirsi un sottofondo di sghignazzamenti e risatine provenienti dal non lontano “firmamento di stellette”.
Il maresciallo, non sapendo come uscirne, tirò fuori un foglietto e una penna:
– Come ti chiami? –
E io, sempre urlando più che potevo:
-TRASMETTITORE FANCIULLACCI PAOLO, PRIMA COMPAGNIA, BATTAGLIONE TRASMISSIONI FOLGORE, TREVISO!!! COMANDI SIGNOR MARESCIALLO!!!
Il maresciallo, ormai paonazzo, scribacchiò qualcosa e poi mi disse:
– Vai! Puoi andare! Considerati punito!
– SIGNORSI’ SIGNOR MARESCIALLO!!!
Mi voltai di scatto, battei lo scarpone a terra e, con passo risoluto (ma strizzando l’occhio) mi avviai verso i commilitoni che mi aspettavano.
Avevamo fatto poi solo pochi passi quando mi sentii di nuovo chiamare… ma questa volta era il tenente Pallottini, quell’anima lunga, che era stato, anche lui tra gli altri sulla porta del bar, a godersi la scena.
Benchè mi sembrasse allegro, non avrei potuto immaginare la sua reazione… ed ecco che, ci fa entrare nel bar e, allargandosi in un bel sorrisone, mi stringe la mano, mi fa i complimenti per il perfetto comportamento e poi ci offre pure da bere!! …e questo anche perché, come venni poi a sapere, proprio quel maresciallo, un vero “fetuso”, stava sulle palle un po’ a tutti, ufficiali compresi.
E per quell’episodio divenni anche famoso a Travesio…. Una sera, mentre rientravamo al campo, in periferia del paese, sentii chiamare da un gruppetto di tre allegre ragazze:
– Buona sera Fanzullazzi!
– Ehi.. com’è che sapete come mi chiamo? – domandai.
– Ma se lo sa tutto il paese da come l’hai urlato al maresciallo!
E fu così che facemmo amicizia… ecc., ecc.
Ah.. a proposito della punizione… almeno questa, non arrivò mai!
E a proposito del Tenente Pallottini… era fatto così… un duro se serviva ma un commilitone se si poteva. E ho saputo che ha fatto da poco gli 80… Auguri al Generale… e a tutti i Folgorini!!

Paolo Fanciullacci, 2°/67 – Btg Trs Folgore, 1ª Compagnia, Marconista.  (…e “ragazzaccio” -n.d.r.)

le Trasmissioni nella Prima Guerra Mondiale

La Prima Guerra Mondiale fu il primo vero conflitto dopo l’invenzione del telefono e della radio; questi mezzi di comunicazione se da una parte consentono una velocità di trasmissione dei messaggi praticamente istantanea, dall’altra sono irrimediabilmente esposti all’intercettazione da parte del nemico, e questo vale soprattutto per le comunicazioni radio.
Catturare il corriere che recava un messaggio importante era impresa difficile e occasionale, intercettare una trasmissione radio, una volta installata una stazione di intercettazione è un gioco da ragazzi, nonostante i vari tentativi di crittografare i messaggi.
I primi a rendersi conto di questa nuova possibilità furono i Francesi che allo scoppio della guerra disponevano già di un ben organizzato ed efficiente ufficio spionaggio presso il quartier generale dell’esercito. E sin dall’ottobre 1914 i crittanalisti francesi guidati dal Col. Cartier e dal Cap. Olivari furono in grado di decrittare i messaggi radio tedeschi. Ma il migliore crittanalista francese fu poi un professore di paleontologia Georges Painvin che nel 1918 riuscì a decrittare molti messaggi cifrati con la cifra ADFGVX tra i quali il famoso radiogramma della vittoria.
Altrettanto ben preparati gli Austriaci: già nell’agosto 1914 i crittanalisti asburgici riuscirono a decrittare i radiomessaggi russi che per la verità erano solo in parte cifrati; anche quando i russi cominciarono a cifrare i loro messaggi radio il cap. Pokorny riuscì nel giro di pochi giorni a decrittarli nuovamente.
Negli altri paesi veri e propri uffici cifra furono organizzati solo dopo l’entrata in guerra.
Assolutamente impreparati furono soprattutto i Russi che all’inizio della guerra non si preoccupavano neanche di cifrare i loro messaggi radio, come avvenne durante la battaglia di Tannenberg nell’agosto 1914 quando persino gli ordini operativi venivano trasmessi in chiaro; un formidabile regalo ai Tedeschi che intercettarono totalmente i mesaggi.
I Tedeschi riuscirono a decrittare i messaggi russi anche dopo che questi ultimi iniziarono a cifrare le loro comunicazioni radio; qualche successo lo ottennero anche nei confronti dei Francesi; il principale crittanalista tedesco fu il prof. Deubner.
Capo dell’ufficio crittologico della Marina Britannica fu Sir Alfred Ewing che organizzò la cosiddetta Room 40 (dal numero della sua stanza negli uffici dell’ammiragliato) dove si decrittavano migliaia di radiomessaggi della marina tedesca. Il più noto di questi messaggi fu il “telegramma Zimmermann” con il quale i Tedeschi offrivano un’alleanza ai Messicani in chiave anti-USA. Letto al Congresso degli Stati Uniti questo messaggio fu uno dei fattori che spinsero gli Stati Uniti a entrare in guerra nel 1917.
Negli Stati Uniti non esistendo un Ufficio Cifra federale fu promosso a tale rango il reparto crittologico dei laboratori Riverbanks di Chicago una fondazione privata di ricerca nella quale lavorava anche William Friedmann destinato a divenire il massimo crittologo e crittanalista USA.
Del tutto impreparati in campo crittologico furono gli Italiani che dovettero in un primo tempo appoggiarsi all’ufficio cifra francese; solo in un secondo tempo fu costituito un ufficio cifra autonomo sotto la guida di Luigi Sacco.
In definitiva fu proprio la Grande Guerra a far scoprire a molti stati europei l’importanza della crittografia, il cui ruolo diventerà assolutamente fondamentale nella II guerra mondiale.

