I Comandanti della Folgore: il Generale Orofino

Il Generale Adolfo Orofino fu il Comandante la Divisione Folgore dalla fine del 1970 al 1971.
Frequentò la Scuola di Applicazione Armi di Artiglieria e Genio di Parma (ott.1936 – sett. 1937) e fu poi assegnato al 21° Reggimento “Cremona” che allo scoppio della seconda G.M. era schierato sulla frontiera francese. Venne però poco dopo inviato in Etiopia e assegnato al LVII° Battaglione Coloniale col quale partecipò a tutta la Campagna d’Africa (AOI) terminata con la sconfitta nell’aprile del 1941 (del Battaglione originario di circa 1100 uomini ne erano rimasti meno di 100) e con la cattura a Ghinda da parte degli Inglesi. La prigionia in India dura fino all’agosto 1946. Reintegrato nel nuovo Esercito Italiano, fu il Colonnello Comandante del 183° Reggimento Nembo dal 1/8/1961 al 1/9/1962. Nominato poi Generale di Divisione e Comandante la Divisione Folgore nel 1970 – 1971 e poi Generale di Corpo d’Armata nel 1975. Fu Comandante della Scuola di Applicazione dal 1994 al 1997. Dalla trascrizione di un suo manoscritto, redatto qualche anno prima della sua morte, fu tratto ad opera dei figli un libro di memorie: “Ricordi d’Africa. La prigionia in India”. L’opera riporta i fatti relativi all’esperienza bellica in Africa Orientale e l’esperienza di detenzione, durata ben 5 anni nei campi di prigionia degli inglesi in India ed è una testimonianza commovente, ricca di considerazioni personali, da parte di un ufficiale che ha dedicato tutta la sua vita al servizio della patria.
Il 27/12/1975 fu insignito dell’Onorificenza di Grand’Ufficiale dell’Ordine Militare della Repubblica Italiana.

NEMBO e FOLGORE… due nomi indissolubili nella Storia!

24 Maggio 1943 – Le Bandiere della gloriosa “Folgore” passano alla “Nembo”… e “NEMBO” sarà il filo conduttore che porterà il nome della FOLGORE dal 1941 al 1986 e oltre…
La 184ª Divisione Paracadutisti Nembo venne ufficialmente formata il 1º novembre 1942 partendo dal 185º Reggimento Fanteria Paracadutisti Folgore, che, staccato dalla Divisione, era rimasto in Italia e rinominato 183° Reggimento Fanteria Paracadutisti Nembo, costituì il primo nucleo della nuova Divisione. Questa ereditò il 24 Maggio 1943 le bandiere della 185º Divisione Paracadutisti Folgore, ritenuta sciolta ufficialmente il 23 Nov.1942 (dopo la seconda battaglia di El Alamein) ma finita realmente quando in Tunisia, a Takrouna, i superstiti di quella battaglia, ridotti a un solo battaglione di 400 uomini, poi ridotto a compagnia, gli ultimi 50 rimasti (quasi tutti feriti) si arresero il 21 aprile 1943.
Dopo il tremendo 8 Settembre 1943, come l’Italia, anche la Nembo si divide; la parte che aderirà al Regno del Sud costituirà l’ossatura del Gruppo di Combattimento “Folgore“ dal 25 settembre 1944 al 15 ottobre 1945. Dal Gruppo di Combattimento Folgore nasce, il 15 ottobre 1945, la Divisione Fanteria leggera “Folgore” comprendente i Reggimenti “Nembo”. Negli anni a seguire, fino allo scioglimento del 31 ottobre 1986, la Divisione Folgore cambierà formazione più volte ma comprenderà sempre dei reparti “Nembo”.
Intanto, il 10 giugno 1967, viene dato il nome di “Brigata paracadutisti “Folgore” alla I Brigata paracadutisti, costituitasi il 1º gennaio 1963 a Viterbo.
Nel 1991 il 183º Battaglione fanteria “Nembo” viene sciolto e la bandiera di guerra passa al ricostituito 183º Battaglione paracadutisti “Nembo” che, trasferito da Gradisca d’Isonzo a Pistoia, venne organicamente inquadrato nella “Brigata paracadutisti “Folgore”.
Si può ben dire che la NEMBO, nata da una costola della FOLGORE, partecipò poi alla sua rinascita e a tutta la sua importante vita!!
Sul canale YouTube del Battaglione Trasmissioni puoi trovare l’originale servizio dell’Istituto Luce del 1 Giugno 1943 della cerimonia di consegna delle Bandiere della Folgore alla nuova Divisione Nembo.

