…ma io volevo andare in Aeronautica!!

… e invece son finito alla De Dominicis!
Già prima della sofferta fine delle scuole medie, avevo scoperto la mia passione per l’aeronautica e per questo, nonostante la dura iniziale opposizione dei genitori riuscii a farmi iscrivere all’ Istituto Tecnico per Periti Aeronautici di Pisa e a luglio del ’66 ne uscii con il “Diploma di Perito Capotecnico per le Costruzioni Aeronautiche” e pure con la “Menzione onorevole di Secondo Grado” consegnatami dal preside.
Da tempo frullava dentro di me una tremenda passione per tutto quello che si librava nell’aria, dalle farfalle agli aquiloni, agli aeromodelli, ai jet e quindi con entusiasmo spedii subito domanda di assunzione a tutte le possibili ditte del campo aeronautico…. Fiat Avio, Aeronautica Macchi, Siai Marchetti, Agusta elicotteri, ecc.. e financo alla Ferrari Automobili.
E, come per tanti giovani diplomati di allora, mi arrivò la doccia fredda… le ditte da poco erano state obbligate per legge a mantenere il posto di lavoro ai giovani assunti anche per la durata del loro periodo di leva, … motivo per il quale, tutte, in quegli anni, assumevano solo “militassolti”!
Avevo già fatto la “tre giorni” di visita al distretto militare di Firenze ed ero stato dichiarato “abile e arruolato” e, per strana ispirazione del tenente esaminatore finale, adatto per le “Trasmissioni”.
Ma dell’Esercito io non ne volevo sapere… io volevo, e dovevo, entrare in Aeronautica!
Venni a sapere di un concorso per un centinaio di posti per A.U.C. nel Genio Aeronautico; i vincitori avrebbero subito frequentato un corso di tre mesi alla Scuola di Guerra Aerea, sita nel Parco delle Cascine di Firenze… oplà.. a un passo da casa!
Il concorso era riservato a diplomati con titoli preferenziali per diploma di perito aeronautico, possesso di brevetto di pilotaggio, frequenza di corsi aeronautici, attestazione di aeromodellista, ecc.
Diploma.. l’avevo; Attestato… l’avevo.. infatti, nell’estate del quarto anno di istituto avevo partecipato a una “settimana di cultura aeronautica” di propaganda nelle scuole organizzata dall’Aeronautica Militare all’aeroporto di Gorizia; il corso prevedeva anche il pilotaggio di un velivolo da turismo e ne avevo ricevuto l’attestato!! … Aeromodellista… lo ero… con tanto di tessera FAI (Fédération Aéronatique International) e una bella lettera di presentazione del presidente GAE (Gruppo Aeromodellistico Empolese).
Boom… avevo tutte le carte in regola.. sembrava essere l’occasione della vita e mi affrettai perciò a fare la mia brava domanda allegando tutto quello che poteva servire ad alzare il mio punteggio.
Ero contento come una Pasqua quando mi arrivò la lettera di convocazione per la visita medica alla caserma dell’aeronautica di Piazza Novelli a Milano e, avendo già passato la selezione di Firenze, mi presentai estremamente fiducioso.
Di nuovo, mi fecero spogliare, mi pesarono, mi misurarono, mi ascoltarono il cuore, mi interrogarono per sapere il perché e il percome… e poi mi chiamarono alla visita oculistica.
Il colonnello medico mi fece togliere gli occhiali, cominciò il test, mi guardò dentro la retina, mi guardò e riguardò. Poi mi disse di rimettermi gli occhiali. Si mise alla scrivania, cominciò a scrivere e poi mi porse un foglio…. “Occhio destro con visus inferiore di un decimo a quello consentito. Risultato: Non idoneo!
Ma come?!? E’ vero, io portavo gli occhiali fin da piccolo per una leggera miopia ma la selezione era per il Genio Aeronautico… non dovevo mica fare il pilota!! Certo quelli dovevano essere perfetti!!
Mentalmente lo maledissi con tutte le mie forze ma non ci fu niente da fare. Il verdetto era stato pronunciato!
Tornai a casa con la coda fra le gambe e, con l’ultima speranza prima della disperazione, feci domanda come soldato semplice in aeronautica.
La “cartolina” arrivò a maggio del ’67: Presentarsi al C.A.R. della Caserma Giannettino a Trapani!!
Non me ne vorranno i commilitoni trapanesi ma, per me, posto più lontano da casa non ci poteva essere e poi giugno e luglio quell’anno a Trapani con temperatura costante sui 40°/42° e, ancor peggio, la carenza di acqua. In televisione, se parlavano del trapanese, facevano vedere gente che si faceva la barba con la gazzosa. L’acqua in caserma, razionata, veniva portata di notte con autocisterna.
Naturalmente quando facevamo esercitazioni ginniche, si facevano a torso nudo e quando eravamo sudati, “SCHIENA A TERRA, GAMBE IN ALTO!” poi “PANCIA A TERRA! 10 FLESSIONI!”
Ovviamente il campo sportivo dove si faceva questo non aveva un filo d’erba, ma una coltre di polvere finissima come il borotalco. Quando ci rialzavamo eravamo infarinati come pesci da friggere. E niente docce… e non parliamo dell’igiene di cucine e gabinetti!! Sicuramente per noi funzionò la famosa “puntura” protettiva. Un bel allenamento per la guerra d’Africa! Continua a leggere

