I Comandanti della Folgore: il Generale Orofino

Il Generale Adolfo Orofino fu il Comandante la Divisione Folgore dalla fine del 1970 al 1971.
Frequentò la Scuola di Applicazione Armi di Artiglieria e Genio di Parma (ott.1936 – sett. 1937) e fu poi assegnato al 21° Reggimento “Cremona” che allo scoppio della seconda G.M. era schierato sulla frontiera francese. Venne però poco dopo inviato in Etiopia e assegnato al LVII° Battaglione Coloniale col quale partecipò a tutta la Campagna d’Africa (AOI) terminata con la sconfitta nell’aprile del 1941 (del Battaglione originario di circa 1100 uomini ne erano rimasti meno di 100) e con la cattura a Ghinda da parte degli Inglesi. La prigionia in India dura fino all’agosto 1946. Reintegrato nel nuovo Esercito Italiano, fu il Colonnello Comandante del 183° Reggimento Nembo dal 1/8/1961 al 1/9/1962. Nominato poi Generale di Divisione e Comandante la Divisione Folgore nel 1970 – 1971 e poi Generale di Corpo d’Armata nel 1975. Fu Comandante della Scuola di Applicazione dal 1994 al 1997. Dalla trascrizione di un suo manoscritto, redatto qualche anno prima della sua morte, fu tratto ad opera dei figli un libro di memorie: “Ricordi d’Africa. La prigionia in India”. L’opera riporta i fatti relativi all’esperienza bellica in Africa Orientale e l’esperienza di detenzione, durata ben 5 anni nei campi di prigionia degli inglesi in India ed è una testimonianza commovente, ricca di considerazioni personali, da parte di un ufficiale che ha dedicato tutta la sua vita al servizio della patria.
Il 27/12/1975 fu insignito dell’Onorificenza di Grand’Ufficiale dell’Ordine Militare della Repubblica Italiana.

…ma io volevo andare in Aeronautica!!

