El Alamein, il sacrificio della meglio gioventù

In tanti libri si può oggi ritrovare la storia dell’originaria Divisione Folgore e di quella epica battaglia che la vide protagonista e vittima sacrificale. Ma un libro scritto da un grande personaggio che non vi apparteneva ma che con essa condivise i momenti più tragici, sembra dare una visione più complessiva dell’evento e, con grande umanità, descriverne gli eventi : “Alamein 1933-1962” di Paolo Caccia Dominioni – Vincitore premio Bancarella 1963 con motivazione certamente condivisibile: “Il libro che, meglio di ogni altro, ha raccontato la battaglia simbolo della guerra sul fronte d’Africa”.
L’autore, era comandante del XXXI° Battaglione Guastatori del Genio Alpino quando fu aggregato alla Divisione Folgore durante la battaglia di El Alamein.
Il destino di Paolo Caccia Dominioni, soldato e ingegnere, umanista, esploratore e scrittore, è indissolubilmente legato al nome di quel luogo perso nelle sabbie del deserto africano. Il suo primo viaggio colà, come esploratore, nel 1933; poi vi ritorna con il Battaglione Guastatori per la epocale battaglia, e poi ancora dal 1948 al 1962 per la lunga ricerca, paziente e pericolosa (oltre un milione di mine, dei sei milioni e mezzo, non erano ancora state dissotterrate) dei corpi grazie alla quale più di cinquemila soldati italiani caduti troveranno l’ultima casa nel Sacrario da lui progettato e costruito.
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Paolo Caccia Dominioni, Nerviano 1896 – Roma 1992, il 24 maggio 1915, allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, ancora studente di ingegneria, si arruola nei “bersaglieri ciclisti” ma, dopo cinque mesi, entra nella Accademia Militare del Genio e partecipa poi, come tenente, ai combattimenti sull’Isonzo dove si guadagna il primo riconoscimento, Medaglia di Bronzo al V.M. Nel 1924, tornato civile e laureatosi in ingegneria, apre uno studio al Cairo, progettando importanti edifici in tutto il Medio Oriente. Richiamato in servizio, partecipa nel 1935 alle operazioni in Etiopia guadagnandosi un’altra decorazione.
Agli inizi del 1940, mentre stava dirigendo i lavori per la costruzione dell’Ambasciata d’Italia ad Ankara, venne richiamato in servizio per la quarta volta e assegnato al Servizio Informazioni Militare. Insoddisfatto di questa collocazione di retrovia, ottiene il trasferimento al Genio Guastatori Alpino destinato all’impiego in Russia; nel luglio 1942 gli viene invece affidato il comando del 31º Battaglione Guastatori in partenza per la campagna del Nord Africa.
Né la Folgore né i Guastatori cedettero terreno al nemico ma, quando giunse l’ordine di ritirata, si ritrovarono accerchiati. Riuscì a forzare il blocco con metà del suo battaglione e di altri reparti unitisi; raggiunge Marsa Matruh e contribuisce a bloccare temporaneamente l’Ottava Armata. Il suo battaglione fu l’unico reparto organico superstite del X° C.dA.; per questo, viene decorato con Medaglia d’Argento al V.M.
Rimpatriato, nel maggio 1943 promuove la ricostituzione del suo Battaglione, Genio Guastatori Alpini, ad Asiago e ne assunse il comando fino all’8 settembre 1943. Sfugge alla cattura tedesca e decide di darsi alla macchia entrando a far parte della brigata partigiana Garibaldi. Fu arrestato e subì duri trattamenti ma poi fortunosamente scarcerato per un cavillo il 15 febbraio 1945. Le sue capacità militari lo portarono alla carica di Capo di Stato Maggiore del C.V.L. e alla fine della guerra ricevette la Medaglia di Bronzo al V.M.
Dopo la fine della guerra riprese ben presto la sua attività nello studio di ingegneria del Cairo, e nel 1948 ottenne l’incarico dal governo italiano di risistemazione del cimitero di guerra… con un solo sergente come collaboratore!
La missione durò quattordici anni, spesi in gran parte nel deserto con molta abnegazione, alla ricerca ed esumazione delle salme dei caduti di ogni nazione sparse nel vasto campo di battaglia (con estesi campi minati ancora efficienti che, negli anni di ricerca, provocarono la morte di sette collaboratori indigeni), e culminò con la costruzione del sacrario italiano da lui progettato.
Paolo Caccia Dominioni, che parlava correntemente tedesco, francese, inglese, arabo, continuò la sua attività di progettista e scrittore anche in tarda età fino alla morte, sopraggiunta all’ospedale militare del Celio all’età di 96 anni nel 1992. Nel 2002, in occasione del 60º anniversario della battaglia di El Alamein, il Presidente della Repubblica ha concesso al tenente colonnello Paolo Caccia Dominioni di Sillavengo un ultimo riconoscimento, la Medaglia d’Oro al Merito dell’Esercito “alla memoria”.