Ancora un bentornato nei ranghi…

Bentornato nei ranghi Tenente Medico Luciano Cardelli
..benché sia nel frattempo diventato un importante direttore di una famosa Casa di Cura, il suo “spirito” aleggia ancora nella nostra De Do e nei ricordi di coloro che lo conobbero negli anni ’68/’70 e non solo di coloro che con lui collaborarono, come il bravo Enzo Canciani, ma anche di chi, per qualche motivo, gli è riconoscente… come ci racconta uno dei nostri “storici” Paolo Fanciullacci:
“Erano i tempi in cui imperversava Petrus l’Amarissimo (al secolo T.Col. Omero Petricci) che ai tempi non mostrava gran comprensione per noi giovani di leva. Fu lui che, per un fattaccio che vi racconterò in appendice, mi rifilò, urlando come un ossesso e sputando dappertutto veleno e saliva, ben 10 giorni di CPR *(vedi nota).
Ma in quella cella, in cui mi spediva, mancava pure il vetro al finestrino e faceva un freddo cane e in quel periodo, di notte, il termometro arrivava a -7°!! Passati alcuni giorni però, richiamato da una mia richiesta di marcar visita (suggeritami da uno smaliziato capoposto), ecco il provvidenziale intervento del nostro Tenente Medico… la cella viene dichiarata “inagibile”!! Io vengo ricoverato in infermeria e lì concludo la “condanna” al calduccio ed evitando pure di partecipare alle esercitazioni.
Grazie ancora Signor Tenente!!”

* C.P.R. = Camera di Punizione di Rigore. Si entrava in cella senza cinghia, senza lacci delle scarpe, con una sola coperta e accompagnati da una guardia con fucile e baionetta in canna. Si dormiva su un tavolaccio inclinato di una decina di gradi dalla testa ai piedi. Se ci si addormentava e si rigirava nel sonno, piano piano ci si ritrovava con i polpacci fuori del tavolaccio. E la punizione veniva anche condivisa dal Corpo di Guardia visto che gli toccava un servizio in più e un commilitone sarebbe dovuto rimanere 24 ore su 24, baionetta in canna, all’esterno della cella buscandosi ancor più freddo dell’internato. I giorni di CPR si scontavano poi a fine leva poiché rinviavano, dello stesso numero, il congedo.

Appendice: Ma cosa avevo combinato per meritarmi quella punizione? Ecco qua:
Eravamo stati scelti in tre per andare a Roma alla RAI in via Asiago per una trasmissione radiofonica per le Forze Armate. Era una trasmissione a quiz condotta dal famoso Silvio Gigli cui avrebbero partecipato tre marinai, tre avieri e tre soldati dell’esercito.
Eravamo stati alloggiati nell’antica caserma Macao, non lontano dalla stazione Termini e, dopo la partecipazione alla trasmissione, ci sarebbe rimasto un giorno libero prima di rientrare. E fu dopo la trasmissione che decisi… prendere subito il treno per Firenze, passare del tempo a casa (Empoli) e poi riprendere a Firenze il treno del rientro sul quale avrei ritrovato i commilitoni provenienti da Roma… detto e fatto… avvertii i miei compagni e via…
Ma acc… quella sera stessa alla Macao qualcuno si accorse di questa “fuga”. E così, da poco giunto a casa dei miei, arrivò una telefonata dal sergente, che ci accompagnava, con la quale mi sollecitava a ritornare immediatamente a Roma perché, nel caso avessi superato le 24 ore di “fuga” mi avrebbero considerato DISERTORE!! Arrivai appena in tempo alla Macao e trovai un pieno di carabinieri, di ufficiali con stellette che sembrava un firmamento e il comandante della caserma che lanciava oscure minacce. Dopo lo shampoo potemmo di corsa prendere il treno verso Treviso. La mattina seguente l’altoparlante della De Dominicis avvertiva che il trasmettitore Fanciullacci Paolo era atteso nell’ufficio del colonnello comandante…. E il resto lo sapete..

