IL MARESCIALLO

Il titolo nacque come grado militare onorario, maréchal, nella Francia dell’XI secolo, forse per derivazione dalla figura del maniscalco, come per il tedesco antico-francone “mahrskalk” ovvero addetto ai cavalli. Il maréchal era un dignitario della corte medievale che sovrintendeva alle scuderie del re ma divenne in seguito un membro fidato della corte. In tempi recenti il titolo venne dato a grandi Generali (Maresciallo d’Italia – Luigi Cadorna, Armando Diaz, Maresciallo dell’Aria Italo Balbo, Maresciallo dell’Impero, Maresciallo Tito, ecc.).
Dopo l’abolizione di questi titoli altisonanti, ben diversa rimane ai nostri tempi la figura del “Maresciallo” nell’Esercito Italiano. Esso esce umilmente dalla “Scuola Sottufficiali”​ la quale “realizza un percorso di formazione che risponde all’esigenza di creare dei profili professionali che assommano in sé sia competenze “umanistiche”, per una corretta gestione delle risorse umane, sia competenze tecniche, per l’ottimale utilizzo degli strumenti tecnologici che sono alla base dell’operatività del “soldato tecnologico” del terzo millennio. Il candidato ideale è un giovane motivato ad entrare nell’organizzazione militare perché interessato a costruirsi un percorso professionale gratificante in un’organizzazione di cui condivide i principi. E’ disponibile a spendersi con un notevole impegno, pur di raggiungere l’obiettivo“. (…però!!!)
00 gradi marescialloTutto ciò premesso, nel nostro piccolo possiamo invece affermare che non esiste militare di leva che non abbia tra i suoi vivi ricordi di naja quello almeno di un Maresciallo.
C’era quello burbero, quello pacioso, quello anziano, quello che ti aveva dato una mano per quella cosa, quello della fureria e quello della mensa, ecc. ecc. Nelle foto ricordo li trovi in mezzo ai soldati che si stringono intorno a loro come a dei fratelli maggiori se non addirittura come a dei padri. Bene, girando nel mare magnum di facebook, ci è capitato di leggere una sorta di “sfogo” di uno di queste importanti figure militari, che riportiamo di seguito con piacere:

“Ad ogni grado corrisponde un determinato ruolo, ad eccezione del Maresciallo.
Il Maresciallo è quella figura che lavora a prescindere se gli compete o meno.
Il Maresciallo è quella figura che dell anzianità ne fa un proprio e invidiabile titolo di studio.
Il Maresciallo è quella figura chiamata sempre a spegnere focolai dove l’inesperienza e la sapienza creano disagi e dissapori.
Il Maresciallo è una sorta di ancora di salvezza per ognuno che ne chiede consiglio, a lui basta una parola o una telefonata per risolvere tutto. Il Maresciallo sostituisce il superiore, ma il superiore non può sostituire il Maresciallo, il Maresciallo gestisce tutti i beni, ma tutti i beni non fanno un Maresciallo, il Maresciallo non sgrida i sottoposti, ma tutti possono sgridare il Maresciallo, si, perché il Maresciallo è stato abituato ad essere sgridato, gli altri no.
Essere Maresciallo è più complesso di quanto potrebbe intendersi, essere Maresciallo obbliga a comportarti sempre in un certo modo, non gli è concesso sbagliare, non gli è concesso fermarsi, non gli è più concessa voce in capitolo.
Però i doveri ad esso sono sempre attribuiti, lui vive di doveri, dopotutto il Maresciallo per gli altri ha sempre una buona parola, mentre a lui non è concessa neanche una pacca sulla spalla.
Il Maresciallo comunque ed in ogni caso, rimane quella figura che in sua assenza, ogni luogo diventa un inferno.
Ecco perché da giovanissimo ho scelto questo ruolo e non lo cambierei mai con nessun altro. Insomma in un momento in cui va di moda il pur legittimo salto di categoria, pur avendone ampiamente i titoli, non rinnego le mie scelte iniziali e senza il benché minimo tentennamento decido di morire orgogliosamente Maresciallo perché è questo che voglio per me”.00 701102 - M.lli con Gen Orofino mix

Grazie MARESCIALLI!!!

