Quell’ultimo messaggio dell’Ariete…

L’ultimo messaggio dell’Ariete: Ariete accerchiata. Carri Ariete combattono”.
Immagini, filmati e ricostruzioni ci hanno permesso di conoscere l’eroico comportamento della “Folgore” a El Alamein. Qui si vuole rivolgere un riconoscente pensiero a quelli dell’”Ariete”; in particolare al XIII° Battaglione Carri della 132ª Divisione Corazzata “Ariete”, che dal 4 settembre al 22 ottobre 1942 era rimasto come riserva corazzata nel settore difensivo della Folgore e dal 23 ottobre al 5 novembre 1942, nella battaglia di El Alamein, si immolò eroicamente a fianco di quei paracadutisti.
All’alba del 4 novembre 1942 il XIII° Battaglione non esisteva più e al Comandante della sua 10ª Compagnia, Ten. Luigi Pascucci, venne assegnata la M.O. al valor militare alla memoria.
Il resoconto dettagliato tratto da: “El Alamein” del mitico Paolo Caccia Dominioni:


“L’Ariete, durante i primi nove giorni dell’offensiva, ha avuto impiego saltuario, senza impegnarsi a fondo ed è, nell’assieme, intatta, con 111 carri M13 del 132° Carri e 12 semoventi del 132° Artiglieria.
Dalle sue posizioni arretrate nel settore meridionale si è portata a nord il mattino del 3 novembre. Qui l’Ariete si schiera a difesa. Carristi e artiglieri corazzati sanno che contro gli Sherman non sono efficaci altro che i pochi pezzi da 75, 90 e 100 disponibili: per il resto potranno sparare gli innocui 47/32, a titolo puramente sentimentale, e farsi onorevolmente trasformare, in breve volger di ore, nelle troppo note “bare ardenti d’acciaio”, carro dopo carro, semovente dopo semovente, autoblindo dopo autoblindo. Tuttavia il morale della divisione è alto; si vuole accontentare lo spirito del Maggiore Pardi, a distanza dalla sua morte, e del Colonnello Maretti, insostituibile, lontano per gravi ferite, del Maggiore Pinna e del Maggiore Prestisimone, siciliano, che cambiava carro “a mano a mano che glielo uccidevano sotto”, come fosse un cavallo, fino a tre lo stesso giorno, come gli accadde a Bir Hakeim.
Ma il 132° Carri ha ancora buoni comandanti (Baldini, Vaglia, Grata) e anche il 132° Artiglieria (il Colonnello Mameli, i Maggiori Pasqualini e Viglietti) e la truppa sarà degna di questi nomi, mentre già il deserto si annerisce di grossi scarafaggi a schiere, gli Sherman che avanzano a ferro di cavallo mentre la RAF tempesta dal cielo.
La battaglia divampa sino dal mattino, con violenza tremenda.
Battaglioni carristi IX, X e XIII, gruppi semoventi V e VI: nessuno cede, ogni pezzo spara finché il mezzo non s’incendia. Quelli che restano contrattaccano. Alle 15,30 dello stesso 3 novembre è trasmesso un messaggio destinato a Rommel:
Carri armati nemici fatta irruzione a sud. Con ciò Ariete accerchiata. Trovasi circa cinque chilometri nord-ovest Bir el Abd. Carri Ariete combattono”.
Qui cessano le comunicazioni ufficiali. Poi si è saputo che il sottotenente Pietro Bruno si era lanciato con il suo plotone carri contro il nemico, per proteggere il ripiegamento del X battaglione. Ferito alla spalla il giorno prima, non aveva voluto allontanarsi. Ha comandato l’azione ritto fuori della torretta: lo hanno visto così anche dopo che una scheggia lo aveva colpito alla fronte, inondandogli il viso di sangue. Poi è scomparso nel rogo del suo carro. Nella notte combattevano ancora solo gli 11 carri superstiti della compagnia del tenente Luigi Pascucci del XIII Battaglione; il Tenente è stato ucciso e l’ultimo carro si è incendiato prima dell’alba”.