Un cinegiornale propagandistico d’epoca dell’Istituto Luce mostra il 31º Guastatori in azione, con effetto assai realistico, e vi appare anche il Maggiore Caccia Dominioni dare istruzioni ai suoi uomini con in testa il suo amatissimo cappello alpino.

Dedicato agli autieri del Battaglione…

Sono lo sfondo, la scenografia, di molte foto-ricordo di tanti militari… erano sempre bene allineati alle spalle delle compagnie durante le adunate importanti… erano gli automezzi in dotazione alla caserma… …e gli autieri ne verificavano l’efficienza tutti i giorni, magari solo per pulire i contatti delle batterie e isolarli con la vaselina passata col pennello, o più semplicemente per i controlli dell’Ufficio Automezzi di Battaglione o per tirarlo a lustro con un con pennello e del gasolio. Poco nominati in un Corpo dedito alle Trasmissioni, gli autieri hanno sempre svolto un lavoro egregio e fondamentale per il raggiungimento degli obbiettivi del reparto: hanno trasportato sulle panche del cassone centinaia di militari per andare ai corpi di guardia, alle manovre o a un campo e per assicurare loro, oltre che a tutta la caserma, i necessari rifornimenti.
Vi è un’enorme differenza tra chi, dopo aver conseguito la patente con qualche ora di guida, è convinto con “presunzione”, di essere un autista completo e coloro che invece sono stati al volante di un mezzo pesante e su strade impervie per tanti giorni.
Fare l’autista (professione poi scelta da molti autieri dell’Esercito) è un impegno che richiede “malizia” ed esperienza che si raffinano solo con una buona pratica.
Quella militare fu senz’altro una buona “palestra” per formare buoni conducenti
Gli automezzi che si videro in quegli anni sono ormai da tanto tempo consegnati alla storia dei trasporti.
In una foto si vede anche un Lancia Cp48, ovvero la versione militare del Lancia Esatau 864 messo sul mercato nel 1947 e usato in moltissime versioni con vari allestimenti. Poi vi erano i vari ACP, ACM e ACL che classificavano “autocarro a carico pesante, medio, leggero”, perdendo frequentemente la A iniziale.
L’autocarro CM52, versione militare del Fiat 639 N2, fu un camion storico dell’Esercito, antenato dell’Iveco ACM 80/A 6613 G (degli anni ’80 appunto), lungo 6,4m., diesel a 6 cilindri di 5.500 cc, 160 cavalli, enorme coppia motrice che, associata alla trazione integrale inseribile anche in movimento, al differenziale posteriore bloccabile e al baricentro spostato in avanti, permetteva di affrontare salite e discese anche del 60% (ma richiedeva la “doppietta” nelle scalate) e poteva anche trainare rimorchi di 4 tonn. come per es. i gruppi elettrogeni o shelter.
Dal sito della Difesa online: “Coloro che hanno avuto il compito di affiancare il conduttore come capomacchina ricorderanno in particolare le sterzate da fermo. Un’operazione che per svolgersi richiedeva un seppur minimo movimento del camion e una notevole forza bruta nelle braccia tanto che il compito ufficioso del graduato in cabina era anche quello di aiutare il conduttore a sterzare. Infatti nella sua estrema robustezza e relativa semplicità non era provvisto di servosterzo e i giri del volante erano circa 6 da una direzione all’altra.
Un’idea della complessità di guida si può avere vedendo questo video.
Poi vi erano i più piccoli CL51, prodotti dalla OM di Brescia (OM 20.105) e dalla Lancia di Torino.
Lungo 4,65m, largo 2m, passo di 2,5m, peso a vuoto di 2.835 Kg, portata max 1.800 Kg e sullo stesso autotelaio vennero costruite alcune versioni chiuse con carrozzeria a furgone destinate all’impiego come carro radio e ambulanza, come alcune versioni dell’F20 Alfa Romeo.
Indimenticabile la mitica “Campagnola”, Fiat AR 51 (cui seguirono le versioni 59 e 76 negli anni corrispondenti), che dal 1951 è stato il fuoristrada delle nostre caserme. Aveva sostituito le vecchie Willys 4X4 che gli americani avevano lasciato alla fine della guerra.
L’AR 51, motore da 1900cc, 63 cv, robusto telaio portante a longheroni con sospensioni indipendenti, lunghezza di 3,7m, peso 1300 kg e consumo di 5 km/l, cambio a 4 marce con ridotte, differenziale posteriore bloccabile con manicotto di sicurezza (che in caso di mancato disinnesto, nelle curve si rompeva per salvaguardia della meccanica…. chissà quanti ne furono cambiati), 116 Km/h la velocità massima (ma diventava inguidabile considerato il peso, i freni a tamburo, ecc.).
La Fiat, per reagire al dramma del dopoguerra, volle pubblicizzare la sua nuova nata organizzando per l’AR 51 l’attraversamento dell’Africa; Paolo Butti vinse il record mondiale completando il percorso in soli 11 giorni.
E, dopo tutto questo, ricordiamo anche i motociclisti che accompagnavano, tutti ben bardati, le colonne di automezzi con i loro Moto Guzzi Superalce.