…ci sono trasmissioni e trasmissioni

L’Arma delle trasmissioni è una delle più giovani dell’Esercito Italiano: la sua nascita ufficiale fu sancita il 30 Dicembre 1997 ma le “trasmissioni” traggono origine dalla “Specialità telegrafisti del Genio” creata nel 1883 e dalla successiva “Specialità Collegamenti” dal 16 maggio 1953 poi ridenominata “Specialità Autonoma Trasmissioni” con propri fregi e mostrine. Oggi le “comunicazioni” sono uno dei fondamenti di un esercito moderno. E in questo blog vari articoli ne hanno parlato ricordando anche i nostri “Spatia Devinco disiunta coniungo”.
Ma come ben sappiamo tutti le “trasmissioni” hanno seguito anche una linea di sviluppo civile autonoma che prevedeva, a differenza di quella militare, che una trasmissione (fosse di dati o notizie) venisse ricevuta dal maggior numero di ricevitori posibile! In molti casi in essa viene usata la stessa terminologia ma le finalità,come ben sappiamo, sono completamente diverse, essendo legate, a differenza delle prime, alla “diffusione“.
Anche queste trasmisioni hanno alle spalle una lunga storia di cui è sicuramente interessante vedere alcune immagini…
…come i primi, per noi, rudimentali ricevitori e sistemi di registrazione dell’audio…

… come i primi potenti trasmettitori e le sale di gestione della bf…

… e anch’essa pagando tributi alla guerra (nella prima foto il Centro di Milano non ancora inaugurato e già bombardato nel 1943) ma poi risorgendo (anch’essa grazie al piano Marshall)

Abbiamo parlato di quella che in Italia fu dapprima l’URI (Unione Radioemittenti Italiane) e successivamente l’EIAR (Ente Italiano Audizioni Radifoniche). E uno studioso, raccogliendo in un libercolo le testimonianze di alcuni di coloro che vi lavorarono (in questo caso nella sede romana) ha voluto ricostruire una giornata come la si viveva in quell’ambiente.

Chi volesse leggere questa ricostruzione può scaricarla cliccando sui questi link UN GIORNO ALL’EIAR I°UN GIORNO ALL’EIAR II° (diviso in due parti solo per motivi di “peso”)

L’ultimo leone della Folgore!

Il 6 Aprile 2023 si è spento a Galatina l’ultimo leone della Folgore, Antonio Ancora: il caporale del 185° Rgt Artiglieria Paracadutisti della Divisione Folgore; il 9 Aprile avrebbe compiuto 102 anni.   Anche l’ultimo Folgorino delle origini ci ha lasciato… ma resta il ricordo di quelle gesta e di quegli uomini, che furono sicuramente tra i migliori soldati mai espressi dalle forze armate italiane.
Non c’era solo la Folgore a El Alamein ma l’eccezionalità di alcuni reparti e la cassa di risonanza delle loro gesta hanno, di fatto messo un poco in ombra quelli che combatterono accanto a loro. Non dimenticheremo certo gli altri nostri soldati che si sacrificarono nella sabbia insanguinata del deserto egiziano: L’Ariete e la Trento, la Trieste, la Brescia, la Pavia, la Bologna, la Littorio, ecc.. e ben sappiamo che nessuno dei reparti citati fu messo in grado di combattere almeno quasi ad armi pari contro l’Ottava Armata britannica: mancavano mezzi, benzina, cannoni controcarro, aeroplani e perfino l’acqua. Il Mediterraneo, altro che “Mare Nostrum”… ci era stato progressivamente precluso dagli inglesi e con esso le nostre linee di vitale rifornimento verso l’Africa.