… e invece son finito alla De Dominicis!
Già prima della sofferta fine delle scuole medie, avevo scoperto la mia passione per l’aeronautica e per questo, nonostante la dura iniziale opposizione dei genitori riuscii a farmi iscrivere all’ Istituto Tecnico per Periti Aeronautici di Pisa e a luglio del ’66 ne uscii con il “Diploma di Perito Capotecnico per le Costruzioni Aeronautiche” e pure con la “Menzione onorevole di Secondo Grado” consegnatami dal preside.
Da tempo frullava dentro di me una tremenda passione per tutto quello che si librava nell’aria, dalle farfalle agli aquiloni, agli aeromodelli, ai jet e quindi con entusiasmo spedii subito domanda di assunzione a tutte le possibili ditte del campo aeronautico…. Fiat Avio, Aeronautica Macchi, Siai Marchetti, Agusta elicotteri, ecc.. e financo alla Ferrari Automobili.
E, come per tanti giovani diplomati di allora, mi arrivò la doccia fredda… le ditte da poco erano state obbligate per legge a mantenere il posto di lavoro ai giovani assunti anche per la durata del loro periodo di leva, … motivo per il quale, tutte, in quegli anni, assumevano solo “militassolti”!
Avevo già fatto la “tre giorni” di visita al distretto militare di Firenze ed ero stato dichiarato “abile e arruolato” e, per strana ispirazione del tenente esaminatore finale, adatto per le “Trasmissioni”.
Ma dell’Esercito io non ne volevo sapere… io volevo, e dovevo, entrare in Aeronautica!
Venni a sapere di un concorso per un centinaio di posti per A.U.C. nel Genio Aeronautico; i vincitori avrebbero subito frequentato un corso di tre mesi alla Scuola di Guerra Aerea, sita nel Parco delle Cascine di Firenze… oplà.. a un passo da casa!
Il concorso era riservato a diplomati con titoli preferenziali per diploma di perito aeronautico, possesso di brevetto di pilotaggio, frequenza di corsi aeronautici, attestazione di aeromodellista, ecc.
Diploma.. l’avevo; Attestato… l’avevo.. infatti, nell’estate del quarto anno di istituto avevo partecipato a una “settimana di cultura aeronautica” di propaganda nelle scuole organizzata dall’Aeronautica Militare all’aeroporto di Gorizia; il corso prevedeva anche il pilotaggio di un velivolo da turismo e ne avevo ricevuto l’attestato!! … Aeromodellista… lo ero… con tanto di tessera FAI (Fédération Aéronatique International) e una bella lettera di presentazione del presidente GAE (Gruppo Aeromodellistico Empolese).
Boom… avevo tutte le carte in regola.. sembrava essere l’occasione della vita e mi affrettai perciò a fare la mia brava domanda allegando tutto quello che poteva servire ad alzare il mio punteggio.
Ero contento come una Pasqua quando mi arrivò la lettera di convocazione per la visita medica alla caserma dell’aeronautica di Piazza Novelli a Milano e, avendo già passato la selezione di Firenze, mi presentai estremamente fiducioso.
Di nuovo, mi fecero spogliare, mi pesarono, mi misurarono, mi ascoltarono il cuore, mi interrogarono per sapere il perché e il percome… e poi mi chiamarono alla visita oculistica.
Il colonnello medico mi fece togliere gli occhiali, cominciò il test, mi guardò dentro la retina, mi guardò e riguardò. Poi mi disse di rimettermi gli occhiali. Si mise alla scrivania, cominciò a scrivere e poi mi porse un foglio…. “Occhio destro con visus inferiore di un decimo a quello consentito. Risultato: Non idoneo!
Ma come?!? E’ vero, io portavo gli occhiali fin da piccolo per una leggera miopia ma la selezione era per il Genio Aeronautico… non dovevo mica fare il pilota!! Certo quelli dovevano essere perfetti!!
Mentalmente lo maledissi con tutte le mie forze ma non ci fu niente da fare. Il verdetto era stato pronunciato!
Tornai a casa con la coda fra le gambe e, con l’ultima speranza prima della disperazione, feci domanda come soldato semplice in aeronautica.
La “cartolina” arrivò a maggio del ’67: Presentarsi al C.A.R. della Caserma Giannettino a Trapani!!
Non me ne vorranno i commilitoni trapanesi ma, per me, posto più lontano da casa non ci poteva essere e poi giugno e luglio quell’anno a Trapani con temperatura costante sui 40°/42° e, ancor peggio, la carenza di acqua. In televisione, se parlavano del trapanese, facevano vedere gente che si faceva la barba con la gazzosa. L’acqua in caserma, razionata, veniva portata di notte con autocisterna.
Naturalmente quando facevamo esercitazioni ginniche, si facevano a torso nudo e quando eravamo sudati, “SCHIENA A TERRA, GAMBE IN ALTO!” poi “PANCIA A TERRA! 10 FLESSIONI!”
Ovviamente il campo sportivo dove si faceva questo non aveva un filo d’erba, ma una coltre di polvere finissima come il borotalco. Quando ci rialzavamo eravamo infarinati come pesci da friggere. E niente docce… e non parliamo dell’igiene di cucine e gabinetti!! Sicuramente per noi funzionò la famosa “puntura” protettiva. Un bel allenamento per la guerra d’Africa! Continua a leggere

L’ultimo leone della Folgore!

Il 6 Aprile 2023 si è spento a Galatina l’ultimo leone della Folgore, Antonio Ancora: il caporale del 185° Rgt Artiglieria Paracadutisti della Divisione Folgore; il 9 Aprile avrebbe compiuto 102 anni.   Anche l’ultimo Folgorino delle origini ci ha lasciato… ma resta il ricordo di quelle gesta e di quegli uomini, che furono sicuramente tra i migliori soldati mai espressi dalle forze armate italiane.
Non c’era solo la Folgore a El Alamein ma l’eccezionalità di alcuni reparti e la cassa di risonanza delle loro gesta hanno, di fatto messo un poco in ombra quelli che combatterono accanto a loro. Non dimenticheremo certo gli altri nostri soldati che si sacrificarono nella sabbia insanguinata del deserto egiziano: L’Ariete e la Trento, la Trieste, la Brescia, la Pavia, la Bologna, la Littorio, ecc.. e ben sappiamo che nessuno dei reparti citati fu messo in grado di combattere almeno quasi ad armi pari contro l’Ottava Armata britannica: mancavano mezzi, benzina, cannoni controcarro, aeroplani e perfino l’acqua. Il Mediterraneo, altro che “Mare Nostrum”… ci era stato progressivamente precluso dagli inglesi e con esso le nostre linee di vitale rifornimento verso l’Africa.

