La maggior parte di noi “folgo-trasmettitori” ha terminato la sua leva alla Dedo, ma qualcuno ha fatto invece il percorso inverso venendo a Treviso e poi tornando alla Scuola Trasmissioni. Il precedente articolo di ricordi di Umberto Baldini ha stimolato un altro “ex-complemento”, Mauro Di Giannantonio, a rivivere un po’ le sue esperienze. Speriamo che questo serva da “stura” per tanti altri che di cose ne hanno da raccontare…
Mi sentivo felice e fiero per il concorso vinto, ma anche la tristezza era tanta perché lasciavo la famiglia… la fidanzata! Ma, quando arrivai alla Scuola, avevo le idee ben chiare su ciò che stavo vivendo; pensavo “ora devo rinunciare alle mie abitudini più comode e per quindici mesi della mia vita dovrò assumere un nuovo aspetto“. Nella gerarchia militare nessuno comincia da Ufficiale e già sapevo che questo livello doveva essere conquistato sempre con notevoli sacrifici.
Varcato l’ingresso, un grande piazzale e sul muro di fronte notai subito l’immagine di un angelo con la spada fiammeggiante e la grande scritta “SPATIA DEVINCO DISIUNCTA CONIUNGO”. Fui inquadrato nel 1° Btg Allievi che, al comando del Ten. Col. Landi, era formato da tre Compagnie, due AUC e una ACS, con i corsi pari nella 1°Comp. e i dispari nella seconda. Il Cap. Carlomagno era il Comandante del mio 38° Corso AUC.
Sentivo l’importanza dell’impegno che avrei assunto di fronte a me stesso e alla Patria. Quel giorno provai una forte tensione mista a una certa commozione dovuta anche alla presenza tra il pubblico dei miei genitori, di mio fratello (che aveva frequentato il 28° Corso AUC) e pure della fidanzata…
Durante i restanti tre mesi di corso, dovemmo superare i continui esami sulle varie materie di studio; vi erano allievi che studiavano anche di notte, sotto le lenzuola con una lampada portatile. La paura di essere scartati e non arrivare a fregiarsi del grado di Sergente faceva leva sul nostro orgoglio giovanile e ci spingeva al massimo impegno. Nonostante ciò, alcuni, 5 o 6, furono bocciati. Essendo Perito in Telecomunicazioni, fui avvantaggiato nell’apprendimento e alla fine mi qualificai 40° su 114 allievi. Tra di noi vi erano veramente tanti giovani in gamba.
Arrivò l’assegnazione: Battaglione Trasmissioni Folgore, Caserma De Dominicis, Treviso. Così, il 5 Giugno, con i commilitoni Serg. Moroni e Scolari, partii da Roma Tiburtina per iniziare il periodo “trevigiano” e “folgorino” della mia leva.
Arrivati alla DeDo, fummo subito presentati al Comandante di Battaglione, Ten. Col. Celentano, che per prima cosa ci informò che dovevamo sostituire il copricapo; ci spiegò quelle che sarebbero state le nostre future incombenze terminando l’incontro con alcuni “consigli pratici”.
Fui assegnato alla 1ª Comp. comandata dal Cap. Frasca e il mio primo servizio fu come Comandante della Guardia alla polveriera di Santa Bona e ricordo anche che i militari mugugnavano perché era il servizio più sgradito in assoluto. Passò d’ispezione un Maresciallo che, trovando cenere di sigarette nelle garitte, non perse l’occasione, con un comportamento abbastanza pretestuoso, di colpevolizzare un futuro Ufficiale.
Servizi come Comandante del Corpo di Guardia alla porta centrale, si alternavano a quello di ronda, effettuata con una coppia di soldati, scelti tra quelli che facevano a gara per parteciparvi!
Il 4 Luglio 1965 si abbatté su Treviso e provincia un nubifragio che, provocando lo straripamento dei corsi d’acqua, causò allagamenti e ingentissimi danni. Le immagini di questo disastro trasmesse alla televisione furono impressionanti e da casa mi chiamarono preoccupati per avere mie notizie, ma, quella volta, il nostro Btg. non era stato coinvolto nei soccorsi .