Rinascimento o Risorgimento… chi l’avrebbe mai detto…

Ritorniamo a Treviso, in libera uscita… A quei tempi la scelta riguardava solo il modo più veloce per arrivare al centro, all’osteria, al cinema… oggi che l’età e (e il coronavirus) ci mettono più calma possiamo vederlo anche in un altro modo. Quando si arrivava al fondo di Via Lancieri per entrare a Treviso… a sinistra (la più breve per il centro) o a destra? Nel primo caso si passava per il Rinascimento e nel secondo per il Risorgimento. Infatti i due attraversamenti del perimetro delle Mura erano nell’ordine Porta Frà Giocondo e Porta Caccianiga, due personaggi storici importanti per Treviso. Vediamo un po’ :

Giovanni Monsignori, detto Fra’ Giovanni Giocondo (Verona 1433 – Roma 1515), domenicano, fu un importante architetto e ingegnere, soprattutto militare, oltre che umanista e insegnante, e fu l’artefice della costruzione delle mura di Treviso. Fu il supervisore alle fortificazioni di alcune città della Repubblica, anche oltremare, dal 1509, quando in vista della guerra della Serenissima contro la Lega di Cambrai, fu inviato per predisporre le difese a Padova, Monselice, Legnago e a Treviso dove, con il comandante B. d’Alviano, fece costruire le nuove mura intorno alla città.
A Padova fece invece riadattare le mura per resistere alle nuove artiglierie, studiando un nuovo tipo di sistema difensivo che resisterà all’assedio di Massimiliano d’Austria e poi delle truppe spagnole e che rappresenta una delle prime realizzazioni di “fortificazione alla moderna”; questo sistema difensivo, perfezionato e adottato in molte città della Serenissima, riceverà, come per Bergamo, il riconoscimento Unesco nel 2017.
Una vita intensissima; alcuni esempi: – i suoi studi sui monumenti classici, sulle epigrafi latine, su rilievi antiquari e archeologici furono raccolti in un volume donato a Lorenzo il Magnifico di cui rimangono alcune copie. – Nel 1506, chiamato a Venezia per studiare l’interramento della laguna propose la deviazione del Brenta e fu quella la soluzione attuata; nello stesso anno, fu consultato da Papa Giulio II per la ricostruzione della basilica di San Pietro e il suo progetto influenzò la grande fabbrica; a Venezia fu il primo a portare le nuove idee di un’architettura classicista e vitruviana e fu per un decennio al centro di ogni dibattito architettonico e di ogni realizzazione importante; gli viene attribuito il progetto del Fondaco dei Tedeschi. Giorgio Vasari gli dedicò una delle sue “Vite”.

