Successe a quel campo estivo a Travesio…

Giugno ’68, campo estivo a Travesio, manovre combinate di Divisione quindi anche con gli ex-parà del 183° Rgt. Nembo e poi con i carri dell’Ariete e anche con l’aviazione della NATO.
Il nostro gruppo di radiotelegrafisti si trovava alloggiato in una vecchia fornace e a dir la verità, fu per me era una vera pacchia. Servizio tranquillo, ottimi rapporti con il sergente (mi pare fosse di Asiago), libera uscita senza contrappelli e tanta sensazione di “borghesia” visto che anche in paese, per il via vai di soldati e ufficiali, non si badava tanto ai regolamenti.
Caldo pomeriggio di domenica… io e due commilitoni, tornando alla fornace, passiamo davanti a un bar dove, seduti ai tavolini esterni, se ne stava un gruppo di ufficiali in relax; un colonnello aveva financo un cane lupo accucciato accanto alla sua sedia…
Noi passiamo via senza alcun saluto regolamentare…. anche perché avremmo dovuto tener la mano al berretto per una ventina di metri… tipo parata e ben sapendo che a nessuno di quelli, ai quali sarebbe stato rivolto, sarebbe interessato; cosicché quando, poco dopo incrociammo un maresciallo di un altro reparto, che non conoscevamo affatto, anche lì, tirammo dritto senza salutare…
– Ehi! Voi! – lo sentimmo però chiamare.
– E vai.. ci siamo – pensai, e poi dissi ai miei amici – …lasciate fare a me.
Mi era venuta l’idea di provare ad applicare alla lettera gli insegnamenti del CAR di Trapani: presentarsi e rispondere, se interrogati, ad alta voce. Corsi allora verso di lui, mi fermai sull’attenti ai tre passi regolamentari e, con quanto fiato avevo in gola (come dovessero sentirmi a un chilometro di distanza), urlai:
– COMANDI SIGNOR MARESCIALLO!!!
A quel punto vidi il maresciallo, già imbarazzato, lanciare occhiate verso gli ufficiali che, sentito l’urlo, si erano tutti girati incuriositi verso di noi e pronti a godersi uno spettacolo.
A quel punto, il maresciallo, parlando piano mi disse:
– Come mai non mi avete salutato?
Io, sorprendendolo, urlai ancora più forte:
– NON L’AVEVAMO VISTA SIGNOR MARESCIALLO!!!
E lui, ancora più imbarazzato… ma ancora più piano per cercare di smorzare:
– Come no? Tu in particolare mi hai guardato negli occhi…
Ma io, sempre urlando:
– L’HO GUARDATA NEGLI OCCHI MA NON GLI HO GUARDATO SULLE SPALLE SIGNOR MARESCIALLO!!
Cominciarono a sentirsi un sottofondo di sghignazzamenti e risatine provenienti dal non lontano “firmamento di stellette”.
Il maresciallo, non sapendo come uscirne, tirò fuori un foglietto e una penna:
– Come ti chiami? –
E io, sempre urlando più che potevo:
-TRASMETTITORE FANCIULLACCI PAOLO, PRIMA COMPAGNIA, BATTAGLIONE TRASMISSIONI FOLGORE, TREVISO!!! COMANDI SIGNOR MARESCIALLO!!!
Il maresciallo, ormai paonazzo, scribacchiò qualcosa e poi mi disse:
– Vai! Puoi andare! Considerati punito!
– SIGNORSI’ SIGNOR MARESCIALLO!!!
Mi voltai di scatto, battei lo scarpone a terra e, con passo risoluto (ma strizzando l’occhio) mi avviai verso i commilitoni che mi aspettavano.
Avevamo fatto poi solo pochi passi quando mi sentii di nuovo chiamare… ma questa volta era il tenente Pallottini, quell’anima lunga, che era stato, anche lui tra gli altri sulla porta del bar, a godersi la scena.
Benchè mi sembrasse allegro, non avrei potuto immaginare la sua reazione… ed ecco che, ci fa entrare nel bar e, allargandosi in un bel sorrisone, mi stringe la mano, mi fa i complimenti per il perfetto comportamento e poi ci offre pure da bere!! …e questo anche perché, come venni poi a sapere, proprio quel maresciallo, un vero “fetuso”, stava sulle palle un po’ a tutti, ufficiali compresi.
E per quell’episodio divenni anche famoso a Travesio…. Una sera, mentre rientravamo al campo, in periferia del paese, sentii chiamare da un gruppetto di tre allegre ragazze:
– Buona sera Fanzullazzi!
– Ehi.. com’è che sapete come mi chiamo? – domandai.
– Ma se lo sa tutto il paese da come l’hai urlato al maresciallo!
E fu così che facemmo amicizia… ecc., ecc.
Ah.. a proposito della punizione… almeno questa, non arrivò mai!
E a proposito del Tenente Pallottini… era fatto così… un duro se serviva ma un commilitone se si poteva. E ho saputo che ha fatto da poco gli 80… Auguri al Generale… e a tutti i Folgorini!!

Paolo Fanciullacci, 2°/67 – Btg Trs Folgore, 1ª Compagnia, Marconista.  (…e “ragazzaccio” -n.d.r.)

Alessandro Tandura e la nascita di un mito

Se ne parlò in un altro articolo a proposito della nascita del paracadutismo in Italia, ma la vicenda, raccontata in prima persona dal primo paracadutista (e sabotatore) è veramente “umana” e stupefacente…impressionante immaginarsi in quei panni!!
Più di 100 anni fa avveniva il lancio del primo soldato paracadutato dietro le linee nemiche per una missione di raccolta informazioni e sabotaggio.
Quella notte tra l’8 e il 9 agosto 1918, infuriava un temporale, che fece smarrire la rotta all’equipaggio; Alessandro Tandura, seduto su di uno scomodo sedile ribaltabile, collocato di spalle all’equipaggio, con una fune legata sulla schiena a collegarlo al paracadute, situato in uno scomparto sotto la fusoliera, non può fare altro che attendere il momento nel quale il pilota tirerà una leva, aprendo una botola dalla quale egli cadrà nel vuoto: e solo allora potrà scoprire se il paracadute funzionerà… Giunti in prossimità di quella che credono essere la zona di lancio – in realtà hanno deviato di parecchio e stanno sorvolando le colline a San Martino di Colle Umberto – il Maggiore Barker raggiunge la quota prestabilita di 1500 metri e tira la leva, facendo precipitare Tandura nel buio. Le emozioni debbono essere infinite, come egli stesso più tardi racconterà:
Le orecchie sono straziate da un sibilo che mi devasta il cervello. L’incubo dei sogni orribili! Ma subito ho l’impressione di essere sollevato, di tornare in su. Alzo gli occhi e vedo il paracadute aperto. La pioggia mi sferza il viso. Oso guardare in basso e vedo strade e campi che riddano in un ‘altalena infernale. Mi smarrisco, perdo i sensi … È un attimo: ad un tratto, colpito fortemente al petto, mi trovo a terra, con le gambe all’aria. Lanciato nel vuoto da circa 1500 metri di altezza ero caduto in un vigneto, mentre infuriava il temporale”.