In breve, come si svolsero i fatti che coinvolsero infine anche la Folgore:
Alla fine di marzo del 1941, completato l’arrivo dell’Afrikakorps e riorganizzate le divisioni italiane, Rommel, nuovo capo del corpo d’armata, iniziò le operazioni in Cirenaica riconquistando una ad una tutte le città e le postazioni perse nell’anno precedente dagli italiani, Dopo un’avanzata travolgente, esauritasi la spinta offensiva, le forze italo-tedesche si erano arrestate, nel giugno del 1942, di fronte all’ultima, ma ben predisposta linea difensiva britannica, che correndo dalla vasta depressione di El Qattara al mare, costringeva la direttrice di marcia verso Alessandria in una strettoia di una sessantina di chilometri… l’ideale per arroccarsi dietro una distesa di campi minati. Rommel, a corto di energie ma seguendo la sua idea di battaglia dinamica, il 1°luglio attaccò in netta inferiorità materiale ma prima della fine del mese era già chiaro il fallimento del tentativo.
A fine luglio viene sbarcata a Derna, in Libia, anche la Folgore, composta da quasi 5000 uomini, che aveva però ricevuto un addestramento di mesi per la conquista, con aviolancio, di Malta (e magari si fosse perseguito quell’obbiettivo, anziché abbandonarlo!); questa lascia tutto il materiale di lancio e, ovviamente sprovvista di adeguati mezzi di trasporto, viene subito spedita come semplice fanteria a 750 km a presidiare il lato sud di El Qattara.

Rommel, benché avesse ricevuto inadeguati rinforzi, ci riprovò tra la fine di agosto e l’inizio di settembre, con quella che sarebbe stata chiamata la battaglia di Alam Halfa (o seconda di El Alamein); anche questo secondo tentativo fallì e fu subito chiaro che, a quel punto, alle esauste truppe italo-tedesche non rimaneva che attendere la sicura controffensiva nemica.
La campagna in Africa Settentrionale  era stata un continuo andirivieni, lungo la via Balbia, tra l’Egitto e la Tripolitania, a seconda del successo di uno o dell’altro contendente, fino alla grande battaglia dell’ottobre 1942: e questa volta non ci fu andirivieni, perché lo slancio inglese si fermò solo in Tunisia, mentre gli americani cominciavano ad affluire in Marocco.
Italiani e Tedeschi, che, aggiungendo altri campi minati a quelli inglesi avevano trasformato il deserto egiziano in una trappola che ancora oggi miete vittime (oltre mezzo milione di mine), attesero che l’Impero scaricasse su di loro il proprio enorme potenziale messo a disposizione del nuovo comandante dell’Ottava Armata, Generale Montgomery.
L’operazione “Lightfoot” iniziò alle 21,40 del 23 ottobre 1942, quando un migliaio di pezzi d’artiglieria di ogni calibro iniziò a tempestare le linee difensive dell’Asse… trincee, ridotte e tane di volpe, scavate nella sabbia. Questo martellamento servì a indebolire decisamente le capacità di resistenza dei difensori e il colpo risolutivo venne con la successiva operazione “Supercharge” in cui le inesauribili riserve di Montgomery lanciarono un attacco in massa.
Nelle prime ore del 2 novembre, 800 carri britannici (300 erano Sherman americani) mossero contro le nostre linee: dopo 24 ore dall’inizio dell’attacco il nostro comando ne poteva schierare in tutto 35. La battaglia era persa e Rommel la sera del 4 novembre ordinò la ritirata revocando il folle ordine di Hitler di resistere che aveva, di fatto, condannato interi reparti alla distruzione.


Tra tutti i difensori di El Alamein, che caparbiamente resistettero fino alla fine contro forze enormemente superiori, si distinse, senza dubbio, la Divisione Folgore.
A El Alamein, la Folgore ebbe il suo gloriosissimo battesimo del fuoco e, al contempo, fu distrutta, consumata in un’insensata resistenza, a colpi di contrassalti e di bombe molotov, contro i carri inglesi da trenta tonnellate. Fu incenerito così uno dei migliori reparti che si fossero visti nei due conflitti mondiali: eredi degli Arditi di Sdricca di Manzano, eccezionalmente addestrati e motivati. Aldilà della gloria e dell’esempio di amor patrio, quell’impegno si rivelò un terribile spreco della migliore gioventù italiana. Ne rimangono, a perenne memoria, il sacrario di Quota 33, voluto dal grande Caccia Dominioni, Colonnello del Genio Guastatori, e il severo deserto egiziano, che restituisce ancora oggi cimeli della battaglia e resti di caduti.
Ma, più ancora, rimane il nostro dovere di ricordare questo sacrificio eroico, soprattutto oggi, che ne è scomparso anche l’ultimo testimone diretto.
Cieli blu, Caporale Ancora!