Antonio Caccianiga (Treviso 1823 – Maserada sul Piave 1909) politico, patriota e scrittore.
Studia storia naturale ed economia rurale a Padova e Milano; di idee liberali ed antiaustriache, costretto esule in Piemonte, Svizzera, Francia ed Inghilterra, rientra a Treviso nel 1854 per un’amnistia e, con la moglie parigina, si stabilisce a Maserada sul Piave, mantenendo i contatti con altri patrioti ed intellettuali.
Deputato del Regno d’Italia, Prefetto di Udine, Podestà di Treviso (in quanto tale facente parte della delegazione che portò a Torino i risultati del plebiscito del Veneto del 1866), Sindaco di Maserada,
Giornalista e scrittore, pubblicò alcuni romanzi di contenuto risorgimentale e antiaustriaco (I vampiri e l’incubo, Il convento, Brava gente, Il roccolo di Sant’Alipio, Il proscritto) e alcune opere di elogio alla vita campestre e moralistiche (La vita campestre, Il dolce far niente, Le cronache del villaggio, Il bacio della contessa Savina, Frondeggi, Lettere d‘un marito alla moglie morta, Ricordo della provincia di Treviso).

Rinascimento o Risorgimento?

Raduno Nazionale dei Trasmettitori della De Dominicis

ATTENZIONE, ATTENZIONE!! IMPORTANTE COMUNICATO:
E’ ripartita, a cura del solito, pazientissimo, Fabrizio Castellucci l’organizzazione dell’annuale Raduno dei Trasmettitori, che era stata interrotta il mese scorso all’approssimarsi della pandemia. Quindi Venerdì 18 Settembre 2020 si dovrebbe svolgere (condizionale obbligatorio) presso la caserma De Dominicis di Treviso il Raduno del Decennale (forse ultimo) dei Trasmettitori della De Dominicis . Seguiranno dettagli ma già si può anticipare la propria intenzione di partecipazione in Facebook.

Per noi (“vecchiacci” del BTG TRS Folgore) ciò significa che sarà forse, in questa vita, l’ultima occasione per rivedersi tutti e salutarci “de visu“… e quindi, cari ragazzi, bisogna segnalare al più presto la propria adesione e soprattutto non mancare quest’ultima occasione che il buon Fabrizio ci offre…

Per i tanti della DeDo che la Scuola Trasmissioni…

Un video dedicato a tutti coloro che prima di arrivare alla De Dominicis sono transitati per alcuni mesi alla Scuola Trasmissioni della Cecchignola per uscirne Operatori Ponti Radio (incarico 118) – Motorista Gruppi Elettrogeni (incarico 50) – Radiomontatore (incarico 56) – Apparecchiatore di Linea (incarico 7/b) – Centralinista (incarico 17) ………..

Un supporto a volte invisibile ma che sostiene quotidianamente l’ Esercito Italiano, per comunicare in Patria e all’estero in qualsiasi condizione operativa. Questa è l’Arma delle Trasmissioni!
#EsercitoItaliano #NoiciSiamoSempre #ArmadelleTrasmissioni

– da un promemoria del Trasmettitore Orazio Rivetti.
– sullo stesso argomento vedi anche larticolo a pag.4.

