Le Trasmissioni nella Iª Guerra Mondiale

nella foto alcuni Soldati Telegrafisti del Genio Italiano con Fucili Carcano mod 91TS.
La prima guerra mondiale fornì un notevole impulso allo sviluppo di nuove tecnologie, tra cui quelle legate al settore delle trasmissioni, che vennero impiegate dalle varie potenze sia per facilitare la comunicazione al fronte, tra i diversi reparti, sia per le azioni di spionaggio.
All’interno del Regio Esercito Italiano fu il Genio che si occupò dei servizi di trasmissione e osservazione attraverso i telefonisti, i radiotelegrafisti, i telegrafisti, fototelegrafisiti, gli aerostieri, i piccioni viaggiatori e i foto elettricisti.
Con l’avvento della telefonia alla fine dell’ottocento era già stato fatto un passo avanti e il conflitto rappresentò l’occasione ideale per affermare l’uso del telefono da campo, il cui primo modello, in Italia, era stato realizzato dal capitano del Genio militare Gaetano Anzalone nel 1908. Tale telefono era contenuto in una cassetta di legno e il collegamento avveniva attraverso cavi aerei, collocati su pali o sistemati su alberi. Il compito del telefonista, era quello di accompagnare il comandante durante le ricognizioni, di trasmettere tempestivamente gli ordini ai comandi, alle prime linee e alle retrovie e la sua postazione privilegiata erano solitamente gli osservatori.
Nel corso della guerra l’impiego della radio, non si limitò soltanto al campo di battaglia ma ebbe un rilevante incremento anche nell’aviazione. All’inizio delle ostilità in Italia nessun aeroplano era fornito di radio, così nel 1915 si decise di eseguire presso il campo di Mirafiori a Torino un primo esperimento che diede ottimi risultati: si trattava di un piccolo trasmettitore a scintilla di tipo sperimentale costruito dalle Officine Marconi.
Proprio il fisico Guglielmo Marconi fu il principale artefice di questi esperimenti; prima in qualità di ufficiale del Genio e poi della Marina, egli contribuì a migliorare le prestazioni delle comunicazioni a distanza radio militari. Senza dubbio il servizio più innovativo offerto dalla radio nel campo dell’aviazione fu quello di consentire la comunicazione con le stazioni di terra. Tra i velivoli quelli maggiormente impiegati dai diversi eserciti furono i palloni-aerostatici da osservazione (il “Pallone-Drago” italiano, la “Saucisse” dei francesi, il “Drakken” inglese).
Il loro obiettivo era quello di osservare dall’alto il campo nemico e rilevare la posizione dell’artiglieria. Inizialmente gli osservatori a bordo del velivolo, tramite segnalazioni manuali o con bandiere, riuscivano a segnalare in tempo reale al Comando quello che stava avvenendo ben oltre le posizioni occupate; nell’ultimo periodo della guerra, invece, il servizio venne perfezionato e svolto in modo molto più efficace: l’osservatore seguiva ininterrottamente a bordo dell’aerostatico l’effetto della propria artiglieria e ne radiotelegrafava al proprio Comando i risultati. Egli poi marcava su una carta a quadretti numerati l’effetto degli esplosivi e ne trasmetteva le coordinate al Comando, accompagnate da altri numeri che indicavano il risultato ottenuto. Continua a leggere