In breve, come si svolsero i fatti che coinvolsero infine anche la Folgore:
Alla fine di marzo del 1941, completato l’arrivo dell’Afrikakorps e riorganizzate le divisioni italiane, Rommel, nuovo capo del corpo d’armata, iniziò le operazioni in Cirenaica riconquistando una ad una tutte le città e le postazioni perse nell’anno precedente dagli italiani, Dopo un’avanzata travolgente, esauritasi la spinta offensiva, le forze italo-tedesche si erano arrestate, nel giugno del 1942, di fronte all’ultima, ma ben predisposta linea difensiva britannica, che correndo dalla vasta depressione di El Qattara al mare, costringeva la direttrice di marcia verso Alessandria in una strettoia di una sessantina di chilometri… l’ideale per arroccarsi dietro una distesa di campi minati. Rommel, a corto di energie ma seguendo la sua idea di battaglia dinamica, il 1°luglio attaccò in netta inferiorità materiale ma prima della fine del mese era già chiaro il fallimento del tentativo.
A fine luglio viene sbarcata a Derna, in Libia, anche la Folgore, composta da quasi 5000 uomini, che aveva però ricevuto un addestramento di mesi per la conquista, con aviolancio, di Malta (e magari si fosse perseguito quell’obbiettivo, anziché abbandonarlo!); questa lascia tutto il materiale di lancio e, ovviamente sprovvista di adeguati mezzi di trasporto, viene subito spedita come semplice fanteria a 750 km a presidiare il lato sud di El Qattara.

Rommel, benché avesse ricevuto inadeguati rinforzi, ci riprovò tra la fine di agosto e l’inizio di settembre, con quella che sarebbe stata chiamata la battaglia di Alam Halfa (o seconda di El Alamein); anche questo secondo tentativo fallì e fu subito chiaro che, a quel punto, alle esauste truppe italo-tedesche non rimaneva che attendere la sicura controffensiva nemica.
La campagna in Africa Settentrionale  era stata un continuo andirivieni, lungo la via Balbia, tra l’Egitto e la Tripolitania, a seconda del successo di uno o dell’altro contendente, fino alla grande battaglia dell’ottobre 1942: e questa volta non ci fu andirivieni, perché lo slancio inglese si fermò solo in Tunisia, mentre gli americani cominciavano ad affluire in Marocco.
Italiani e Tedeschi, che, aggiungendo altri campi minati a quelli inglesi avevano trasformato il deserto egiziano in una trappola che ancora oggi miete vittime (oltre mezzo milione di mine), attesero che l’Impero scaricasse su di loro il proprio enorme potenziale messo a disposizione del nuovo comandante dell’Ottava Armata, Generale Montgomery.
L’operazione “Lightfoot” iniziò alle 21,40 del 23 ottobre 1942, quando un migliaio di pezzi d’artiglieria di ogni calibro iniziò a tempestare le linee difensive dell’Asse… trincee, ridotte e tane di volpe, scavate nella sabbia. Questo martellamento servì a indebolire decisamente le capacità di resistenza dei difensori e il colpo risolutivo venne con la successiva operazione “Supercharge” in cui le inesauribili riserve di Montgomery lanciarono un attacco in massa.
Nelle prime ore del 2 novembre, 800 carri britannici (300 erano Sherman americani) mossero contro le nostre linee: dopo 24 ore dall’inizio dell’attacco il nostro comando ne poteva schierare in tutto 35. La battaglia era persa e Rommel la sera del 4 novembre ordinò la ritirata revocando il folle ordine di Hitler di resistere che aveva, di fatto, condannato interi reparti alla distruzione.


Tra tutti i difensori di El Alamein, che caparbiamente resistettero fino alla fine contro forze enormemente superiori, si distinse, senza dubbio, la Divisione Folgore.
A El Alamein, la Folgore ebbe il suo gloriosissimo battesimo del fuoco e, al contempo, fu distrutta, consumata in un’insensata resistenza, a colpi di contrassalti e di bombe molotov, contro i carri inglesi da trenta tonnellate. Fu incenerito così uno dei migliori reparti che si fossero visti nei due conflitti mondiali: eredi degli Arditi di Sdricca di Manzano, eccezionalmente addestrati e motivati. Aldilà della gloria e dell’esempio di amor patrio, quell’impegno si rivelò un terribile spreco della migliore gioventù italiana. Ne rimangono, a perenne memoria, il sacrario di Quota 33, voluto dal grande Caccia Dominioni, Colonnello del Genio Guastatori, e il severo deserto egiziano, che restituisce ancora oggi cimeli della battaglia e resti di caduti.
Ma, più ancora, rimane il nostro dovere di ricordare questo sacrificio eroico, soprattutto oggi, che ne è scomparso anche l’ultimo testimone diretto.
Cieli blu, Caporale Ancora!