Caro Arcangelo ti scrivo…

…e siccome sei molto lontano più vicino ti costruirò!
Fu così che quelli del I° ’67 della I° Compagnia del Battaglione Trasmissioni Folgore si prestarono a una colletta per creare un Arcangelo a portata di mano. Bravi e timorati ragazzi se si pensa al loro stipendio di 127 lire al giorno! Chissà, se in analoghe circostanze, oggi se potrebbero ancora trovare di simili. Fatto sta che misero in moto uno scultore (i particolari ci mancano e aspettiamo fiduciosi che qualcuno di loro ce li fornisca) per realizzare una statua del “nostro” protettore.
Non sappiamo chi la realizzò prendendo spunto da quella ben più famosa del Duomo di Orvieto, capolavoro dell’aretino Francesco Mochi (1580–1654, uno degli iniziatori del barocco) realizzata nel 1608, una delle poche in cui il nostro Gabriele è senza spade o gigli o trombe in mano.
E ci piace perché, anche se l’originale autore la intendeva come “Annunciazione”, noi la possiamo benissimo interpretare invece solo come un costante invito ad innalzare lo Spirito e rivolgere lo sguardo ad alti obiettivi.
L’Arcangelo è ancora librato nel volo, avviluppato nell’intreccio scomposto della veste, nel battito delle ali che sottolineano la tensione vibrante del corpo culminante nel braccio teso verso l’alto e, in più, ma solo nella “nostra” versione, con il volto illuminato da una serena fiducia. E sicuramente proprio di questa fiduciosa spinta verso il futuro avevano bisogno i tanti giovani che da allora nel piazzale della De Dominicis sotto sfilati sotto di essa.
Il significato del nome Gabriele è “forza di Dio” e deriva dal termine ebraico Gavriel. Ha un suono molto dolce e negli ultimi anni è tra i nomi maschili più amati, anche nelle versioni Gabriel e Gabrio, mentre al femminile è Gabriella. L’arcangelo Gabriele è una delle figure bibliche più note e importanti poiché ha il compito di annunciare i suoi messaggi tra gli uomini. Nelle Sacre Scritture è presente sia nel Vecchio che nel Nuovo Testamento, è colui che comunica al profeta Daniele il piano di Dio, a Zaccaria l’arrivo di Giovanni, a Maria la sua gravidanza grazie allo Spirito Santo e farà pure da tramite tra Allah e Maometto per la scrittura del Corano… e capace di farci fare dei buoni collegamenti con i nostri pesanti apparati a valvole!!
Fu così che, in pompa magna e alla presenza di numerose autorità (nella foto il Gen. Mino) e finendo anche sulle pagine del giornale di Treviso, il “nostro” Arcangelo Protettore fu inaugurato quel 26 Marzo 1968….. dovete sapere che a quei tempi l’onomastico del “nostro” si festeggiava il 24 Marzo mentre, da anni, il nuovo calendario liturgico raggruppa in un unico giorno, il 29 settembre, la festa dei tre arcangeli (nel Nuovo Testamento il termine “arcangelo” è attribuito solo a loro tre: Michele (il protettore della Brigata Paracadutisti Folgore), Gabriele (chi meglio di lui che era il messo del Signore poteva proteggere le Trasmissioni) e Raffaele (che è la buona guida di tutti noi bravi viandanti).
Scherzi a parte, i nomi dei componenti di quel generoso I° ’67 della I° Compagnia del Battaglione Trasmissioni Folgore sono riportati nella targa posta nella base di quella statua che, da subito, divenne un importante punto di riferimento di tutta la caserma; a tutti quei nomi un riconoscente pensiero per aver abbellito e arricchito la nostra cara e vecchia DeDo.