1942 – l’ULTIMO COLPO della FOLGORE!

L’ARTIGLIERE PARACADUTISTA BRUNO DE CAMILLIS – LEONE DI EL ALAMEIN
Bruno De Camillis nasce in Eritrea nel 1919 dove il padre era governatore ad Asmara,rientrato ancora fanciullo in Italia si arruola nella nascente Divisione Folgore con il grado di tenente paracadutista, controcarrista, inquadrato nel 186° Rgt che fu operativo sulla linea di El Alamein.
PERCHE’ FU CHIAMATO “ULTIMO COLPO” Il soprannome se lo guadagnò durante l’operazione di ripiegamento dalla linea di El Alamein. Caduto il comandante della sua compagnia ne assunse il comando e con caparbia ostinazione, quella che fu di tutta l’eroica Divisione, trascinò con i suoi sottoposti, il pezzo anticarro e 3 granate. La mattina del 6 novembre, rimasto ormai solo essendo gli altri caduti e circondato dalle truppe nemiche, sparò questi ultimi colpi centrando un Breen-Carrier… e questi furono gli ultimi colpi della gloriosa Folgore.
Per questa azione, nella quale dimostrò una grande volontà combattiva e un elevato spirito di sacrificio, si guadagnò la seconda medaglia d’argento al valore militare.
ERA UN INGEGNERE DI ALTO PROFILO
Abitava a Savona ma era un personaggio piuttosto schivo e poco propenso a rivangare il passato (perfino i paracadutisti savonesi non sapevano di avere un concittadino di simile statura) ma nella vita civile era ingegnere e anche nella sua professione si è fatto onore. Infatti, dopo gli anni di prigionia, aveva progettato il porto nelle acque profonde di Mogadiscio e il porto atlantico di Mohammedia in Marocco. Per quest’ultimo lavoro venne insignito dell’onorificenza “Officier de l’Ordre Wissan Alaoulite” del Marocco, rilasciata personalmente da Re Hassan, attestante “l’impeccabile realizzazione” e ricevette nel 1986 il “Premio Grande Fiera di Milano” poiché la progettazione del Porto di Mohammedia rappresenta un “esemplare di realizzazione all’estero di una grande opera italiana“.
“CAPIVA” CHI SAREBBE MORTO L’INDOMANI
Marzio Breda sul Corriere della Sera riporta un’intervista fattagli il 1°marzo 2002 chiedendogli: “…che faccia ha un soldato che va a sfidare la bella morte? E’ vero che ha una strana luce dentro per cui si intuisce ciò che gli capiterà?” La risposta fu: “ Quelli che non ce l’avrebbero fatta li vedevi la sera prima… gli diventava il naso sottile e le orecchie di carta velina, trasparenti, diventavano agitati, febbrili…ma, per quanto incredibile, senza paura… e io avrò sempre impresso il volto dei miei compagni della sera prima che cadessero…”.
A Savona, Il 13 giugno del 2011 “Ultimo Colpo” Bruno De Camillis ci ha lasciati… e nell’adunata eterna della Folgore, li ha ritrovati.