1942 – l’ULTIMO COLPO della FOLGORE!

L’ARTIGLIERE PARACADUTISTA BRUNO DE CAMILLIS – LEONE DI EL ALAMEIN
Bruno De Camillis nasce in Eritrea nel 1919 dove il padre era governatore ad Asmara,rientrato ancora fanciullo in Italia si arruola nella nascente Divisione Folgore con il grado di tenente paracadutista, controcarrista, inquadrato nel 186° Rgt che fu operativo sulla linea di El Alamein.
PERCHE’ FU CHIAMATO “ULTIMO COLPO” Il soprannome se lo guadagnò durante l’operazione di ripiegamento dalla linea di El Alamein. Caduto il comandante della sua compagnia ne assunse il comando e con caparbia ostinazione, quella che fu di tutta l’eroica Divisione, trascinò con i suoi sottoposti, il pezzo anticarro e 3 granate. La mattina del 6 novembre, rimasto ormai solo essendo gli altri caduti e circondato dalle truppe nemiche, sparò questi ultimi colpi centrando un Breen-Carrier… e questi furono gli ultimi colpi della gloriosa Folgore.
Per questa azione, nella quale dimostrò una grande volontà combattiva e un elevato spirito di sacrificio, si guadagnò la seconda medaglia d’argento al valore militare.
ERA UN INGEGNERE DI ALTO PROFILO
Abitava a Savona ma era un personaggio piuttosto schivo e poco propenso a rivangare il passato (perfino i paracadutisti savonesi non sapevano di avere un concittadino di simile statura) ma nella vita civile era ingegnere e anche nella sua professione si è fatto onore. Infatti, dopo gli anni di prigionia, aveva progettato il porto nelle acque profonde di Mogadiscio e il porto atlantico di Mohammedia in Marocco. Per quest’ultimo lavoro venne insignito dell’onorificenza “Officier de l’Ordre Wissan Alaoulite” del Marocco, rilasciata personalmente da Re Hassan, attestante “l’impeccabile realizzazione” e ricevette nel 1986 il “Premio Grande Fiera di Milano” poiché la progettazione del Porto di Mohammedia rappresenta un “esemplare di realizzazione all’estero di una grande opera italiana“.
“CAPIVA” CHI SAREBBE MORTO L’INDOMANI
Marzio Breda sul Corriere della Sera riporta un’intervista fattagli il 1°marzo 2002 chiedendogli: “…che faccia ha un soldato che va a sfidare la bella morte? E’ vero che ha una strana luce dentro per cui si intuisce ciò che gli capiterà?” La risposta fu: “ Quelli che non ce l’avrebbero fatta li vedevi la sera prima… gli diventava il naso sottile e le orecchie di carta velina, trasparenti, diventavano agitati, febbrili…ma, per quanto incredibile, senza paura… e io avrò sempre impresso il volto dei miei compagni della sera prima che cadessero…”.
A Savona, Il 13 giugno del 2011 “Ultimo Colpo” Bruno De Camillis ci ha lasciati… e nell’adunata eterna della Folgore, li ha ritrovati.