Articolo tratto da varie pagine facebook sulla I°G.M.

La famosa “puntura nel petto”…

Scagli la prima pietra chi di noi non ha recentemente parlato di vaccinazioni… e allora perché non sbirciare sui social cosa si dice della famosa nostra “puntura nel petto” che, quasi, tutti noi abbiamo “coraggiosamente”, volenti o nolenti, affrontato …e lì si trovano discussioni e, come sempre, con pareri e conclusioni completamente divergenti.

Un commilitone scrive: “Mi chiedo ancora oggi cosa c’era nell’iniezione che ci veniva fatta da militari di leva e che teneva lontani per anni malanni e malattie… era forse l’ingrediente segreto della pozione magica di Asterix? Non l’ho mai saputo ma probabilmente era una specie di mix di nitroglicerina e peperoncino, con l’aggiunta di un pizzico di zolfo e acido solforico…”
Un altro risponde: “Era un cocktail di vaccini e altro per preservare i militari da malattie contagiose e conseguenze di incidenti durante il periodo di leva ma non impediva che alcuni “marcassero visita” ogni giorno. Era molto temuto dai giovani, alcuni dei quali cadevano come pere cotte, al momento dell’inoculazione; altri sviluppavano temperature anche molto alte (41°C) per qualche giorno.
Un parà aggiunge: “Da noi, nell’85 a Pisa, dopo 2–3 ore ne aveva stroncati un sacco! A me fece effetto il giorno dopo e rimasi scassato per 2 giorni a letto con febbre fissa a 40,5!! Devo dire però che per 5 anni non ebbi neanche un raffreddore…”
Un altro, categorico: “..è una leggenda metropolitana… i batteri del tetano e tifo non hanno niente a che vedere con i virus del raffreddore. Il fatto è che i militari di leva avevano vent’anni!!”
Tra di noi vi era anche un laureato in farmacologia che finalmente spiega: “Studiato, prodotto e infine distribuito dall’Istituto Chimico-Farmaceutico Militare di Firenze si chiamava TABTe (minuscola finale). Il composto, di color marrone scuro, conteneva un vaccino tetravalente per proteggere da Tifo, Paratifo A e B, e Tetano. Niente di più e niente di meno. In caserma ero operativo nell’infermeria e in undici mesi abbiamo somministrato circa 8000 fiale di TABTe alle reclute. Il ciclo prevedeva la prima somministrazione nel primo mese di CAR, la seconda entro 30 giorni e la terza (ma tanti non la fecero) entro un anno dalla prima”.
(N.B.: Il tetano non è contagioso e l’infezione da parte del batterio avviene per contaminazione di tagli o ferite; il primo vaccino fu messo a punto nel 1890. Il vaccino contro il batterio del tifo (salmonella) risale invece al 1896. L’infezione, che causa principalmente problemi intestinali e oggi si cura con antibiotici, è nella maggior parte dei casi legata alla mancanza di igiene).
Un altro aggiunge: “..anche a me hanno fatto questa puntura e “pintura” al CAR; la tintura disinfettante stava dentro un barattolo di pomodoro e con una pennellessa da imbianchino ti struffavano sul petto dopo aver fatto il vaccino con un ago da 10 cm!! Quello era il nostro antivirus ma poi si diceva che dentro la minestra mettessero un “qualche cosa per placarci i bollori”…
E sullo “scottante” argomento, uno conferma: “Si chiamava “bromuro” e, avendo fatto il caporale in NCC (nucleo controllo cucine), so che lo mettevano nel latte la mattina e nel sugo della pasta.”
Ma un altro però, perentorio: “Ho fatto l’ufficiale medico e sono sicuro di poterlo escludere..” Continua a leggere