Preso dal Gruppo Congedati Folgore: articolo e video di Fabio Camignani

Ancora un bentornato nei ranghi…

Bentornato nei ranghi Tenente Medico Luciano Cardelli
..benché sia nel frattempo diventato un importante direttore di una famosa Casa di Cura, il suo “spirito” aleggia ancora nella nostra De Do e nei ricordi di coloro che lo conobbero negli anni ’68/’70 e non solo di coloro che con lui collaborarono, come il bravo Enzo Canciani, ma anche di chi, per qualche motivo, gli è riconoscente… come ci racconta uno dei nostri “storici” Paolo Fanciullacci:
“Erano i tempi in cui imperversava Petrus l’Amarissimo (al secolo T.Col. Omero Petricci) che ai tempi non mostrava gran comprensione per noi giovani di leva. Fu lui che, per un fattaccio che vi racconterò in appendice, mi rifilò, urlando come un ossesso e sputando dappertutto veleno e saliva, ben 10 giorni di CPR *(vedi nota).
Ma in quella cella, in cui mi spediva, mancava pure il vetro al finestrino e faceva un freddo cane e in quel periodo, di notte, il termometro arrivava a -7°!! Passati alcuni giorni però, richiamato da una mia richiesta di marcar visita (suggeritami da uno smaliziato capoposto), ecco il provvidenziale intervento del nostro Tenente Medico… la cella viene dichiarata “inagibile”!! Io vengo ricoverato in infermeria e lì concludo la “condanna” al calduccio ed evitando pure di partecipare alle esercitazioni.
Grazie ancora Signor Tenente!!”

* C.P.R. = Camera di Punizione di Rigore. Si entrava in cella senza cinghia, senza lacci delle scarpe, con una sola coperta e accompagnati da una guardia con fucile e baionetta in canna. Si dormiva su un tavolaccio inclinato di una decina di gradi dalla testa ai piedi. Se ci si addormentava e si rigirava nel sonno, piano piano ci si ritrovava con i polpacci fuori del tavolaccio. E la punizione veniva anche condivisa dal Corpo di Guardia visto che gli toccava un servizio in più e un commilitone sarebbe dovuto rimanere 24 ore su 24, baionetta in canna, all’esterno della cella buscandosi ancor più freddo dell’internato. I giorni di CPR si scontavano poi a fine leva poiché rinviavano, dello stesso numero, il congedo.

Appendice: Ma cosa avevo combinato per meritarmi quella punizione? Ecco qua:
Eravamo stati scelti in tre per andare a Roma alla RAI in via Asiago per una trasmissione radiofonica per le Forze Armate. Era una trasmissione a quiz condotta dal famoso Silvio Gigli cui avrebbero partecipato tre marinai, tre avieri e tre soldati dell’esercito.
Eravamo stati alloggiati nell’antica caserma Macao, non lontano dalla stazione Termini e, dopo la partecipazione alla trasmissione, ci sarebbe rimasto un giorno libero prima di rientrare. E fu dopo la trasmissione che decisi… prendere subito il treno per Firenze, passare del tempo a casa (Empoli) e poi riprendere a Firenze il treno del rientro sul quale avrei ritrovato i commilitoni provenienti da Roma… detto e fatto… avvertii i miei compagni e via…
Ma acc… quella sera stessa alla Macao qualcuno si accorse di questa “fuga”. E così, da poco giunto a casa dei miei, arrivò una telefonata dal sergente, che ci accompagnava, con la quale mi sollecitava a ritornare immediatamente a Roma perché, nel caso avessi superato le 24 ore di “fuga” mi avrebbero considerato DISERTORE!! Arrivai appena in tempo alla Macao e trovai un pieno di carabinieri, di ufficiali con stellette che sembrava un firmamento e il comandante della caserma che lanciava oscure minacce. Dopo lo shampoo potemmo di corsa prendere il treno verso Treviso. La mattina seguente l’altoparlante della De Dominicis avvertiva che il trasmettitore Fanciullacci Paolo era atteso nell’ufficio del colonnello comandante…. E il resto lo sapete..

…e tra i ricordi di una vita..

