22 Ottobre… giorno da ricordare!

Il 22 Ottobre tutti Folgorini del Battaglione rivolgono un pensiero ed un caldo augurio a uno dei personaggi più stimati, benvoluti e ricordati della De Dominicis. In questo giorno è nato colui che oggi si trova ad essere il più anziano tra di noi e che ha vissuto gran parte delle trasformazioni della Divisione nel secolo scorso. Era entrato nell’allora Battaglione Collegamenti Folgore, di stanza a Conegliano è poi passato nel ’51 alla De Do, e ci è rimasto fino alla pensione. Il Maresciallo Luigi Forti, di Treviso, classe 1928 riceverà sempre da noi in questo giorno un caldo abbraccio e milioni di auguri!!

Nei ricordi dei Folgorini del ’70

Comandante del Battaglione Trasmissioni Folgore dal Giugno 1969 all’Agosto 1971, il Ten.Col. Vito Caringella ebbe modo di farsi apprezzare da tutti i militari della DeDo (e non solo) per le sue capacità organizzative e, soprattutto per noi, per le sue doti umane e comunicative. Doti che lo portarono in seguito al grado di Generale di Corpo d’Armata e al riconoscimento di Commendatore al Merito della R.I. ma senza perdere quella sua serenità e semplicità che ebbe ancora l’opportunità di esternarsi quando, mischiato tra noi semplici ex-trasmetitori al Raduno nella nostra DeDo. Una grande persona che resterà nei nostri migliori ricordi.

le Trasmissioni nella Prima Guerra Mondiale

La Prima Guerra Mondiale fu il primo vero conflitto dopo l’invenzione del telefono e della radio; questi mezzi di comunicazione se da una parte consentono una velocità di trasmissione dei messaggi praticamente istantanea, dall’altra sono irrimediabilmente esposti all’intercettazione da parte del nemico, e questo vale soprattutto per le comunicazioni radio.
Catturare il corriere che recava un messaggio importante era impresa difficile e occasionale, intercettare una trasmissione radio, una volta installata una stazione di intercettazione è un gioco da ragazzi, nonostante i vari tentativi di crittografare i messaggi.
I primi a rendersi conto di questa nuova possibilità furono i Francesi che allo scoppio della guerra disponevano già di un ben organizzato ed efficiente ufficio spionaggio presso il quartier generale dell’esercito. E sin dall’ottobre 1914 i crittanalisti francesi guidati dal Col. Cartier e dal Cap. Olivari furono in grado di decrittare i messaggi radio tedeschi. Ma il migliore crittanalista francese fu poi un professore di paleontologia Georges Painvin che nel 1918 riuscì a decrittare molti messaggi cifrati con la cifra ADFGVX tra i quali il famoso radiogramma della vittoria.
Altrettanto ben preparati gli Austriaci: già nell’agosto 1914 i crittanalisti asburgici riuscirono a decrittare i radiomessaggi russi che per la verità erano solo in parte cifrati; anche quando i russi cominciarono a cifrare i loro messaggi radio il cap. Pokorny riuscì nel giro di pochi giorni a decrittarli nuovamente.
Negli altri paesi veri e propri uffici cifra furono organizzati solo dopo l’entrata in guerra.
Assolutamente impreparati furono soprattutto i Russi che all’inizio della guerra non si preoccupavano neanche di cifrare i loro messaggi radio, come avvenne durante la battaglia di Tannenberg nell’agosto 1914 quando persino gli ordini operativi venivano trasmessi in chiaro; un formidabile regalo ai Tedeschi che intercettarono totalmente i mesaggi.
I Tedeschi riuscirono a decrittare i messaggi russi anche dopo che questi ultimi iniziarono a cifrare le loro comunicazioni radio; qualche successo lo ottennero anche nei confronti dei Francesi; il principale crittanalista tedesco fu il prof. Deubner.
Capo dell’ufficio crittologico della Marina Britannica fu Sir Alfred Ewing che organizzò la cosiddetta Room 40 (dal numero della sua stanza negli uffici dell’ammiragliato) dove si decrittavano migliaia di radiomessaggi della marina tedesca. Il più noto di questi messaggi fu il “telegramma Zimmermann” con il quale i Tedeschi offrivano un’alleanza ai Messicani in chiave anti-USA. Letto al Congresso degli Stati Uniti questo messaggio fu uno dei fattori che spinsero gli Stati Uniti a entrare in guerra nel 1917.
Negli Stati Uniti non esistendo un Ufficio Cifra federale fu promosso a tale rango il reparto crittologico dei laboratori Riverbanks di Chicago una fondazione privata di ricerca nella quale lavorava anche William Friedmann destinato a divenire il massimo crittologo e crittanalista USA.
Del tutto impreparati in campo crittologico furono gli Italiani che dovettero in un primo tempo appoggiarsi all’ufficio cifra francese; solo in un secondo tempo fu costituito un ufficio cifra autonomo sotto la guida di Luigi Sacco.
In definitiva fu proprio la Grande Guerra a far scoprire a molti stati europei l’importanza della crittografia, il cui ruolo diventerà assolutamente fondamentale nella II guerra mondiale.