El Alamein, il sacrificio della meglio gioventù

In tanti libri si può oggi ritrovare la storia dell’originaria Divisione Folgore e di quella epica battaglia che la vide protagonista e vittima sacrificale. Ma un libro scritto da un grande personaggio che non vi apparteneva ma che con essa condivise i momenti più tragici, sembra dare una visione più complessiva dell’evento e, con grande umanità, descriverne gli eventi : “Alamein 1933-1962” di Paolo Caccia Dominioni – Vincitore premio Bancarella 1963 con motivazione certamente condivisibile: “Il libro che, meglio di ogni altro, ha raccontato la battaglia simbolo della guerra sul fronte d’Africa”.
L’autore, era comandante del XXXI° Battaglione Guastatori del Genio Alpino quando fu aggregato alla Divisione Folgore durante la battaglia di El Alamein.
Il destino di Paolo Caccia Dominioni, soldato e ingegnere, umanista, esploratore e scrittore, è indissolubilmente legato al nome di quel luogo perso nelle sabbie del deserto africano. Il suo primo viaggio colà, come esploratore, nel 1933; poi vi ritorna con il Battaglione Guastatori per la epocale battaglia, e poi ancora dal 1948 al 1962 per la lunga ricerca, paziente e pericolosa (oltre un milione di mine, dei sei milioni e mezzo, non erano ancora state dissotterrate) dei corpi grazie alla quale più di cinquemila soldati italiani caduti troveranno l’ultima casa nel Sacrario da lui progettato e costruito.
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Paolo Caccia Dominioni, Nerviano 1896 – Roma 1992, il 24 maggio 1915, allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, ancora studente di ingegneria, si arruola nei “bersaglieri ciclisti” ma, dopo cinque mesi, entra nella Accademia Militare del Genio e partecipa poi, come tenente, ai combattimenti sull’Isonzo dove si guadagna il primo riconoscimento, Medaglia di Bronzo al V.M. Nel 1924, tornato civile e laureatosi in ingegneria, apre uno studio al Cairo, progettando importanti edifici in tutto il Medio Oriente. Richiamato in servizio, partecipa nel 1935 alle operazioni in Etiopia guadagnandosi un’altra decorazione.
Agli inizi del 1940, mentre stava dirigendo i lavori per la costruzione dell’Ambasciata d’Italia ad Ankara, venne richiamato in servizio per la quarta volta e assegnato al Servizio Informazioni Militare. Insoddisfatto di questa collocazione di retrovia, ottiene il trasferimento al Genio Guastatori Alpino destinato all’impiego in Russia; nel luglio 1942 gli viene invece affidato il comando del 31º Battaglione Guastatori in partenza per la campagna del Nord Africa.
Né la Folgore né i Guastatori cedettero terreno al nemico ma, quando giunse l’ordine di ritirata, si ritrovarono accerchiati. Riuscì a forzare il blocco con metà del suo battaglione e di altri reparti unitisi; raggiunge Marsa Matruh e contribuisce a bloccare temporaneamente l’Ottava Armata. Il suo battaglione fu l’unico reparto organico superstite del X° C.dA.; per questo, viene decorato con Medaglia d’Argento al V.M.
Rimpatriato, nel maggio 1943 promuove la ricostituzione del suo Battaglione, Genio Guastatori Alpini, ad Asiago e ne assunse il comando fino all’8 settembre 1943. Sfugge alla cattura tedesca e decide di darsi alla macchia entrando a far parte della brigata partigiana Garibaldi. Fu arrestato e subì duri trattamenti ma poi fortunosamente scarcerato per un cavillo il 15 febbraio 1945. Le sue capacità militari lo portarono alla carica di Capo di Stato Maggiore del C.V.L. e alla fine della guerra ricevette la Medaglia di Bronzo al V.M.
Dopo la fine della guerra riprese ben presto la sua attività nello studio di ingegneria del Cairo, e nel 1948 ottenne l’incarico dal governo italiano di risistemazione del cimitero di guerra… con un solo sergente come collaboratore!
La missione durò quattordici anni, spesi in gran parte nel deserto con molta abnegazione, alla ricerca ed esumazione delle salme dei caduti di ogni nazione sparse nel vasto campo di battaglia (con estesi campi minati ancora efficienti che, negli anni di ricerca, provocarono la morte di sette collaboratori indigeni), e culminò con la costruzione del sacrario italiano da lui progettato.
Paolo Caccia Dominioni, che parlava correntemente tedesco, francese, inglese, arabo, continuò la sua attività di progettista e scrittore anche in tarda età fino alla morte, sopraggiunta all’ospedale militare del Celio all’età di 96 anni nel 1992. Nel 2002, in occasione del 60º anniversario della battaglia di El Alamein, il Presidente della Repubblica ha concesso al tenente colonnello Paolo Caccia Dominioni di Sillavengo un ultimo riconoscimento, la Medaglia d’Oro al Merito dell’Esercito “alla memoria”.

Un cinegiornale propagandistico d’epoca dell’Istituto Luce mostra il 31º Guastatori in azione, con effetto assai realistico, e vi appare anche il Maggiore Caccia Dominioni dare istruzioni ai suoi uomini con in testa il suo amatissimo cappello alpino.