A quei tempi si era stati tutti “nonni”… e sembrava di essere ormai “vecchi”!! Ma quanta acqua doveva passare sotto i ponti prima che diventassimo padri e poi nonni “veri”! Sicuramente in tanti si sono dati da fare per la propria famiglia, per i figli e nipoti, più che per sé stessi e certamente a molti è capitato di pensare che, altrettanto importante era trasmettere le proprie esperienze e, perché no, anche semplicemente i propri ricordi.
Certo, far sapere ai giovani come hanno vissuto i loro nonni e i nonni dei loro nonni è un modo di dar loro una prospettiva che nessuna scuola è in grado di dare… e non la vita di personaggi importanti, di cui sono pieni i libri di storia, o di quelli le cui ricorrenze vengono celebrate ogni anno. Ha un grande valore anche la vita di persone qualsiasi, anonime, che hanno attraversato gioie e dolori e affrontato problemi giorno per giorno. Per ognuna di queste è una storia diversa… milioni di storie uniche per le quali non basterebbero le biblioteche di tutto il mondo!! E con questo spirito che l’“ex-folgorino”, Nino Paddeu, marconista del 3°/63 e tosto sassarese, si è messo un giorno a scrivere, a raccontare… e ne è venuto fuori un libro!!
Paddeu - libro 1Mi è sempre piaciuta l’idea di far sapere un po’ ai giovani come si svolgeva la vita anni addietro e proprio in un momento in cui le cose cambiano tanto rapidamente. Forse fu per questo che alcuni anni fa cominciai, senza rendermene ben conto, a raccontare un po’ per volta ai figli, ancora piccoli, dei miei ricordi che, mi rendevo conto, andavano sempre più affievolendosi. Debbo dire che fortunatamente la natura mi ha dotato di un carattere abbastanza allegro che mi ha permesso tante volte nella vita di vedere i lati positivi e financo spiritosi delle situazioni anche più spiacevoli; e questo, che credo essere un fatto molto positivo, penso di essere riuscito a trasmetterlo ai miei primi ascoltatori. Ciò, mi è stato fatto notare, emerge anche dalle pagine del libro, che dai racconti ha preso forma e che, dal numero di copie vendute, risulta essere stato gradito anche ai successivi lettori. Nel libro ha trovato un piccolo spazio anche il periodo della leva militare che fu, come per molti della mia generazione, un periodo senz’altro importante della giovinezza…
Paddeu - libro 2

Successe a quel campo estivo a Travesio…

Giugno ’68, campo estivo a Travesio, manovre combinate di Divisione quindi anche con gli ex-parà del 183° Rgt. Nembo e poi con i carri dell’Ariete e anche con l’aviazione della NATO.
Il nostro gruppo di radiotelegrafisti si trovava alloggiato in una vecchia fornace e a dir la verità, fu per me era una vera pacchia. Servizio tranquillo, ottimi rapporti con il sergente (mi pare fosse di Asiago), libera uscita senza contrappelli e tanta sensazione di “borghesia” visto che anche in paese, per il via vai di soldati e ufficiali, non si badava tanto ai regolamenti.
Caldo pomeriggio di domenica… io e due commilitoni, tornando alla fornace, passiamo davanti a un bar dove, seduti ai tavolini esterni, se ne stava un gruppo di ufficiali in relax; un colonnello aveva financo un cane lupo accucciato accanto alla sua sedia…
Noi passiamo via senza alcun saluto regolamentare…. anche perché avremmo dovuto tener la mano al berretto per una ventina di metri… tipo parata e ben sapendo che a nessuno di quelli, ai quali sarebbe stato rivolto, sarebbe interessato; cosicché quando, poco dopo incrociammo un maresciallo di un altro reparto, che non conoscevamo affatto, anche lì, tirammo dritto senza salutare…
– Ehi! Voi! – lo sentimmo però chiamare.
– E vai.. ci siamo – pensai, e poi dissi ai miei amici – …lasciate fare a me.
Mi era venuta l’idea di provare ad applicare alla lettera gli insegnamenti del CAR di Trapani: presentarsi e rispondere, se interrogati, ad alta voce. Corsi allora verso di lui, mi fermai sull’attenti ai tre passi regolamentari e, con quanto fiato avevo in gola (come dovessero sentirmi a un chilometro di distanza), urlai:
– COMANDI SIGNOR MARESCIALLO!!!
A quel punto vidi il maresciallo, già imbarazzato, lanciare occhiate verso gli ufficiali che, sentito l’urlo, si erano tutti girati incuriositi verso di noi e pronti a godersi uno spettacolo.
A quel punto, il maresciallo, parlando piano mi disse:
– Come mai non mi avete salutato?
Io, sorprendendolo, urlai ancora più forte:
– NON L’AVEVAMO VISTA SIGNOR MARESCIALLO!!!
E lui, ancora più imbarazzato… ma ancora più piano per cercare di smorzare:
– Come no? Tu in particolare mi hai guardato negli occhi…
Ma io, sempre urlando:
– L’HO GUARDATA NEGLI OCCHI MA NON GLI HO GUARDATO SULLE SPALLE SIGNOR MARESCIALLO!!
Cominciarono a sentirsi un sottofondo di sghignazzamenti e risatine provenienti dal non lontano “firmamento di stellette”.
Il maresciallo, non sapendo come uscirne, tirò fuori un foglietto e una penna:
– Come ti chiami? –
E io, sempre urlando più che potevo:
-TRASMETTITORE FANCIULLACCI PAOLO, PRIMA COMPAGNIA, BATTAGLIONE TRASMISSIONI FOLGORE, TREVISO!!! COMANDI SIGNOR MARESCIALLO!!!
Il maresciallo, ormai paonazzo, scribacchiò qualcosa e poi mi disse:
– Vai! Puoi andare! Considerati punito!
– SIGNORSI’ SIGNOR MARESCIALLO!!!
Mi voltai di scatto, battei lo scarpone a terra e, con passo risoluto (ma strizzando l’occhio) mi avviai verso i commilitoni che mi aspettavano.
Avevamo fatto poi solo pochi passi quando mi sentii di nuovo chiamare… ma questa volta era il tenente Pallottini, quell’anima lunga, che era stato, anche lui tra gli altri sulla porta del bar, a godersi la scena.
Benchè mi sembrasse allegro, non avrei potuto immaginare la sua reazione… ed ecco che, ci fa entrare nel bar e, allargandosi in un bel sorrisone, mi stringe la mano, mi fa i complimenti per il perfetto comportamento e poi ci offre pure da bere!! …e questo anche perché, come venni poi a sapere, proprio quel maresciallo, un vero “fetuso”, stava sulle palle un po’ a tutti, ufficiali compresi.
E per quell’episodio divenni anche famoso a Travesio…. Una sera, mentre rientravamo al campo, in periferia del paese, sentii chiamare da un gruppetto di tre allegre ragazze:
– Buona sera Fanzullazzi!
– Ehi.. com’è che sapete come mi chiamo? – domandai.
– Ma se lo sa tutto il paese da come l’hai urlato al maresciallo!
E fu così che facemmo amicizia… ecc., ecc.
Ah.. a proposito della punizione… almeno questa, non arrivò mai!
E a proposito del Tenente Pallottini… era fatto così… un duro se serviva ma un commilitone se si poteva. E ho saputo che ha fatto da poco gli 80… Auguri al Generale… e a tutti i Folgorini!!