Preso dal Gruppo Congedati Folgore: articolo e video di Fabio Camignani

Alessandro Tandura e la nascita di un mito

Se ne parlò in un altro articolo a proposito della nascita del paracadutismo in Italia, ma la vicenda, raccontata in prima persona dal primo paracadutista (e sabotatore) è veramente “umana” e stupefacente…impressionante immaginarsi in quei panni!!
Più di 100 anni fa avveniva il lancio del primo soldato paracadutato dietro le linee nemiche per una missione di raccolta informazioni e sabotaggio.
Quella notte tra l’8 e il 9 agosto 1918, infuriava un temporale, che fece smarrire la rotta all’equipaggio; Alessandro Tandura, seduto su di uno scomodo sedile ribaltabile, collocato di spalle all’equipaggio, con una fune legata sulla schiena a collegarlo al paracadute, situato in uno scomparto sotto la fusoliera, non può fare altro che attendere il momento nel quale il pilota tirerà una leva, aprendo una botola dalla quale egli cadrà nel vuoto: e solo allora potrà scoprire se il paracadute funzionerà… Giunti in prossimità di quella che credono essere la zona di lancio – in realtà hanno deviato di parecchio e stanno sorvolando le colline a San Martino di Colle Umberto – il Maggiore Barker raggiunge la quota prestabilita di 1500 metri e tira la leva, facendo precipitare Tandura nel buio. Le emozioni debbono essere infinite, come egli stesso più tardi racconterà:
Le orecchie sono straziate da un sibilo che mi devasta il cervello. L’incubo dei sogni orribili! Ma subito ho l’impressione di essere sollevato, di tornare in su. Alzo gli occhi e vedo il paracadute aperto. La pioggia mi sferza il viso. Oso guardare in basso e vedo strade e campi che riddano in un ‘altalena infernale. Mi smarrisco, perdo i sensi … È un attimo: ad un tratto, colpito fortemente al petto, mi trovo a terra, con le gambe all’aria. Lanciato nel vuoto da circa 1500 metri di altezza ero caduto in un vigneto, mentre infuriava il temporale”.

..il treno dei ricordi ferma spesso in stazioni… radio

I nostri marconisti “veterani” dovrebbero ricordarsela bene… era l’apparato usato per eccellenza: il trasmettitore BC 191 del complesso stazione radio SCR 193 onde corte… e quando la radio funzionava anche da stufetta…
Normalmente il trasmettitore BC 191 lo si trovava alloggiato in un cassone di legno, con delle particolari “gambe”, e con l’alimentatore tipo survoltore BD 77, ed il ricevitore BC 312, nella versione campale. Ricorderanno i nostri eroici marconisti anche che l’alimentazione era fornita da due accumulatori, collegati in serie, da 6V/200Ah e collegati in tampone con un groppo elettrogeno che era il PE 75.
Il complesso stazione radio SCR 193 veniva poi solitamente montata su un mezzo, l’OM CL 51 autoradio “..il porcellino”, ma era anche, per esempio, montata presso la Sala Radio del Centro Trasmissioni del Comando di Divisione a Villa Margherita ed assicurava i collegamenti con tutti i vari Reggimenti della Divisione e il Corpo d’Armata.
Veniva usato in “CW” e il segnale trasmesso sentito in autocontrollo aveva un suono inconfondibile… quando si accordava l’antenna si sentiva l’alimentatore andare sotto sforzo mentre, quando non era accordata l’antenna, i grossi tubi VT 4C con placca in grafite.. diventavano rossi e incandescenti tipo stufetta a infrarosso e una luce blu di fasci elettronici trattenuti illuminava ..la scena…
La frequenza, utilizzando le diverse unità di sintonia intercambiabili, andava da 1,5 a 6,2 Mhz modulati in ampiezza e la potenza in uscita, in CW, poteva raggiungere la ragguardevole soglia di 75 W per portare i segnali, da fermo, a più di 90 km. In dotazione, qualcuno ricorderà, c’era anche una antenna fittizia e anche che, per il controllo della frequenza, si usava un frequenzimetro a battimento tipo BC 221.
E tante sul campo erano le esercitazioni; ma una volta, e il ricordo è indelebile, questi apparati furono usati dal Battaglione anche per una grave emergenza… l’alluvione del 4 novembre 1966 durante la quale le necessarie comunicazioni tra i Reparti spediti in soccorso usarono anche queste stazioni… ma questa è un’altra storia…

da “”C’ero anch’io” di Luciano Marchi… (segue)

