Spatia devinco, disiuncta coniungo

Vinco le distanze e unisco ciò che è separato… il senso del motto che campeggia nello stemma della Scuola delle Trasmissioni è chiaro. Una bellissima frase che sintetizza la finalità delle trasmissioni, ma che contiene anche un significato più profondo… la comunicazione unisce.
Poi venne la parola “telecomunicazione”, dall’originaria francese télécommunication, composta dal prefisso greco tele (τηλε- “lontano da”) e del latino communicare (“rendere comune”, “condividere”) a descrivere l’attività di trasmissione a lunga distanza di “messaggi” tra un mittente e uno o più destinatari, attraverso un canale fisico di comunicazione.
Oggi il processo comunicativo è analizzato e sviscerato nei suoi elementi fondamentali: il sistema emittente (animale, uomo, macchina); il canale di comunicazione; il contesto di riferimento; il contenuto della comunicazione; il destinatario del messaggio; l’informazione; il codice formale; ecc. ecc, ma nacque da una sola esigenza : far sapere ad altri, distanti, ciò che si era appreso.
Non vi è un periodo storico legato alla sua nascita… e in questo neppure aiuta il Museo Storico della Comunicazione  aperto a Roma nel 1982 dopo un secolo di raccolta di materiale. La cosa però certa è che i maggiori impulsi al suo sviluppo, come per la maggior parte dei progressi umani, fu legata ad esigenze belliche o commerciali.
Gli organi umani preposti a ricevere e trasmettere a distanza sono certamente gli occhi e le orecchie e quindi facile pensare che i primi segnali utilizzati siano stati quelli “acustici” tramite corni, tamburi, ecc. e quelli “visibili”. Tra questi, i segnali di fumo furono i più utilizzati dagli indiani d’America, dagli aborigeni australiani, dagli Yamana e dagli antichi romani nel IV secolo a.C., per comunicare a distanza concetti elementari, come p.es. l’arrivo di un nemico. Di notte al loro posto si usavano segnali luminosi. Nell’antica Grecia, la presa di Troia (1200 a.C. ca) fu resa nota la notte stessa tramite una serie ininterrotta di segnalazioni luminose emesse da appositi “posti di guardia”.
Enea il Tattico, nel 366 a.C., nel corso dei conflitti interni al Peloponneso, inventò un sistema di telecomunicazioni di messaggi preimpostati tramite strumentazione in possesso sia del mittente che del destinatario e Polibio  poi (200 a.C.) inventò la sua “scacchiera” con la quale, mediante l’uso di più torce, riusciva a trasmettere messaggi cifrati… era in pratica una sorta di primordiale telegrafo.
Segnali di fumo e ottici vennero utilizzati anche in Cina dai guardiani della Grande Muraglia (200 a.C. ca), che passando il messaggio da torre a torre, raggiungevano in breve tempo distanze di 750 Km. Continua a leggere

a proposito di vecchi apparati…

Ecco dei reperti veramente eccezionali segnalati dall’amico Sandro Grossetti, ACS della 1° Compagnia 1°/’70 e da anni appassionato radioamatore:   
Un telegrafo e un telefono da campo sono stati raccolti dalla nonna di un mio commilitone nei primi giorni successivi alla ritirata di Caporetto iniziata quel tremendo 24 ottobre 1917.
   
Questo è successo in una località nei pressi di Ragogna, Udine, dove si svolse appunto la “Battaglia di Ragogna” nella quale alcuni reparti furono impegnati nel tentativo di ritardare la rapida avanzata degli Austro-Tedeschi verso il fiume Tagliamento.
Contemporaneamente, pochi chilometri più a sud, a Pozzuolo del Friuli, il Reggimento “Lancieri di Novara” caricava a cavallo armato di lance e spade.
Per noi, della vecchia Folgore e della De Dominicis, il nome “Lancieri di Novara” è particolarmente significativo, ma a Pozzuolo si sacrificarono anche il Reggimento “Genova Cavalleria” e la Brigata “Bergamo”.