A fine settembre terminò il mio periodo di Sergente AUC. Salutai per l’ultima volta la DeDo e Treviso perché era arrivato anche il momento tanto atteso dell’unica e vera licenza, quella ordinaria in attesa di nomina, che trascorsi nella mia cara Pratola Peligna.
Il 6 Ottobre, la sospirata nomina con relativa destinazione finale: tornavo alla Scuola Trasmissioni, Caserma Perotti, Cecchignola, Roma, inquadrato nel 1° Battaglione, 3° Comp. ACS.
Arrivato in caserma il 10 Ottobre, assolsi dapprima l’importante dovere di tutti i neo ufficiali ossia di prestare giuramento singolarmente in forma solenne. Eravamo una ventina di sottotenenti; fummo prima istruiti all’uso della sciabola e poi, davanti al Col. Comandante e alla Bandiera di Guerra, chiamati a turno dall’Aiutante Maggiore e dopo il saluto con la sciabola, pronunciammo la formula del giuramento.
Il 18 Ottobre 1965 iniziò il 9° Corso ACS; mi fu assegnato il 2° Plotone, al commilitone Sten. Montini il 1° e il 3° allo Sten. D’Alessio. Nostro compito era addestrare delle giovani “burbe” (ma tutti diplomati e anche laureati) per prepararli a diventare i futuri sergenti dei corpi operativi dell’Esercito. Prepararli certamente a utilizzare gli apparati di trasmissioni ma prima di tutto arrivare al giuramento previsto il 28 Novembre in grado di marciare compatti, batter il passo all’unisono e presentare le armi in modo deciso e sicuro.
Al giuramento seguì un’accelerata alle lezioni teoriche in aula e a me fu affidato il compito d’istruttore di Trasmissioni e di Armi. Il corso per ACS, identico a quello degli AUC, richiedeva la conoscenza dei fondamenti di telefonia e di radiotecnica per arrivare a utilizzare gli apparati ricetrasmittenti in dotazione. Quasi tutti gli allievi conoscevano già questi argomenti avendo frequentato Istituti Tecnici e taluni, un po’ incavolati per non essere riusciti ad accedere al corso AUC, cercavano anche di mettere in difficoltà l’istruttore, senza peraltro mai riuscirci. All’insegnamento si alternavano i “servizi” per la compagnia, il battaglione e la caserma.
Per una volta ho avuto l’onore di far parte della Guardia al Quirinale e del caso mi sovviene una particolare situazione. Ero il Vice del Comandante, Cap. Panarese, e con lui, con il tenente Anzalone Alfiere e un Sergente Maggiore quando, dopo cena, mentre ci stavamo concedendo una partita a carte, arrivò di corsa il capoposto annunciandoci l’arrivo di un Generale di Brigata. Lo andammo a ricevere, ma durante l’ispezione, lui notò il tavolo con quattro sedie e un mazzo di carte! A bruciapelo chiese: “Voi siete quattro Ufficiali?”, con l’evidente intenzione di far seguire una ramanzina perché a quei tempi era impensabile che gli Ufficiali familiarizzassero così con un Sottufficiale. Al Capitano, completamente spiazzato, venne in aiuto il Ten. Anzalone: “Eccellenza, giocavamo con il morto…”. Il Generale, a sua volta colto di sorpresa dalla risposta, tergiversò: “Ah! …procediamo con l’ispezione…”.
E il 29 Marzo 1966 arrivò il congedo.
Con il 1100 Fiat di papà, concessomi per una decina di giorni, ripartii per l’Abruzzo pronto ad affrontare una nuova vita… si, ma anche con un po’ di ansia perché capivo che quella sarebbe stata la vita “vera” e bisognava subito darsi da fare per trovare innanzitutto un lavoro…
Ten. Mauro Di Giannantonio – Pratola Peligna (AQ) – 07 / Aprile / 2021