4 Novembre… quello che non si dimentica

Il 4 Novembre è la Giornata delle Forze Armate e per questo, in quel giorno del 1966, il nostro Battaglione era in festa e vari equipaggi di marconisti e pontisti con relativi apparati si trovavano alla caserma Cadorin per la manifestazione “caserme aperte” e mostrare alla popolazione le nostre capacità.
Ma quella è anche la data dell’inizio dell’alluvione in Veneto; una data che diede l’avvio a un periodo difficile da dimenticare e duro anche per i militari della nostra DeDo. Da qualche giorno, è vero, eravamo interessati da scrosci di pioggia consistenti ma al chiuso delle mura non ci si poteva certo rendere conto della situazione che nella regione si veniva a creare.
Io, Sergente di primo pelo, quel giorno ero di servizio come Sott.le d’Ispezione; Uff. di Giornata era il M.llo Di Grazia e il Comandante del Btg. era il Ten.Col. Mario Celentano.
Le prime avvisaglie… In mattinata ricevo l’ordine di portare uno dei G.E. da 10 Kw, montato su biga PE95, a Villa Margherita sistemandolo presso la cabina elettrica e pronto ad essere agevolmente collegato in caso di interruzione della rete del Comando di Divisione; verso le 14.00 il Comandante emette l’ordine di sospendere la libera uscita e di preparare una camerata per ospitare un Reparto del Btg Genio Folgore, che sarebbe presto arrivato e destinato a prestar soccorso nel territorio. Intanto il telefono con il Comando di Divisione era diventato bollente per le continue richieste di informazioni su materiali disponibili in caserma, dalle tende alle coperte ai mezzi, ecc… Nel pomeriggio vengo nuovamente spedito al Comando Divisione per montare un telecomando tra Sala Radio e Ufficio del Generale Oreste Viligiardi.
A quel punto eravamo già tutti fradici e ben allarmati (ma dei Genieri nessuna notizia) e in apprensione perché giungevano notizie della rotta del Tagliamento, del Piave, di allagamenti e strade interrotte…
Verso le 19.00, e si sa che a Novembre il buio scende presto, arriva in caserma, dopo mille peripezie, la colonna di camion del Genio con gommoni, pompe, ecc… I commilitoni mangiano un boccone di corsa e ripartono per la zona tra il Piave e il Livenza… La caserma resta in allarme tutta la notte con un susseguirsi di ordini e contrordini, mentre la pioggia non accenna a diminuire, e a notte fonda, come ricordato dal Ten. Spagnolo della 2ª Comp. nel suo racconto, anche i nostri camion ben caricati con apparati (ecco il ns. SCR 193 ma anche ponti radio, km e km di cavi, tende, cucine da campo, ecc.) partono per la zona di Latisana.
Per me vi era una preoccupazione in più per il fatto che il mio Comune di residenza, Predazzo (Tn) in Val di Fiemme, risultava nell’elenco delle zone alluvionate. Mi sorprese, nel frangente, l’arrivo di un dispaccio secondo il quale veniva concessa una licenza straordinaria a tutti, Ufficiali, Sott.li e Truppa, che fossero residenti in quelle zone elencate, cosicché, al mattino del giorno successivo partii per una licenza di 10gg. Mi ritrovai con i commilitoni quando, dopo circa un mese, furono tutti rientrati, stravolti dalla fatica.

da “”C’ero anch’io” di Luciano Marchi… (segue)

…e c’ero anch’io!!