Folgore… e poi 184° “Cansiglio”

Il nome “Cansiglio” è legato a doppio filo con la nostra DeDo… ma perché questo nome?
Cansiglio - mappaIl Cansiglio è un vasto altopiano circondato da foreste, situato tra Veneto e Friuli-Venezia Giulia e diviso tra le province di Belluno, Treviso e Pordenone, ad un’altitudine compresa tra i 900m e 1200m nella regione dell’Alpago; si tratta di una conca “coronata” da cime rocciose: a sud-ovest il Costa, la Cima Valsotta, il Millifret e il Pizzoc, ad est il gruppo del Cavallo, oltre il quale si trova il Piancavallo. Sono presenti vari fenomeni di origine carsica, in particolar modo doline e inghiottitoi: i più celebri sono il Bus de la Lum, il Bus della Genziana e l’Abisso del Col della Rizza.
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Numerose sono le particolarità: Il microclima (nel 2005, in località “Val Menera” è stata misurata la temperatura minima di -35,4 °C all’altitudine di 905 m.) – I boschi di faggi e abeti rossi e la ricca flora – La prima menzione del luogo risale al 923: in un diploma dell’imperatore Berengario. La Repubblica di Venezia vi insediò un Capitano Forestale per lo sfruttamento delle risorse boschive, utili soprattutto alla realizzazione di remi. Nel 1944/45 si ebbero eventi legati alla guerra partigiana e alcune doline furono utilizzate come le ben più note foibe della Venezia Giulia. – Il Presidente Cossiga era solito trascorrervi le vacanze estive. Vi sopravvive una minuscola isola linguistica dell’antico popolo cimbro. Numerose e di vario tipo sono le manifestazioni sportive che vi si svolgono in ogni stagione (molte volte è stato attraversato dal Giro d’Italia). Abbondante e varia la fauna presente (caprioli, daini, linci, faine, volpi, lepri, scoiattoli, poiane, gheppi, falchi, aquile reali ecc. ecc. e da tempo anche lupi e orsi bruni).
Cansiglio quindi come il luogo storicamente prezioso…
Antichi reperti ci dicono che l’altopiano fu abitato già 10.000 anni fa, ma fino pochi anni fa (2011) era possibile anche vedere “reperti” molto più recenti di una postazione militare (caserma Bianchin) che fu molto importante dal 1964 al 1986. Si ricorda infatti che al Pian del Cansiglio era di casa anche la 1ª Aerobrigata Intercettori Teleguidati con l’Area Lancio del suo 59° Gruppo I.T. che vi teneva proprio lì, nascosti negli hangar (ora sede di Veneto Agricoltura) ma pronti all’uso, i propri missili terra-aria della NATO.
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E ora sappiamo che piani militari segreti del Patto di Varsavia degli anni sessanta, resi pubblici nel 2005, prevedevano un attacco all’Italia attraverso l’Austria con un bombardamento nucleare preventivo sulle città di Vienna, Monaco, Innsbruck, Venezia, Padova, Vicenza, Verona, Ghedi e Piacenza. Le truppe russe-ungheresi (7 divisioni motorizzate e 3 corazzate, 38 lanciamissili, 214 aerei da combattimento, 121 caccia, 24 aerei da ricognizione e 25 bombardieri con armi atomiche prevedevano di occupare il Nord Italia, attraverso le linee di penetrazione di Tarvisio e della Val Camonica, raggiungendo Brescia e Bologna in 13 giorni di combattimenti attestandosi poi saldamente sull’Appennino tosco-emiliano.
… e Cansiglio quindi anche come uno dei perni della difesa dell’Europa Occidentale…
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In quegli anni, sul sovrastante Monte Pizzoc vi era la sede del distaccamento della relativa Area Controllo del 59° Gruppo I.T. dove venivano fatte le prime prove di allineamento di radar ACQ; per strana combinazione, in quella casermetta ci passò anche la Folgore; essa fu infatti anche la base di una pattuglia della nostra II° Compagnia che montò e gestì un posto relè di ponti radio attraverso il quale transitavano le comunicazioni della Divisione impegnata nelle lunghe manovre estive, da Maggio a Luglio, del 1968 (e a maggio sul Monte Pizzoc nevicava…).
La visuale dalla cima di quel monte è mozzafiato… nelle giornate senza nuvole (poche in verità) si spazia dal Lago di Santa Croce a tutta la pianura triveneta fino al golfo di Trieste!
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