Di questi avvenimenti si può trovare documentazione nei seguenti link:
La Battaglia di Ragogna, La Battaglia di Pozzuolo del Friuli e nell’interessantissimo sito Itinerari della Grande Guerra.

Nel 1844 erano Telegrafisti, poi dal 1901 Marconisti, infine nel 2000 restano i Radioamatori…

La storia umana è ricca di esempi di “telegrafi” (ossia trasmissione a distanza di dati “codicizzati”) ma tutti ottici (ossia “visibili” dal ricevente); dopo la scoperta dell’elettricità (la pila di A.Volta è del 1799) le cose cominciano a cambiare. trasmettitore old 2Bisognerà attendere ancora qualche decennio per avere una maggior dimestichezza con il fenomeno, per l’utilizzo di conduttori in rame, di isolatori in ceramica, ecc. e per arrivare all’invenzione di S.Morse, che, riassumendo le esperienze di numerosi ricercatori in tutto il mondo, riuscì nel 1844 ad effettuare il primo collegamento telegrafico, su unico cavo e utilizzando il codice da lui studiato, tra Washington e Baltimora. Nel giro di pochi anni tutti i paesi si dotarono allora di impianti telegrafici, utilizzando anche posti relè, fino ad arrivare al primo collegamento intercontinentale nel 1866 tra Irlanda e Canada. Gli studi di M.Pupin ridurranno poi progressivamente le perdite di segnale nel percorso.
Nuovo impulso nel 1875 quando Baudot perfeziona l’hardware elettromeccanico per trasmettere il suo codice (binario a 5 cifre, precursore dell’attuale codice informatico ASCII) che verrà migliorato nel 1897 con il passaggio a nastro perforato.
Nel 1883 inizia la distribuzione di C.A. a 50 o 60 Hz dando luogo alla “guerra delle correnti” ma rendendo facilmente fruibile l’utilizzo di energia elettrica.
Da notare però che le prime radio potevano solo inviare segnali on/off e quindi adatte a trasmettere e ricevere solo il codice Morse perché nei primi sistemi era assente la sintonia, ossia la “canalizzazione“. Qualunque segnale veniva ricevuto da tutte le stazioni alla sua portata, con problemi di riservatezza, di interferenze e di volume dei messaggi ricevuti.
Nel 1888 H.R. Hertz inventa un “circuito oscillante” che genera onde elettromagnetiche e scopre la loro possibilità di essere “trasmesse”.
frequenze radioNikola Tesla realizza nel 1898 la prima trasmissione di segnali a distanza in etere (una barchetta a motore viene radiocomandata, con trasmissione multicanale, a oltre 100 km; ma l’invenzione, troppo in anticipo sui tempi, non viene compresa).
Dopo vari esperimenti iniziati nel 1895 e il suo brevetto della “radio” del 1897, Guglielmo Marconi nel 1901 effettua la prima trasmissione telegrafica senza fili attraverso l’Atlantico. L’innovazione salverà centinaia di persone in mare comprese quelle del 15 aprile 1912 per l’affondamento del Titanic.
Nel 1906 hanno successo i primi tentativi di trasmissione della voce umana quando R.Fessenden scopre la possibilità di “modulare” in ampiezza (AM) un’onda radio trasmessa, che verrà quindi definita “portante”, con un segnale audio. La trasduzione del segnale acustico in elettrico era già disponibile dopo l’invenzione del telefono (1871 Meucci – 1876 Bell).
Con un progressivo rapido perfezionamento degli apparati necessari (trasmettitori, ricevitori, antenne, cavi, ecc.) il 30 maggio 1924 Marconi realizza la prima trasmissione della voce umana fra Poldhu, in Inghilterra, e Sydney, in Australia; il 6 ottobre 1924 alle 21, Maria Luisa Boncompagni annuncia la messa in onda della prima trasmissione radiofonica in Italia per l’Unione Radiofonica Italiana.
Mentre la trasmissione di dati, che in quegli anni stimola la ricerca per aumentarne la velocità e ridurne i costi, porta allo sviluppo della telescrivente, simile alla macchina da scrivere (diffusasi già nel 1878), su cui l’operatore compone il testo da inviare. I caratteri digitati, automaticamente codificati con il codice Baudot vengono trasmessi e il segnale, ricevuto e riconvertito, viene direttamente stampato su un rotolo di carta. Negli anni trenta si sviluppa quindi la rete di telecomunicazione “Telex“, specifica per telescriventi e in grado di commutare automaticamente le comunicazioni; l’antesignana della moderna Rete Internet.
trasmettitore old -Etiopia 1936Per le trasmissioni audio via etere, nel 1935 Edwin H. Armstrong inventa la “modulazione di frequenza” (FM); in questo modo il segnale audio ricevuto risulta più immune da disturbi generati dall’apparato radio o da altri apparati elettrici o da elettricità atmosferica. E già si comincia a sperimentare la trasmissione di segnali televisivi e si studia l’utilizzo di onde radio per sistemi radar.
E la radiotelegrafia? Oggi è un’attività desueta; non è più utilizzata né per le comunicazioni ufficiali (dal 1º febbraio 1999 l’utilizzo in ambito marittimo non è più obbligatorio, in suo luogo c’è l’uso della tecnologia digitale GMDSS), né per radioamatori (dal 1988 l’esame non la comprende più), né dall’esercito (nel 1991 è stata chiusa la relativa scuola di specializzazione a S.Giorgio a Cremano).
Eppure, rimane in Italia come nel mondo una comunità poco nota di radioamatori che la usa tuttora come un social network, sfruttando comunque la sua capacità di raggiungere lunghe distanze utilizzando poca potenza.