Un evento immancabile “la cena dei Congedanti”, ma…

Qualche tempo fa il mitico Castellucci scrisse nel ns Gruppo FB: “Navigando su internet ho trovato questo racconto di alcuni militari del Battaglione Trasmissioni Folgore che si stavano per congedare nel Dicembre del 1967….
Treviso. Sabato 9 dicembre 1967. Alla Trattoria 2 Mori si ritrovano una trentina di militari del Battaglione Trasmissioni Folgore per festeggiare il congedo con una lauta cena: antipasti vari, risotto con il radicchio, costata ai ferri con patate fritte, trota al forno con fagiolini e carote al burro, formaggio, crostata di frutta e torta al cioccolato, il tutto accompagnato da un buon vino della casa e chiuso dal caffè, al prezzo concordato di 800 lire. Si è unito a loro anche un maresciallo dello stesso reparto, che si sarebbe anche lui congedato dopo alcuni giorni.
Il maresciallo, di una trentina d’anni e da dieci nell’esercito, era originario di Pisticci una caratteristica località della Lucania a circa venticinque chilometri da Metaponto e dalle spiagge del materano. Al paese conosceva una famiglia che produceva a livello artigianale un liquore digestivo e, nel tempo libero, aveva da qualche anno iniziato a venderlo nei bar e nei negozi di Treviso e provincia, con un risultato cosi soddisfacente che alla fine aveva deciso di congedarsi e dedicarsi a tempo pieno alla vendita e distribuzione di quel liquore. Quella sera portò al ristorante alcune bottiglie di quel liquore per farcelo assaggiare e cosi per la prima volta scoprii ed assaggiai l’Amaro Lucano…, “


Così il racconto del reporter improvvisato, ma un altro pezzo di quella serata ce lo racconta un altro commilitone, Sergio Croci, marconista e C.M. del 3° ‘66, che a quell’evento partecipava essendo la cena di congedo del suo scaglione.
“Quella sera. Il consumo di alcolici non si era limitato agli amari ma anche vini e grappe avevano dato un contributo non indifferente alla caciara normale di quelle ricorrenze. Però, all’orario previsto, la maggior parte del gruppo levò le tende e si incamminò verso la caserma probabilmente raggiunti dalle maledizioni dei trevigiani abitanti delle vie di passaggio svegliati dal nostro fracasso. Solo alcuni si erano intrattenuti alla trattoria ciacolando ancora del più e del meno. Di certo, col nostro andare “allegrotto” ci mettemmo un po’ di tempo prima di arrivare all’ingresso della caserma, ma non sospettavamo la sorpresa che ci aspettava. Una pattuglia di Carabinieri fermava e interrogava tutti i militari che rientravano. Le risate e l’allegria scemarono in un attimo… ma che succedeva? Ebbene, alcuni tra i pochi che si erano dilungati in trattoria, al momento di pagare il loro conto e prima di andarsene avevano dato in escandescenze tali da indurre i proprietari a chiedere l’intervento dei militi della Benemerita della vicina caserma; questi, non rintracciando alcuno dei responsabili nelle vicinanze, dopo alcuni giri, si erano portati all’ingresso della DeDo alla loro ricerca.
I responsabili non furono individuati ma intanto, con gran nostro dispiacere, il danno d’immagine del nostro Battaglione era fatto. E qualche ramanzina avremmo anche potuto aspettarcela.
Ma di quell’avvenimento serbo ancora un “amarissimo” ricordo anche perché, per esso, il giorno seguente in fureria ci fu comunicato che non sarebbe stato assegnato il grado di Sergente a nessuno dei C.M. congedanti del nostro scaglione… ed io, che brutta botta morale, ero purtroppo tra i prescelti”.

Un ricordo davvero speciale…

Ci scrive il Generale Giulio Pallottini:
La permanenza nel Battaglione Trasmissioni “Folgore” (circa sei anni, 1967-1973) è stata una vera scuola di vita, sia professionale sia umana. Ricordo, in particolare, l’elevato spirito di Corpo che animava tutto il personale e la straordinaria volontà collaborativa ai vari livelli. Ringrazio di cuore tutti coloro che ancora si ricordano del ten. Pallottini. Un caloroso augurio di lunga vita agli ex folgorini della DeDo. Con affetto. Giulio Pallottlni

…e di lui ricorderemo anche che, uscito Sottotenente nel 1964 dall’ACCADEMIA MILITARE DI MODENA – 19° Corso “STILE” – 6° Compagnia – 1° Plotone, su proposta della Presidenza del Consiglio dei Ministri:
Ten.Col. Pallottini Giulio – Comandante 13° Btg Trs “Mauria” 1986-1989
Cavaliere Ordine al Merito della Repubblica Italiana
Data del conferimento: 02/06/1991
Col. Pallottini Giulio – Comandante 2º Rgt Trs Alpino 1992-1993
Ufficiale Ordine al Merito della Repubblica Italiana
Data del conferimento: 27/12/1994


“Hanno diritto agli allori del trionfo coloro che, conoscendo meglio di tutti i benefici della pace, non si sono sottratti alle sofferenze della guerra” (Pericle).