Articolo tratto da varie pagine facebook sulla I°G.M.

LA FESTA DELL’ARMA DELLE TRASMISSIONI

20 giugnoL’Arma delle Trasmissioni celebra la ricorrenza del 104° anniversario della seconda battaglia del Piave, più nota come la battaglia del Solstizio (13-24 Giugno 1918), che fece da preludio alla vittoria finale dell’Italia nel Primo conflitto mondiale. In quel lontano giugno, i trasmettitori si batterono con coraggio, eroismo e senso dell’onore fianco a fianco degli altri Corpi dell’Esercito Italiano, dimostrando senza esitazione e anche nel momento estremo, tutta la loro umanità e la loro grandezza in nome di quei valori nei quali la Forza Armata si identifica, oggi come ieri. Allora i “trasmettitori” rappresentavano la specialità “Collegamenti” dell’Arma del Genio, e ricoprivano principalmente incarichi da telefonisti, marconisti e radiotelegrafisti e si calcola che in quel periodo bellico essi stesero 100.000 chilometri di linee telefoniche e installarono 1100 stazioni telegrafiche, telefoniche, ottiche e radiotelegrafiche. Nel 1953 il cambio di denominazione da “Genio Collegamenti” in “Trasmissioni” e la nascita ufficiale dell’Arma avvenne con Decreto del Presidente della Repubblica, il 1° gennaio 1998.
Nei decenni seguenti, in uno scenario caratterizzato da una continua e rapidissima evoluzione tecnologica, il personale delle Trasmissioni ha preso parte a tutte le operazioni condotte dall’Esercito, sia in Patria sia fuori dal territorio nazionale. Tale determinante impegno è stato premiato con la concessione della Medaglia d’Argento al Valore dell’Esercito, di cui ora si fregia la Bandiera di Guerra dell’Arma delle Trasmissioni.
Oggi i Reggimenti e i Reparti delle Trasmissioni continuano a garantire il successo delle missioni affidate all’Esercito Italiano: dal supporto CIS, allo sviluppo di nuove tecnologie in ambito Cyber Space…

La famosa “puntura nel petto”…

Scagli la prima pietra chi di noi non ha recentemente parlato di vaccinazioni… e allora perché non sbirciare sui social cosa si dice della famosa nostra “puntura nel petto” che, quasi, tutti noi abbiamo “coraggiosamente”, volenti o nolenti, affrontato …e lì si trovano discussioni e, come sempre, con pareri e conclusioni completamente divergenti.