Spatia devinco, disiuncta coniungo

Vinco le distanze e unisco ciò che è separato… il senso del motto che campeggia nello stemma della Scuola delle Trasmissioni è chiaro. Una bellissima frase che sintetizza la finalità delle trasmissioni, ma che contiene anche un significato più profondo… la comunicazione unisce.
Poi venne la parola “telecomunicazione”, dall’originaria francese télécommunication, composta dal prefisso greco tele (τηλε- “lontano da”) e del latino communicare (“rendere comune”, “condividere”) a descrivere l’attività di trasmissione a lunga distanza di “messaggi” tra un mittente e uno o più destinatari, attraverso un canale fisico di comunicazione.
Oggi il processo comunicativo è analizzato e sviscerato nei suoi elementi fondamentali: il sistema emittente (animale, uomo, macchina); il canale di comunicazione; il contesto di riferimento; il contenuto della comunicazione; il destinatario del messaggio; l’informazione; il codice formale; ecc. ecc, ma nacque da una sola esigenza : far sapere ad altri, distanti, ciò che si era appreso.
Non vi è un periodo storico legato alla sua nascita… e in questo neppure aiuta il Museo Storico della Comunicazione  aperto a Roma nel 1982 dopo un secolo di raccolta di materiale. La cosa però certa è che i maggiori impulsi al suo sviluppo, come per la maggior parte dei progressi umani, fu legata ad esigenze belliche o commerciali.
Gli organi umani preposti a ricevere e trasmettere a distanza sono certamente gli occhi e le orecchie e quindi facile pensare che i primi segnali utilizzati siano stati quelli “acustici” tramite corni, tamburi, ecc. e quelli “visibili”. Tra questi, i segnali di fumo furono i più utilizzati dagli indiani d’America, dagli aborigeni australiani, dagli Yamana e dagli antichi romani nel IV secolo a.C., per comunicare a distanza concetti elementari, come p.es. l’arrivo di un nemico. Di notte al loro posto si usavano segnali luminosi. Nell’antica Grecia, la presa di Troia (1200 a.C. ca) fu resa nota la notte stessa tramite una serie ininterrotta di segnalazioni luminose emesse da appositi “posti di guardia”.
Enea il Tattico, nel 366 a.C., nel corso dei conflitti interni al Peloponneso, inventò un sistema di telecomunicazioni di messaggi preimpostati tramite strumentazione in possesso sia del mittente che del destinatario e Polibio  poi (200 a.C.) inventò la sua “scacchiera” con la quale, mediante l’uso di più torce, riusciva a trasmettere messaggi cifrati… era in pratica una sorta di primordiale telegrafo.
Segnali di fumo e ottici vennero utilizzati anche in Cina dai guardiani della Grande Muraglia (200 a.C. ca), che passando il messaggio da torre a torre, raggiungevano in breve tempo distanze di 750 Km. Continua a leggere

Nel 1844 erano Telegrafisti, poi dal 1901 Marconisti, infine nel 2000 restano i Radioamatori…