Quegli antichi, primi “Trasmettitori” della Storia

Nel ripensare alla lunga Storia delle Trasmissioni, bisogna ricordare che fin dai primordi è sempre esistito anche un modo molto semplice di comunicare a distanza… quello cioè di affidare i messaggi ad altri che li portassero a destinazione! E anche in questo caso si utilizzano i termini mittente, vettore, codice, ricevente, ecc.
Gli antichi Greci ne fecero addirittura un mito e tutti ricorderanno certamente dell’emerodromo (ovvero “colui che corre per un giorno intero”) Fidippide della Battaglia di Maratona (490.C.) che, secondo Luciano di Samosata, avrebbe corso ininterrottamente da Maratona ad Atene per annunciare la vittoria e, giuntovi, sarebbe morto per lo sforzo. E, anticamente, in molti casi il messaggero, nel timore di una intercettazione, doveva pure imparare a memoria lunghi messaggi! Ma ben più antico (2000 a.C.) e non costituito di un solo messaggero, è anche documentato un “servizio postale” messo a punto e utilizzato già dai Faraoni dell’antico Egitto.
La nascita di quello “moderno” è fatto risalire all’opera dei Tasso (derivati dai quali l’agenzia Tass, i taxì, ecc.) nella Repubblica Veneta del ‘500, mentre sono di tempi recenti i leggendari “pony express” del Far West… ma, nell’arco della storia, tutti, re, imperatori, papi, nobili avevano sempre avuto a disposizione corrieri e messi e gli eserciti avevano dei soldati specializzati per questo compito.
Ma tra tutti questi “trasmettitori” non dimenticheremo certo la lunga storia del piccione viaggiatore, quella varietà del piccione domestico derivato dal piccione selvatico orientale, selezionato geneticamente per la sua abilità di ritrovare la strada di casa percorrendo distanze anche molto lunghe, sfruttando il loro senso di orientamento e il fenomeno della magnetoricezione.
La loro velocità media in volo, su distanze di 600 km, è di circa 80 chilometri all’ora e compiono voli sino ai 1.820 Km registrati in competizione colombofile.
Il suo primo impiego risale a ben oltre 3.000 anni fa quando già veniva adoperato da Egiziani e Persiani e poi considerato il principale mezzo di comunicazione ad alta priorità per le civiltà greco-romane. Nella Grecia antica, i vincitori dell’Olimpiade erano soliti appendere alla zampa di un piccione il “messaggio della vittoria”. Attraversando i cieli del mondo e le epoche storiche, passando dalla Roma di Giulio Cesare al Medioevo quando, durante le Crociate, erano usati dai Saraceni per scambiarsi messaggi sugli eserciti cristiani, per arrivare quasi ai giorni nostri, i piccioni viaggiatori sono stati utilizzati anche nel Novecento. Anche dopo l’invenzione del telegrafo, del telefono e dei sistemi radio, durante la Grande Guerra la maggior parte degli eserciti ne fece un grande uso. I sistemi radio potevano guastarsi, essere manomessi o intercettati e perciò l’esercito italiano creò delle colombaie mobili, attrezzate a volte per ospitare fino a oltre 100 colombi. E tale scelta fu talmente vantaggiosa in guerra che questi vennero riadoperati anche nel secondo conflitto mondiale: fu una colomba chiamata “Paddy” che il 6 giugno 1944, riuscendo a beffarsi dei falchi tedeschi (usati come contromisura) e attraversando oltre 230 miglia in meno di cinque ore, portò per prima le notizie dello sbarco in Normandia. Quel pennuto, alla sua morte nel 1954, fu ricordato e premiato in una speciale cerimonia e più tardi con un cartone animato.
E per finire con i nostri vecchi “trasmettitori”, una notizia dello scorso novembre sul loro valore attuale: “Il piccione viaggiatore più caro al mondo: comprato all’asta da un ignoto e facoltoso acquirente cinese per 1,6 milioni di Euro!”. Allevata in Belgio, New Kim, ha due anni ed è ormai una pensionata di lusso avendo vinto, nella sua breve ma intensa carriera, molte gare e ora servirà per la riproduzione. In Cina le gare di colombi viaggiatori sono da qualche anno sempre più in voga e producono volumi d’affare altissimi e premi multimilionari ai vincitori.