Un commilitone scrive: “Mi chiedo ancora oggi cosa c’era nell’iniezione che ci veniva fatta da militari di leva e che teneva lontani per anni malanni e malattie… era forse l’ingrediente segreto della pozione magica di Asterix? Non l’ho mai saputo ma probabilmente era una specie di mix di nitroglicerina e peperoncino, con l’aggiunta di un pizzico di zolfo e acido solforico…”
Un altro risponde: “Era un cocktail di vaccini e altro per preservare i militari da malattie contagiose e conseguenze di incidenti durante il periodo di leva ma non impediva che alcuni “marcassero visita” ogni giorno. Era molto temuto dai giovani, alcuni dei quali cadevano come pere cotte, al momento dell’inoculazione; altri sviluppavano temperature anche molto alte (41°C) per qualche giorno.
Un parà aggiunge: “Da noi, nell’85 a Pisa, dopo 2–3 ore ne aveva stroncati un sacco! A me fece effetto il giorno dopo e rimasi scassato per 2 giorni a letto con febbre fissa a 40,5!! Devo dire però che per 5 anni non ebbi neanche un raffreddore…”
Un altro, categorico: “..è una leggenda metropolitana… i batteri del tetano e tifo non hanno niente a che vedere con i virus del raffreddore. Il fatto è che i militari di leva avevano vent’anni!!”
Tra di noi vi era anche un laureato in farmacologia che finalmente spiega: “Studiato, prodotto e infine distribuito dall’Istituto Chimico-Farmaceutico Militare di Firenze si chiamava TABTe (minuscola finale). Il composto, di color marrone scuro, conteneva un vaccino tetravalente per proteggere da Tifo, Paratifo A e B, e Tetano. Niente di più e niente di meno. In caserma ero operativo nell’infermeria e in undici mesi abbiamo somministrato circa 8000 fiale di TABTe alle reclute. Il ciclo prevedeva la prima somministrazione nel primo mese di CAR, la seconda entro 30 giorni e la terza (ma tanti non la fecero) entro un anno dalla prima”.
(N.B.: Il tetano non è contagioso e l’infezione da parte del batterio avviene per contaminazione di tagli o ferite; il primo vaccino fu messo a punto nel 1890. Il vaccino contro il batterio del tifo (salmonella) risale invece al 1896. L’infezione, che causa principalmente problemi intestinali e oggi si cura con antibiotici, è nella maggior parte dei casi legata alla mancanza di igiene).
Un altro aggiunge: “..anche a me hanno fatto questa puntura e “pintura” al CAR; la tintura disinfettante stava dentro un barattolo di pomodoro e con una pennellessa da imbianchino ti struffavano sul petto dopo aver fatto il vaccino con un ago da 10 cm!! Quello era il nostro antivirus ma poi si diceva che dentro la minestra mettessero un “qualche cosa per placarci i bollori”…
E sullo “scottante” argomento, uno conferma: “Si chiamava “bromuro” e, avendo fatto il caporale in NCC (nucleo controllo cucine), so che lo mettevano nel latte la mattina e nel sugo della pasta.”
Ma un altro però, perentorio: “Ho fatto l’ufficiale medico e sono sicuro di poterlo escludere..” Continua a leggere

Anche un parà può scrivere al Presidente…

Un sergente maggiore della Folgore scrive a Mattarella:”..l’obbedienza militare leale e consapevole è una virtù, quella cieca e assoluta può considerarsi un difetto”.
E’ questo un particolarissimo, anzi unico periodo storico della nostra Nazione in cui i comportamenti, gli spostamenti e il lavoro dei cittadini vengono condizionati da un “lasciapassare”. Mentre prosegue la tempesta quotidiana sui dati relativi all’epidemia (che sembra miracolosamente non riguardare i nostri militari) e taciute invece le possibilità di cura, mentre si continua ad applicare un protocollo ormai riconosciuto come errato e dannoso, mentre viene reso praticamente obbligatorio un tipo di “vaccino” sperimentale, un sergente della Folgore (che probabilmente del malumore si fa portavoce) prende la penna e scrive al Presidente.
Vanno lette con attenzione le parole che il sergente maggiore Ciro Scognamiglio, del 187° Reggimento Paracadutisti Folgore, rivolge a Mattarella. Sospeso dalla retribuzione per gli effetti del decreto legge 26 novembre 2021 n.172, il sottufficiale ricorda che “anche ai militari viene riconosciuto il diritto della libertà di manifestare il proprio pensiero… e che togliere lo stipendio a chi non ha altre risorse è come uccidere, ma per fortuna non si è ancora arrivati a sopprimere la coscienza intellettuale e lo stato di diritto, principi fondamentali della Costituzione italiana”.
E qui di seguito un breve riassunto della lunghissima lettera che può essere vista integralmente a questo link.
“Occorre avere l’onestà intellettuale, ancor prima del coraggio, di dirlo apertamente e senza timori: il lasciapassare verde o passaporto vaccinale che dir si voglia è una infame pratica ritorsiva. Si tratta a tutti gli effetti di una discriminazione che merita disprezzo e la massima opposizione da parte di tutti i cittadini che non sono disposti a piegarsi allo squallore del nuovo potere tecno-sanitario”.
“Anche i cittadini in armi hanno gradualmente preso coscienza del fatto che il certificato verde costituisce un palese strumento di discriminazione che collide con i principi fondamentali anche dell’ordinamento giuridico militare e sono considerati intangibili dalla Costituzione repubblicana per la quale il diritto di movimento e di assemblea, non sono in alcun modo vincolabili a presunti passaporti verdi, gialli o fucsia”. Per essa non esiste virus al mondo che possa disporre delle libertà e dei diritti e una scienza che ce lo chiedesse non sarebbe scienza, ma squallida ideologia proprio come l’infame dottrina della razza nel 1938 o l’aberrante dottrina eugenetica”. Continua a leggere