Paolo Fanciullacci, 2°/67 – Btg Trs Folgore, 1ª Compagnia, Marconista.  (…e “ragazzaccio” -n.d.r.)

Alessandro Tandura e la nascita di un mito

Se ne parlò in un altro articolo a proposito della nascita del paracadutismo in Italia, ma la vicenda, raccontata in prima persona dal primo paracadutista (e sabotatore) è veramente “umana” e stupefacente…impressionante immaginarsi in quei panni!!
Più di 100 anni fa avveniva il lancio del primo soldato paracadutato dietro le linee nemiche per una missione di raccolta informazioni e sabotaggio.
Quella notte tra l’8 e il 9 agosto 1918, infuriava un temporale, che fece smarrire la rotta all’equipaggio; Alessandro Tandura, seduto su di uno scomodo sedile ribaltabile, collocato di spalle all’equipaggio, con una fune legata sulla schiena a collegarlo al paracadute, situato in uno scomparto sotto la fusoliera, non può fare altro che attendere il momento nel quale il pilota tirerà una leva, aprendo una botola dalla quale egli cadrà nel vuoto: e solo allora potrà scoprire se il paracadute funzionerà… Giunti in prossimità di quella che credono essere la zona di lancio – in realtà hanno deviato di parecchio e stanno sorvolando le colline a San Martino di Colle Umberto – il Maggiore Barker raggiunge la quota prestabilita di 1500 metri e tira la leva, facendo precipitare Tandura nel buio. Le emozioni debbono essere infinite, come egli stesso più tardi racconterà:
Le orecchie sono straziate da un sibilo che mi devasta il cervello. L’incubo dei sogni orribili! Ma subito ho l’impressione di essere sollevato, di tornare in su. Alzo gli occhi e vedo il paracadute aperto. La pioggia mi sferza il viso. Oso guardare in basso e vedo strade e campi che riddano in un ‘altalena infernale. Mi smarrisco, perdo i sensi … È un attimo: ad un tratto, colpito fortemente al petto, mi trovo a terra, con le gambe all’aria. Lanciato nel vuoto da circa 1500 metri di altezza ero caduto in un vigneto, mentre infuriava il temporale”.