La mia carriera nell’Esercito è iniziata a 17 anni, nel Novembre 1964, quando, terminati gli studi presso il Professionale ENAIP per Elettromeccanici di Predazzo e, fatta la relativa domanda, partii per l’arruolamento volontario come Allievo Sott’Ufficiale.
Superati gli esami di ammissione, mi ritrovai inquadrato nel Battaglione Allievi Sott.li Specializzati della Scuola ASS, nella caserma Rebeggiani di Chieti Scalo, per frequentare il Corso Addestramento Reclute.
Al termine di questo corso, della durata di 4 mesi, si ricevevano i gradi di caporale e si veniva trasferiti alle diverse Scuole di Specializzazione sparse in Italia. Venne accolta allora la mia preferenza espressa e quindi indirizzato alla Scuola Trasmissioni di Roma Cecchignola, Caserma Perotti, per il Corso Radiomontatori, che avrebbe portato all’incarico nell’E.I. denominato n. 56. Al termine di questo percorso, durato nove mesi, avendo conseguito il Brevetto di Specializzazione qualificandomi primo del corso, ebbi l’opportunità di scegliere la destinazione di impiego.
Fra le varie possibilità prospettate vi era, a Treviso, il “Battaglione Trasmissioni Folgore”… non ebbi dubbi nella scelta sia per l’emozione che il solo nome suscitava sia per il motivo di vanto che il solo indossarne le mostrine rivestiva nell’immaginario di noi tutti giovani; ma vi era anche un motivo più “pratico” essendo che, logisticamente, la caserma si sarebbe trovata a pochi chilometri dall’abitazione della mia famiglia, alla quale restavo comunque molto affezionato.
Una famiglia di brava gente, semplice, originaria di Cimadolmo (Tv), sulla riva sinistra del Piave, impegnata da generazioni nell’organizzazione della lavorazione del vimini che, raccolto nell’alveo del fiume, veniva lavorato, intrecciato e commercializzato anche all’estero dando lavoro a molte persone del paese… fino all’arrivo della plastica.
Per motivi di lavoro, si erano poi fatti dei trasferimenti (tra i quali 4 anni a Genova) ma dal 1956 (io avevo allora 11 anni essendo nato il 24 agosto 1947) si era stabilita a Predazzo. E lì già risiedeva quando, nell’ottobre 1965, arrivai come Caporal Maggiore ASS alla nostra De Dominicis.
Il Comandante del Battaglione, Ten. Col. Mario Celentano, mi assegnò alla 1° Compagnia, comandata dal Cap. Giancarlo Parentelli, il quale, praticamente subito, mi affidò alle “amorevoli cure” del M.llo Magg. Vignaduzzo e del Serg. Magg. Palmieri, allora responsabili del Laboratorio Radio.
Ma già pochi mesi dopo, per il completamento della formazione di Sott.le, un altro trasferimento e, questa volta. alla Scuola ASS di Rieti per un corso di circa 4 mesi, con esami finali, per tornare alla DeDo in attesa dei gradi di Sergente (arrivati nel maggio 1966 mentre si era al campo a Travesio, sul monte Ciaurlec. Poco dopo, altro corso.. questa volta corso divisionale per comandanti di squadra difesa NBC alla caserma Cadorin, sede del 33° Rgt. Artiglieria Folgore.
Nel settembre 1966, altro trasferimento, ritorno a Roma, Scuola Trasmissioni, e altro corso di aggiornamento, questa volta, sulle stazioni radio AN/GRC 5-8 e ponte radio AN/TCC23. Ritorno breve alla DeDo perché nel 1967 vengo aggregato alla Sez. Trasm. dell’Officina Media del Reparto RRR (Rifornimenti, Riparazioni, Recuperi) Folgore nella Caserma Salsa di Treviso.
Nel 1968, compiuti 21 anni, il mio passaggio in S.P.E.
Nel 1969 un altro corso di perfezionamento, di 3 mesi, per Radiomontatori presso la Scuola Telecomunicazioni Interforze di Chiavari.
Nel 1973 il mio trasferimento in servizio effettivo al Reparto RRR Folgore e con gran dispiacere chiudo (ma solo amministrativamente) il mio rapporto stretto con il “nostro” Battaglione Trasmissioni Folgore, che mi rimarrà però sempre indelebile nel cuore.

22 Ottobre… giorno da ricordare!

Il 22 Ottobre tutti Folgorini del Battaglione rivolgono un pensiero ed un caldo augurio a uno dei personaggi più stimati, benvoluti e ricordati della De Dominicis. In questo giorno è nato colui che oggi si trova ad essere il più anziano tra di noi e che ha vissuto gran parte delle trasformazioni della Divisione nel secolo scorso. Era entrato nell’allora Battaglione Collegamenti Folgore, di stanza a Conegliano è poi passato nel ’51 alla De Do, e ci è rimasto fino alla pensione. Il Maresciallo Luigi Forti, di Treviso, classe 1928 riceverà sempre da noi in questo giorno un caldo abbraccio e milioni di auguri!!