La storia umana è ricca di esempi di “telegrafi” (ossia trasmissione a distanza di dati “codicizzati”) ma tutti ottici (ossia “visibili” dal ricevente); dopo la scoperta dell’elettricità (la pila di A.Volta è del 1799) le cose cominciano a cambiare. trasmettitore old 2Bisognerà attendere ancora qualche decennio per avere una maggior dimestichezza con il fenomeno, per l’utilizzo di conduttori in rame, di isolatori in ceramica, ecc. e per arrivare all’invenzione di S.Morse, che, riassumendo le esperienze di numerosi ricercatori in tutto il mondo, riuscì nel 1844 ad effettuare il primo collegamento telegrafico, su unico cavo e utilizzando il codice da lui studiato, tra Washington e Baltimora. Nel giro di pochi anni tutti i paesi si dotarono allora di impianti telegrafici, utilizzando anche posti relè, fino ad arrivare al primo collegamento intercontinentale nel 1866 tra Irlanda e Canada. Gli studi di M.Pupin ridurranno poi progressivamente le perdite di segnale nel percorso.
Nuovo impulso nel 1875 quando Baudot perfeziona l’hardware elettromeccanico per trasmettere il suo codice (binario a 5 cifre, precursore dell’attuale codice informatico ASCII) che verrà migliorato nel 1897 con il passaggio a nastro perforato.
Nel 1883 inizia la distribuzione di C.A. a 50 o 60 Hz dando luogo alla “guerra delle correnti” ma rendendo facilmente fruibile l’utilizzo di energia elettrica.
Da notare però che le prime radio potevano solo inviare segnali on/off e quindi adatte a trasmettere e ricevere solo il codice Morse perché nei primi sistemi era assente la sintonia, ossia la “canalizzazione“. Qualunque segnale veniva ricevuto da tutte le stazioni alla sua portata, con problemi di riservatezza, di interferenze e di volume dei messaggi ricevuti.
Nel 1888 H.R. Hertz inventa un “circuito oscillante” che genera onde elettromagnetiche e scopre la loro possibilità di essere “trasmesse”.
frequenze radioNikola Tesla realizza nel 1898 la prima trasmissione di segnali a distanza in etere (una barchetta a motore viene radiocomandata, con trasmissione multicanale, a oltre 100 km; ma l’invenzione, troppo in anticipo sui tempi, non viene compresa).
Dopo vari esperimenti iniziati nel 1895 e il suo brevetto della “radio” del 1897, Guglielmo Marconi nel 1901 effettua la prima trasmissione telegrafica senza fili attraverso l’Atlantico. L’innovazione salverà centinaia di persone in mare comprese quelle del 15 aprile 1912 per l’affondamento del Titanic.
Nel 1906 hanno successo i primi tentativi di trasmissione della voce umana quando R.Fessenden scopre la possibilità di “modulare” in ampiezza (AM) un’onda radio trasmessa, che verrà quindi definita “portante”, con un segnale audio. La trasduzione del segnale acustico in elettrico era già disponibile dopo l’invenzione del telefono (1871 Meucci – 1876 Bell).
Con un progressivo rapido perfezionamento degli apparati necessari (trasmettitori, ricevitori, antenne, cavi, ecc.) il 30 maggio 1924 Marconi realizza la prima trasmissione della voce umana fra Poldhu, in Inghilterra, e Sydney, in Australia; il 6 ottobre 1924 alle 21, Maria Luisa Boncompagni annuncia la messa in onda della prima trasmissione radiofonica in Italia per l’Unione Radiofonica Italiana.
Mentre la trasmissione di dati, che in quegli anni stimola la ricerca per aumentarne la velocità e ridurne i costi, porta allo sviluppo della telescrivente, simile alla macchina da scrivere (diffusasi già nel 1878), su cui l’operatore compone il testo da inviare. I caratteri digitati, automaticamente codificati con il codice Baudot vengono trasmessi e il segnale, ricevuto e riconvertito, viene direttamente stampato su un rotolo di carta. Negli anni trenta si sviluppa quindi la rete di telecomunicazione “Telex“, specifica per telescriventi e in grado di commutare automaticamente le comunicazioni; l’antesignana della moderna Rete Internet.
trasmettitore old -Etiopia 1936Per le trasmissioni audio via etere, nel 1935 Edwin H. Armstrong inventa la “modulazione di frequenza” (FM); in questo modo il segnale audio ricevuto risulta più immune da disturbi generati dall’apparato radio o da altri apparati elettrici o da elettricità atmosferica. E già si comincia a sperimentare la trasmissione di segnali televisivi e si studia l’utilizzo di onde radio per sistemi radar.
E la radiotelegrafia? Oggi è un’attività desueta; non è più utilizzata né per le comunicazioni ufficiali (dal 1º febbraio 1999 l’utilizzo in ambito marittimo non è più obbligatorio, in suo luogo c’è l’uso della tecnologia digitale GMDSS), né per radioamatori (dal 1988 l’esame non la comprende più), né dall’esercito (nel 1991 è stata chiusa la relativa scuola di specializzazione a S.Giorgio a Cremano).
Eppure, rimane in Italia come nel mondo una comunità poco nota di radioamatori che la usa tuttora come un social network, sfruttando comunque la sua capacità di raggiungere lunghe distanze utilizzando poca potenza.

La lunga, ma non troppo, storia dei “collegamenti”

elettricitàSenza andare troppo indietro ai primi studi sul magnetismo ed elettrostatica che ci porterebbero indietro di un altro paio di secoli, dedichiamo un momento per un “sorvolo” solo su alcuni dei tanti personaggi che hanno contribuito nella storia a portare l’umanità all’attuale grado di sviluppo e, nel nostro piccolo, a procurarci quei materiali che abbiamo anche noi usato per realizzare dei “collegamenti”. Eccone un elenco:

B. Franklin (1750 parafulmine), G.B. Beccaria (elettricità atmosferica) , C,A.Coulomb (quantità di cariche), L. Galvani (1791 elettricità animale), Alessandro Volta (1799 pila, tensione), H.C. Oersted (1821 forza magnetica), A.M. Ampere (intensità), J. Watt (potenza), J. Henry (induttanza), W.E. Weber e Gauss (1833, flusso, telegrafo ad ago), M. Faraday (capacità), G.S. Ohm (resistenza), L. Foucault (correnti parassite), Samuel Morse (1837 telegrafo e codice), C. Wheatstone (1840 reostato), Lord Kelvin (1845 galvanometro, ricevitore cablografico, cavi oceanici), J.C. Maxwell (1850 elettromagnetismo della luce), ConstellationGPSW.V. Siemens (1855 conducibilità), A. Pacinotti (1864 dinamo), A. Meucci (1871 telefono), Baudot (1874 stampa telegrafia, codice telegrafico), T.A. Edison (1879 lampada a scarica, 1877 fonografo), Z. Ferranti e G. Ferraris (1885 – teorico e pratico della c.a.), L. Gaulard (1886 trasformatore), A. Cruto (1880 lampada filamento), H.R. Hertz (1887 misura frequenza), N. Tesla (1893 alta frequenza), A.Righi (1895 oscillazioni elettriche), O.Lodge e Guglielmo Marconi (1895 radiocomunicazioni), V. Paulsen (1896 magnetofono), M. Planck (1896 teoria dei quanti), W. Roentgen (1897 raggi x), K.F. Braun (1898 tubo catodico), M.Pupin (1899 attenuazione cavi)), J.A. Fleming (1904 valvola diodo), R.Fessenden (modulazione ampiezza), L. De Forest (1907 triodo), G.Westinghouse (1911 distribuzione in c.a.), Ernst Alexanderson (1910 trasmettitore o.c.), J.L. Baird (1926 televisione), V.K. Zworykin (1931 tubo di ripresa), E.H. Armstrong (1935 radio FM), …. W.H. Brattain (1948 transistor),… K.S. Immink (1972 segnali digitali)…. e citiamo anche Massimiliano Bianchi (2009 raduno trasmettitori)!.

Rivisto così questo elenco, sembra veramente incredibile che in così breve tempo si sia potuto fare un “salto” tanto lungo! E i personaggi citati, scienziati che hanno dedicato anni e anni a studi, ricerche, sperimentazioni che comportarono sicuramente anche tanti sacrifici e amarezze prima di giungere a un risultato… che ad alcuni oggi potrebbe apparire scontato e banale ma che allora proprio non lo era! E insieme a questi personaggi citati, altre migliaia di persone hanno lavorato con impegno e passione anche senza raggiungere il successo e la notorietà. A tutti loro bisogna rivolgere n pensiero riconoscente! Certamente, se dovessimo scegliere, diremmo che due di loro ci sono particolarmente vicini: Samuel Morse e Guglielmo Marconi.

…e uno dei “massimi”… Guglielmo Marconi!