Le Trasmissioni nella Iª Guerra Mondiale

nella foto alcuni Soldati Telegrafisti del Genio Italiano con Fucili Carcano mod 91TS.
La prima guerra mondiale fornì un notevole impulso allo sviluppo di nuove tecnologie, tra cui quelle legate al settore delle trasmissioni, che vennero impiegate dalle varie potenze sia per facilitare la comunicazione al fronte, tra i diversi reparti, sia per le azioni di spionaggio.
All’interno del Regio Esercito Italiano fu il Genio che si occupò dei servizi di trasmissione e osservazione attraverso i telefonisti, i radiotelegrafisti, i telegrafisti, fototelegrafisiti, gli aerostieri, i piccioni viaggiatori e i foto elettricisti.
Con l’avvento della telefonia alla fine dell’ottocento era già stato fatto un passo avanti e il conflitto rappresentò l’occasione ideale per affermare l’uso del telefono da campo, il cui primo modello, in Italia, era stato realizzato dal capitano del Genio militare Gaetano Anzalone nel 1908. Tale telefono era contenuto in una cassetta di legno e il collegamento avveniva attraverso cavi aerei, collocati su pali o sistemati su alberi. Il compito del telefonista, era quello di accompagnare il comandante durante le ricognizioni, di trasmettere tempestivamente gli ordini ai comandi, alle prime linee e alle retrovie e la sua postazione privilegiata erano solitamente gli osservatori.
Nel corso della guerra l’impiego della radio, non si limitò soltanto al campo di battaglia ma ebbe un rilevante incremento anche nell’aviazione. All’inizio delle ostilità in Italia nessun aeroplano era fornito di radio, così nel 1915 si decise di eseguire presso il campo di Mirafiori a Torino un primo esperimento che diede ottimi risultati: si trattava di un piccolo trasmettitore a scintilla di tipo sperimentale costruito dalle Officine Marconi.
Proprio il fisico Guglielmo Marconi fu il principale artefice di questi esperimenti; prima in qualità di ufficiale del Genio e poi della Marina, egli contribuì a migliorare le prestazioni delle comunicazioni a distanza radio militari. Senza dubbio il servizio più innovativo offerto dalla radio nel campo dell’aviazione fu quello di consentire la comunicazione con le stazioni di terra. Tra i velivoli quelli maggiormente impiegati dai diversi eserciti furono i palloni-aerostatici da osservazione (il “Pallone-Drago” italiano, la “Saucisse” dei francesi, il “Drakken” inglese).
Il loro obiettivo era quello di osservare dall’alto il campo nemico e rilevare la posizione dell’artiglieria. Inizialmente gli osservatori a bordo del velivolo, tramite segnalazioni manuali o con bandiere, riuscivano a segnalare in tempo reale al Comando quello che stava avvenendo ben oltre le posizioni occupate; nell’ultimo periodo della guerra, invece, il servizio venne perfezionato e svolto in modo molto più efficace: l’osservatore seguiva ininterrottamente a bordo dell’aerostatico l’effetto della propria artiglieria e ne radiotelegrafava al proprio Comando i risultati. Egli poi marcava su una carta a quadretti numerati l’effetto degli esplosivi e ne trasmetteva le coordinate al Comando, accompagnate da altri numeri che indicavano il risultato ottenuto. Continua a leggere