22 Ottobre… giorno da ricordare!

Il 22 Ottobre tutti Folgorini del Battaglione rivolgono un pensiero ed un caldo augurio a uno dei personaggi più stimati, benvoluti e ricordati della De Dominicis. In questo giorno è nato colui che oggi si trova ad essere il più anziano tra di noi e che ha vissuto gran parte delle trasformazioni della Divisione nel secolo scorso. Era entrato nell’allora Battaglione Collegamenti Folgore, di stanza a Conegliano è poi passato nel ’51 alla De Do, e ci è rimasto fino alla pensione. Il Maresciallo Luigi Forti, di Treviso, classe 1928 riceverà sempre da noi in questo giorno un caldo abbraccio e milioni di auguri!!

Una vita nelle Trasmissioni

In occasione della giornata mondiale delle telecomunicazioni e della società dell’informazione, è doveroso rivolgere un pensiero di ringraziamento a tutti coloro che si dedicano a questa importantissima attività per il genere umano. Ovviamente anche noi, nel nostro piccolo piccolo, del vecchio Battaglione Trasmissioni, ci sentiamo un po’ partecipi a questa realtà. Ma sappiamo anche che tra noi vi è stato chi nelle Trasmissioni ha trascorso, anche senza stellette, tutta la vita. Ce lo ricorda con le sue memorie l’ex-Sten Mauro Di Giannantonio:

La passione per il mondo delle trasmissioni me la passò mio fratello più grande. Frequentavo le medie nel 1957, quando in estate lui, che aveva frequentato il 3° anno Radiotecnici dell’ITIS di Chieti, cominciò a riparare qualche radio. Le valvole, già a livello visivo mi affascinarono subito; erano componenti attivi dei quali ancora non potevo capire la funzione, ma furono alla base della mia decisione di iscrivermi anch’io all’ITIS. Scelsi ovviamente il corso di Radiotecnica e mi diplomai Perito in Telecomunicazioni con un bel “otto” in Telefonia e Radiotecnica. Arrivò presto la “chiamata alle armi” per la quale, fatta domanda e superati gli esami fui ammesso con gran soddisfazione al Corso AUC nella Scuola Trasmissioni. Fu così che, a differenza di molti coetanei, anche il servizio militare mi permise di restare nella “mia materia” e anzi di ampliarne le conoscenze. Rientrato a casa, il caso volle che io vedessi un telegiornale in cui il Presidente del Consiglio Aldo Moro inaugurava il Centro Spaziale del Fucino; scattò l’idea e feci domanda di assunzione. La risposta non fu immediata ma, ancora fortunatamente, potei rimanere intanto nell’”ambiente” perché fui assunto come insegnante di Radiotecnica dal Centro di Formazione Professionale di Avezzano. E arrivò presto anche il telegramma di convocazione per la selezione di Telespazio. Anche questa prova fu superata brillantemente anche grazie all’esperienza acquisita come ex Ufficiale delle Trasmissioni che mi permise di trattare argomenti ben al di fuori dei programmi scolastici. Ed eccomi assunto come turnista (arco delle 24h e 7 giorni su 7) sugli impianti operativi della Telespazio.Solo chi ne aveva più capacità poteva, durante i turni, effettuare la manutenzione degli apparati ed io cominciai ad avere una predilezione per gli UP-Converter (70 MHz – 6 GHz) e per i Trasmettitori di Potenza a Klystron e TWT (travelling wave tube).
Fui nominato dapprima responsabile dell’Area Trasmittente e, in seguito, dell’intera Area Laboratorio Misure che comprendeva tutta la strumentazione del Centro Spaziale del Fucino.
(nella foto, una lezione sugli accoppiatori direzionali ai ragazzi del 5º anno dell’ITIS di Chieti).
Ricevetti l’incarico di scegliere il sito per la messa in funzione del Centro Spaziale di Scanzano in Sicilia, per cui feci numerose campagne di misure di interferenze presso varie cittadine come S.Giuseppe Jato, Ribera, Avola, Francavilla di Sicilia, Solarino, Noto e Pioppo arrivando però a scartarle per la presenza di interferenze in banda 3700-4200 Mhz non compatibili con il segnale da satellite.
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