Guglielmo Giovanni Maria Marconi (Bologna, 25 aprile 1874 – Roma, 20 luglio 1937).
Guglielmo_MarconiA lui si deve lo sviluppo di un efficace sistema di telecomunicazione a distanza via onde radio, ossia la telegrafia senza fili o radiotelegrafo la cui evoluzione porterà allo sviluppo della radio e della televisione e in generale di tutti i moderni sistemi e metodi di radiocomunicazione.
Marconi comincia i primi esperimenti all’età di vent’anni, autodidatta, e, nell’estate del 1894 costruisce un segnalatore di temporali (una pila, un coesore (funzionante da diodo e un campanello elettrico che squilla in caso di fulmine). Poi scopre che agendo su un interruttore, posto su un bancone, squilla un campanello posto dall’altro lato della stanza; prosegue gli esperimenti all’aperto e scopre che aumentando la potenza delle emissioni (usando più batterie) la distanza tra i circuiti, trasmettitore e ricevitore, può aumentare e che usando un tasto telegrafico sul primo si può variare il segnale ricevuto sul secondo e quindi si può utilizzare il codice Morse. Nel dicembre del 1895, dopo vari tentativi, il sistema si dimostra valido anche per superare gli ostacoli naturali.
A maggio dello stesso anno, quindi prima di lui, altri sperimentatori avevano ottenuto simili risultati, come Nikola Tesla, che aveva trasmesso segnali a 50 km di distanza, e il russo Aleksandr Popov che aveva realizzato un ricevitore di onde radio. Come sempre succede, sono le idee singole di tanti che portano al successo di chi riesca a farne una valida sintesi.
Il 12 febbraio 1896, Marconi parte per il Regno Unito. A Londra, il 5 marzo, presenta la prima richiesta provvisoria di brevetto col titolo “Miglioramenti nella telegrafia e relativi apparati”; questo, 21 giorni prima della trasmissione radio realizzata dal russo Popov.
Il 2 luglio 1897 ottiene dall’Ufficio Brevetti di Londra il brevetto.
La rivendicazione dell’invenzione della radio di Marconi fu sempre contestata da Nikola Tesla. Questi aveva consegnato nel 1897 un sistema di trasmissione di energia elettrica (con brevetto del marzo 1900) che poteva essere anche usato per trasmissione di segnali radio e nel 1898 un radiocomando multicanale che permetteva, su breve distanza, di telecomandare battelli con un sistema di controllo formato da quattro circuiti riceventi.
Marconi inizia dimostrazioni pubbliche alla presenza di politici e industriali e apre una sua azienda che, nel 1898, impiega già 50 persone; effettua la prima trasmissione via etere sul mare da Ballycastle (Irlanda del Nord) all’isola di Rathlin, stabilisce un ponte radio tra la residenza della regina Vittoria e lo yacht del principe di Galles, futuro Edoardo VII. e, a maggio, i segnali attraversano il canale della Manica superando i 51 km. A dicembre, da un battello, fortunatamente attrezzato con radio, parte quella che sarà la prima richiesta di soccorso in mare.
Marconi si concentra poi verso l’Atlantico, convinto che le onde possano varcare l’oceano seguendo la curvatura della Terra, nonostante i pareri negativi dei matematici.
Nel novembre 1901 a Poldhu, in Cornovaglia, installa un grande trasmettitore a scintilla seguito da un’antenna di 130 metri con 60 fili tesi a ventaglio tra due piloni alti 49 m. e distanti 61. Il segnale (una semplice “S”) giunge oltre oceano a 3.000 km di distanza e per raggiungere St.John’s di Terranova ha dovuto rimbalzare due volte sulla ionosfera.
Nel 1903 Marconi installa un analogo trasmettitore nel Centro Radio di Coltano, presso Pisa, che viene utilizzato fino alla seconda guerra mondiale per comunicare con le colonie d’Africa e con le navi in navigazione. In seguito il trasmettitore verrà ampliato e potenziato tanto da diventare una delle più potenti stazioni radio d’Europa.
Nel 1904 effettua esperimenti per studiare l’influenza del sole sulla trasmissione delle onde radio, giungendo alla nuova scoperta della loro migliore propagazione durante la notte.
Completati gli esperimenti, nell’ottobre del 1907 inaugurò il primo servizio pubblico regolare di radiotelegrafia attraverso l’Oceano Atlantico dando anche la possibilità alle navi transatlantiche di lanciare l’SOS.
Il 23 gennaio del 1909, il primo soccorso navale che portò al salvataggio dei 1700 passeggeri del transatlantico statunitense “Republic”, che stava per affondare, speronato dal piroscafo italiano “Florida”. L’operatore radiotelegrafico Binns, che lavorava per la compagnia Marconi e continuò a lanciare per 14 ore l’SOS finché fu ricevuto dal piroscafo “Baltic”, fu festeggiato come un eroe.
Nello stesso anno, il 10 dicembre 1909, a Stoccolma Guglielmo Marconi ricevette il premio Nobel per la fisica, condiviso con il fisico tedesco Carl Ferdinand Braun. La motivazione della Reale Accademia delle Scienze di Svezia recitò: “… a riconoscimento del contributo dato allo sviluppo della telegrafia senza fili”.
guglielmo-marconiNell’autunno 1911 Marconi visitò le colonie italiane in Africa per sperimentare i collegamenti a lunga distanza; fu a Tripoli, da poco occupata dalle truppe italiane, dove effettuò con Luigi Sacco, comandante della locale stazione radio, alcuni esperimenti di collegamento radio con Coltano; furono determinanti per dare l’impulso all’allestimento del primo servizio di radiotelegrafia militare su larga scala.
Quando, nel 1912, il Titanic affondò dopo aver lanciato il segnale SOS, Marconi accorse al porto di New York per ricevere i 705 superstiti. Intervistato dalla stampa disse «Vale la pena di aver vissuto per aver dato a questa gente la possibilità di essere salvata». L’inventore conferì un premio al marconista del Titanic Harold Bride che era rimasto a lanciare messaggi di soccorso, anche quando l’acqua aveva raggiunto il ponte superiore.
Nel 1920 lo stabilimento di Marconi di Chelmsford fu sede della prima trasmissione audio pubblica del Regno Unito che dal 1922 divenne il primo servizio regolare di trasmissioni di intrattenimento. Lo stesso avvenne in Italia nel 1924.
Nel 1929 sovrintese alla costruzione della Radio Vaticana che fu inaugurata il 12 febbraio 1931 e dalla quale Pio XI pronunciò in latino il primo radiomessaggio in collegamento diretto con New York, Melbourne, Québec e altre città del mondo.
 