Un po’ di storia del Paracadutismo Militare Italiano

Il 29/12 scorso il buon Rivetti ci ha ricordato che in quel giorno, nel 1937: “Muore a Mogadiscio il tenente Alessandro Tandura a 44 anni. Durante la 1ª G.M. lanciandosi da un biplano Savoia-Pomilio nella notte del’8/8/1918 divenne il primo paracadutista al mondo in azione di guerra“.
E allora, ricordando che tanti, ufficiali e sottufficiali parà hanno prestato servizio anche nel nostro Battaglione, ripercorriamo i primi passi del paracadutismo militare in Italia, riassumendolo da vari siti e letteratura specialistica.
“Il paracadutismo militare italiano è nato durante la Grande Guerra. Era pionieristico e embrionale, ma già pieno di fascino. Nel 1918 tre giovani tenenti, Alessandro Tandura, Arrigo Barnaba e Ferruccio Nicoloso, vennero paracadutati dietro le linee austriache con il compito di capire i movimenti del nemico e riferire al Comando Italiano per mezzo di piccioni viaggiatori. Fecero il lancio (notturno!) senza aver ricevuto alcun addestramento, tranne il consiglio di tenere le gambe unite e di stringere i denti!! I paracadute erano Calthrop, soprannominati “Angel Guardians”. Tandura e Barnaba vennero decorati di M.O.V.M.; Nicoloso con l’ Ordine Militare di Savoia.
Agli inizi degli anni ’20 si cominciò a pensare a una vasta utilizzazione del paracadute. Fu il Tenente pilota Prospero Freri, durante il lungo periodo trascorso in ospedale per un incidente aereo in cui perse la vita il suo motorista, che studiò la possibilità di usare il paracadute paracadute 1come mezzo di salvataggio dei piloti; scrisse il libro: “Un ordigno di salvezza, Il paracadute” nel quale descriveva un dispositivo di apertura del paracadute con una calotta applicata sotto la fusoliera dell’aereo e, realizzatolo in collaborazione con Gennaro Maddaluno, lo chiamò “Aerodiscensore”; insieme poi effettuarono degli esperimenti all’Arsenale di Napoli con un aereo S.V.A. biposto. Ebbe, per quei tempi, successo tanto che già nel ’22 (8 ottobre) il Ministero della Guerra poté indire una “gara tra paracadutisti” all’aeroporto di Centocelle; obbiettivo: centrare un bersaglio con diametro di 150 mt lanciandosi da un’altezza di 300 mt. A questa competizione parteciparono i primi valenti paracadutisti e vinse Maddaluno guadagnando il premio di 3.000 lire. Studi ed esperimenti “presero il volo”.
– Nel 1923 Alfredo Ereno sperimentò il paracadute tedesco Heinecke, con un lancio a Bergamo, da 87 mt e a Napoli Alba Russo, la prima donna paracadutista italiana, si lanciò da 400 mt.
– Nel 1924 Freri e il tecnico polacco Furmanik idearono e costruirono un nuovo paracadute dorsale, abbastanza moderno nella sua concezione, denominato “Salvator”, di seta, 7,30 mt di diametro e con 24 funicelle di sospensione. Primo lancio sperimentale, da un aereo Aviatik, all’aeroporto di Taliedo, poi a Montecelio e a Centocelle perfettamente riusciti.
Il Ministero della Guerra decise allora di nominare una commissione per scegliere un paracadute di cui dotare i piloti; presidente il Col. Alessandro Guidoni coadiuvato dal T.Col. Giulio Gavotti, pioniere dell’aeronautica nella campagna di Libia del 1911/12. Fu scelto il paracadute Salvator. Continua a leggere