Successe a quel campo estivo a Travesio…

Giugno ’68, campo estivo a Travesio, manovre combinate di Divisione quindi anche con gli ex-parà del 183° Rgt. Nembo e poi con i carri dell’Ariete e anche con l’aviazione della NATO.
Il nostro gruppo di radiotelegrafisti si trovava alloggiato in una vecchia fornace e a dir la verità, fu per me era una vera pacchia. Servizio tranquillo, ottimi rapporti con il sergente (mi pare fosse di Asiago), libera uscita senza contrappelli e tanta sensazione di “borghesia” visto che anche in paese, per il via vai di soldati e ufficiali, non si badava tanto ai regolamenti.
Caldo pomeriggio di domenica… io e due commilitoni, tornando alla fornace, passiamo davanti a un bar dove, seduti ai tavolini esterni, se ne stava un gruppo di ufficiali in relax; un colonnello aveva financo un cane lupo accucciato accanto alla sua sedia…
Noi passiamo via senza alcun saluto regolamentare…. anche perché avremmo dovuto tener la mano al berretto per una ventina di metri… tipo parata e ben sapendo che a nessuno di quelli, ai quali sarebbe stato rivolto, sarebbe interessato; cosicché quando, poco dopo incrociammo un maresciallo di un altro reparto, che non conoscevamo affatto, anche lì, tirammo dritto senza salutare…
– Ehi! Voi! – lo sentimmo però chiamare.
– E vai.. ci siamo – pensai, e poi dissi ai miei amici – …lasciate fare a me.
Mi era venuta l’idea di provare ad applicare alla lettera gli insegnamenti del CAR di Trapani: presentarsi e rispondere, se interrogati, ad alta voce. Corsi allora verso di lui, mi fermai sull’attenti ai tre passi regolamentari e, con quanto fiato avevo in gola (come dovessero sentirmi a un chilometro di distanza), urlai:
– COMANDI SIGNOR MARESCIALLO!!!
A quel punto vidi il maresciallo, già imbarazzato, lanciare occhiate verso gli ufficiali che, sentito l’urlo, si erano tutti girati incuriositi verso di noi e pronti a godersi uno spettacolo.
A quel punto, il maresciallo, parlando piano mi disse:
– Come mai non mi avete salutato?
Io, sorprendendolo, urlai ancora più forte:
– NON L’AVEVAMO VISTA SIGNOR MARESCIALLO!!!
E lui, ancora più imbarazzato… ma ancora più piano per cercare di smorzare:
– Come no? Tu in particolare mi hai guardato negli occhi…
Ma io, sempre urlando:
– L’HO GUARDATA NEGLI OCCHI MA NON GLI HO GUARDATO SULLE SPALLE SIGNOR MARESCIALLO!!
Cominciarono a sentirsi un sottofondo di sghignazzamenti e risatine provenienti dal non lontano “firmamento di stellette”.
Il maresciallo, non sapendo come uscirne, tirò fuori un foglietto e una penna:
– Come ti chiami? –
E io, sempre urlando più che potevo:
-TRASMETTITORE FANCIULLACCI PAOLO, PRIMA COMPAGNIA, BATTAGLIONE TRASMISSIONI FOLGORE, TREVISO!!! COMANDI SIGNOR MARESCIALLO!!!
Il maresciallo, ormai paonazzo, scribacchiò qualcosa e poi mi disse:
– Vai! Puoi andare! Considerati punito!
– SIGNORSI’ SIGNOR MARESCIALLO!!!
Mi voltai di scatto, battei lo scarpone a terra e, con passo risoluto (ma strizzando l’occhio) mi avviai verso i commilitoni che mi aspettavano.
Avevamo fatto poi solo pochi passi quando mi sentii di nuovo chiamare… ma questa volta era il tenente Pallottini, quell’anima lunga, che era stato, anche lui tra gli altri sulla porta del bar, a godersi la scena.
Benchè mi sembrasse allegro, non avrei potuto immaginare la sua reazione… ed ecco che, ci fa entrare nel bar e, allargandosi in un bel sorrisone, mi stringe la mano, mi fa i complimenti per il perfetto comportamento e poi ci offre pure da bere!! …e questo anche perché, come venni poi a sapere, proprio quel maresciallo, un vero “fetuso”, stava sulle palle un po’ a tutti, ufficiali compresi.
E per quell’episodio divenni anche famoso a Travesio…. Una sera, mentre rientravamo al campo, in periferia del paese, sentii chiamare da un gruppetto di tre allegre ragazze:
– Buona sera Fanzullazzi!
– Ehi.. com’è che sapete come mi chiamo? – domandai.
– Ma se lo sa tutto il paese da come l’hai urlato al maresciallo!
E fu così che facemmo amicizia… ecc., ecc.
Ah.. a proposito della punizione… almeno questa, non arrivò mai!
E a proposito del Tenente Pallottini… era fatto così… un duro se serviva ma un commilitone se si poteva. E ho saputo che ha fatto da poco gli 80… Auguri al Generale… e a tutti i Folgorini!!

Paolo Fanciullacci, 2°/67 – Btg Trs Folgore, 1ª Compagnia, Marconista.  (…e “ragazzaccio” -n.d.r.)