Uno dei “grandi”…. Samuel Morse!

Samuel Finley Breese Morse (americano, 1791-1872) fino a 40 anni voleva fare il pittore e aveva raggiunto una buona notorietà nell’ambiente, ma è invece ricordato per aver inventato, insieme ad Alfred Vail, il telegrafo elettrico e il codice che da lui prende il nome.
La storia che fece scattare in lui la scintilla merita di essere raccontata:
samuel morse“Sposato, abitava a New Haven, quando ricevette l’incarico per alcuni dipinti a Washington (500 km a sud).
Mentre dipingeva, un messaggero a cavallo consegnò una lettera da suo padre che diceva: “La tua cara moglie è in convalescenza”. Il giorno seguente ricevette una lettera da suo padre che riportava la morte improvvisa della moglie. Morse lasciò immediatamente Washington per rientrare a casa ma quando arrivò, sua moglie era già stata sepolta. Col cuore spezzato, visto che per giorni non era stato a conoscenza degli avvenimenti di casa, gli nacque l’idea di studiare sulla fattibilità di un mezzo di comunicazione veloce e a lunga distanza”.
E la vita gli offrì l’opportunità:
Mentre tornava in nave dall’Europa nel 1832 (aveva trascorso il 1830 a Roma), Morse incontrò Charles Thomas Jackson di Boston, un uomo ben istruito sull’elettromagnetismo. Fu seguendone le indicazioni che Morse prese a occuparsi di esperimenti chimici ed elettrici fino a sviluppare il concetto di un telegrafo a filo singolo e poi il famoso codice (che diventò la lingua principale della trasmissione di dati nel mondo).
Ma Morse, che non aveva dimenticato i precedenti propositi, mirava a far costruire una linea sperimentale di comunicazione tra Washington e Baltimora lungo la linea ferrata; e alla fine vi riuscì nel 1843 dopo aver ottenuto il necessario finanziamento.
telegrafo 1Ma un grande fermento agitava il mondo scientifico sull’argomento e perciò, sempre per i casi della vita, bisogna sapere che nel frattempo William Cooke, Charles Wheatstone, Wilhelm Weber e Carl Gauss, in tempi e luoghi diversi, avevano raggiunto anch’essi la fase di lancio di un telegrafo commerciale… e prima di Morse, nel 1833… ma il loro metodo prevedeva una segnalazione a fili multipli e fu quindi subito superato dal metodo più economico di Morse.