Centenario del Milite Ignoto

ONORI AL MILITE IGNOTO! ONORI A TUTTI I CADUTI!
Lo scorso 1° Giugno c’è stata l’apertura delle celebrazioni per il Centenario del Milite Ignoto che si concluderanno il 4 Novembre prossimo. E’ conosciuta a tutti la storia che portò alla tumulazione a Roma delle spoglie di uno dei tanti militi caduti sui fronti della I° G.M. di cui non fu possibile risalire all’identità. Sicuramente tra di loro vi furono anche degli addetti ai collegamenti di trasmissione che, sconosciuti o conosciuti, caddero sul campo di battaglia. Tutte le città e, in particolare, tutte le caserme hanno nel tempo edificato monumenti per rendere onore alla memoria di quei nostri concittadini. Anche nella nostra DeDo, vogliamo ricordare, è presente questa scultura commemorativa, dietro la quale compare un cannone da campagna, e con una lapide che riporta però solo i nomi degli appartenenti all’11º Raggruppamento Artiglieria di Corpo d’Armata che nel 1940 era acquartierato alla DeDo e che prese parte, inquadrato nel Corpo d’Armata Alpino alle operazioni sul fronte russo dove, per il comportamento dei suoi artiglieri, ricevette una medaglia d’argento al V.M.
Completa il monumento un basso altare con un’antenna stilizzata, che compare anch’esso in tante foto ricordo del nostro servizio militare, sul quale si richiama la memoria ai Caduti delle Trasmissioni (un elenco completo dei quali non verrà forse mai compilato). Sul basamento di questa piccola ara compare l’insegna in rame dell’Arma delle Trasmissioni. Può essere questa l’occasione per ringraziare pubblicamente il folgorino Alessandro Caprini, 3° ’70 – 1ª Compagnia, bergamasco e a quei tempi addetto all’infermeria, che la realizzò e la donò al Battaglione. Come già facemmo per i militare del I° ’67, che donarono la statua dell’Arcangelo Gabriele, ci piace oltremodo ricordare questi esempi di disinteressato altruismo.

Un evento immancabile “la cena dei Congedanti”, ma…

Qualche tempo fa il mitico Castellucci scrisse nel ns Gruppo FB: “Navigando su internet ho trovato questo racconto di alcuni militari del Battaglione Trasmissioni Folgore che si stavano per congedare nel Dicembre del 1967….
Treviso. Sabato 9 dicembre 1967. Alla Trattoria 2 Mori si ritrovano una trentina di militari del Battaglione Trasmissioni Folgore per festeggiare il congedo con una lauta cena: antipasti vari, risotto con il radicchio, costata ai ferri con patate fritte, trota al forno con fagiolini e carote al burro, formaggio, crostata di frutta e torta al cioccolato, il tutto accompagnato da un buon vino della casa e chiuso dal caffè, al prezzo concordato di 800 lire. Si è unito a loro anche un maresciallo dello stesso reparto, che si sarebbe anche lui congedato dopo alcuni giorni.
Il maresciallo, di una trentina d’anni e da dieci nell’esercito, era originario di Pisticci una caratteristica località della Lucania a circa venticinque chilometri da Metaponto e dalle spiagge del materano. Al paese conosceva una famiglia che produceva a livello artigianale un liquore digestivo e, nel tempo libero, aveva da qualche anno iniziato a venderlo nei bar e nei negozi di Treviso e provincia, con un risultato cosi soddisfacente che alla fine aveva deciso di congedarsi e dedicarsi a tempo pieno alla vendita e distribuzione di quel liquore. Quella sera portò al ristorante alcune bottiglie di quel liquore per farcelo assaggiare e cosi per la prima volta scoprii ed assaggiai l’Amaro Lucano…, “