Su Guglielmo Marconi si possono vedere diversi filmati su Youtube; uno dei più brevi e interessanti è questo : Guglielmo Marconi

…una curiosità

marconi-electricalQuando si parla delle”Trasmissioni” riferendosi ai suoi albori,  è fuori di dubbio che la mente corra a quel signore di nome Guglielmo Marconi che con le sue idee ed esperimenti dette il via allo sviluppo di nuovo mondo.
Ma invece, per il fatto che in tutto il mondo quando si nomina la parola Folgore” tornano alla mente immagini di paracadutismo, a qualcuno potrebbe essere sorto un interrogativo del tipo “chi fu il primo uomo a lanciarsi nel vuoto con un paracadute?“. Nel caso, riportiamo un articoletto per sciogliere il dubbio:

paracaduteSecondo Leonardo da Vinci con una tenda di lino a forma di piramide, con un’apertura alla base di sette metri di larghezza, tenuta rigidamente aperta da quattro corde sugli angoli, ogni uomo può “gittarsi d’ogni grande altezza senza danno di sé”. Solo recentemente un architetto londinese, Adrian Nicholas, ha sperimentato il paracadute di Leonardo: si è lanciato da tremila metri di altezza nei cieli del Sudafrica superando brillantemente la prova dell’aria.
Il primo uomo a lanciarsi con un paracadute è stato però il francese Andrè-Jacques Garnerin che il 22 ottobre 1797 si buttò da una mongolfiera a 900 metri atterrando in un parco di Parigi. Quando Garnerin concepì il suo paracadute a ombrello, non aveva presente gli studi leonardeschi e sembra che lo abbia progettato durante gli anni della sua prigionia come metodo per scappare. Nel 1911 Gleb Kotelnikov, un militare russo, inventò un paracadute a zaino, che poteva essere aperto sia a mano che con fune vincolata. Nel 1912 in Francia Kotelnikov brevettò la sua invenzione.
Franz Reichelt, noto come il “sarto volante”, nonostante il parere di molti che sconsigliavano una simile impresa, il 4 febbraio 1912 si lanciò dalla Torre Eiffel con un vestito di sua invenzione che avrebbe dovuto rallentarne la caduta. Morì schiantandosi a terra. Il primo lancio da un aereo in volo avvenne nel 1912 quando, utilizzando tecniche ormai perfezionate, il capitano A. Berry si lanciò presso Saint Louis (USA).
Nel 1926 fu ideato il paracadute Salvator ad opera del tenente colonnello italiano Prospero Freri. Negli anni venti e trenta numerosi studi ed esperienze portarono poi a realizzare paracadute efficaci e sicuri.

Nella foto: il disegno dal Codice Atlantico di Leonardo conservato nella Biblioteca Ambrosiana di Milano