Così il racconto del reporter improvvisato, ma un altro pezzo di quella serata ce lo racconta un altro commilitone, Sergio Croci, marconista e C.M. del 3° ‘66, che a quell’evento partecipava essendo la cena di congedo del suo scaglione.
“Quella sera. Il consumo di alcolici non si era limitato agli amari ma anche vini e grappe avevano dato un contributo non indifferente alla caciara normale di quelle ricorrenze. Però, all’orario previsto, la maggior parte del gruppo levò le tende e si incamminò verso la caserma probabilmente raggiunti dalle maledizioni dei trevigiani abitanti delle vie di passaggio svegliati dal nostro fracasso. Solo alcuni si erano intrattenuti alla trattoria ciacolando ancora del più e del meno. Di certo, col nostro andare “allegrotto” ci mettemmo un po’ di tempo prima di arrivare all’ingresso della caserma, ma non sospettavamo la sorpresa che ci aspettava. Una pattuglia di Carabinieri fermava e interrogava tutti i militari che rientravano. Le risate e l’allegria scemarono in un attimo… ma che succedeva? Ebbene, alcuni tra i pochi che si erano dilungati in trattoria, al momento di pagare il loro conto e prima di andarsene avevano dato in escandescenze tali da indurre i proprietari a chiedere l’intervento dei militi della Benemerita della vicina caserma; questi, non rintracciando alcuno dei responsabili nelle vicinanze, dopo alcuni giri, si erano portati all’ingresso della DeDo alla loro ricerca.
I responsabili non furono individuati ma intanto, con gran nostro dispiacere, il danno d’immagine del nostro Battaglione era fatto. E qualche ramanzina avremmo anche potuto aspettarcela.
Ma di quell’avvenimento serbo ancora un “amarissimo” ricordo anche perché, per esso, il giorno seguente in fureria ci fu comunicato che non sarebbe stato assegnato il grado di Sergente a nessuno dei C.M. congedanti del nostro scaglione… ed io, che brutta botta morale, ero purtroppo tra i prescelti”.

C’era una volta la NAJA…. 2

In un precedente articoletto si è cercato di riportare alla memoria alcune parole ed espressioni tipiche della vecchia “naja” e capaci di suscitarci ricordi di gioventù; eccone di seguito alcune altre:
– Zanzara, Missile: il novizio, la recluta solitamente in fase addestrativa al CAR… quelli che nelle prime marce si producono piaghette ai piedi..
– Spina, Scheggia, Burbetta: Dal terzo al settimo mese, il militare assume lo status di “scheggia” o “burba” e per definizione “imbranato”. Se poi capita un imbranato vero, allora, specialmente i primi giorni, si scatenano su di lui gli scherzi più incredibili: “Tu non hai capito niente della vita militare”!; “Sta cominciando a piovere, vai a farti dare l’ombrello tattico di battaglione!”;”Resta, resta pure sull’attenti!”. E questo è il minimo.
– Capospina: Dal settimo al nono mese, il militare assume lo status di Capospina, solitamente “istruttore” delle schegge e svolge le mansioni di nonno, sotto la sua supervisione ed autorizzazione.
– Anziano: Il militare di truppa con una certa anzianità di servizio
– Nonno: militare di truppa con almeno nove mesi di servizio. In base al principio non scritto che “anzianità fa grado”, i “congedandi” scansano i servizi a scapito delle “burbe”, per alcuni mesi “vittime sacrificali”.
– Muto: In ambito militare significa “taci!/stai zitto!” detto classicamente a una noiosa “zanzara”.
– Cane morto: parolaccia insultante per indicare colui che non rispetta i sacri “nonni”.
– Stecca: è un gadget che si tramanda di scaglione in scaglione; viene ereditato dal “nonno” congedatosi e il militare, a sua volta congedante, lo lascerà in eredità al più giovane con il compito di cederlo all’atto del congedo, al “nonno” che gli succederà.
Come non parlare degli “scherzi da caserma“, ma intesi ovviamente come espressione di goliardia giovanile legata all’ambiente militare, da non confondere col teppismo del fenomeno “nonnismo”. Scherzi semplici e divertenti si fanno in qualunque contesto dove si raggruppano dei giovani… si facevano (e si fanno) anche a scuola o al campeggio o in comitiva (e anche al lavoro). Molto dipendeva dall’affiatamento creatosi con i compagni di caserma. I giovani “socievoli” partecipavano agli scherzi e li subivano, quelli un po’ “orsi” rimanevano imbronciati nella loro tana.
In qualche modo gli scherzi da caserma erano parte dello spirito militare, servivano anche a “passare il tempo” e se lo scherzo era fatto bene ci rideva di gusto anche il malcapitato!! Si diceva che lo scherzo è come il raffreddore e prima o poi lo si piglia tutti, nessuno è immune. Si parla ovviamente di scherzi, non di soprusi, e solitamente a farli erano gli anziani verso i nuovi arrivi e anche questo era “gavetta militare” a cui ci si doveva abituare o “imparare” a passarci sopra. Si vive in gruppo, si fa tutto in gruppo, e anche se si pensa di essere migliori o anche solo diversi bisogna essere disposti a cedere qualcosina e a passare sopra a un po’ di cose. Continua a leggere