Lo sfondo storico della “Villa Margherita”, presente in tanti folgorini ricordi

Villa Margherita è una delle numerose “Ville” che costellano il paesaggio veneto e che testimoniano il lungo periodo fiorente della Serenissima; è sita in frazione Sant’Artemio a poco più di 3 km dalla DeDo sulla strada verso nord per Conegliano e, come già ricordato in un precedente articolo, fu probabilmente costruita fra il 1775 e il 1783 dal conte Giuseppe Santonini di Venezia e qualche documentazione si trova nel sito dell’Istituto Regionale Ville Venete.
Il futuro proprietario, conte Girolamo Manfrin (Zara 1742 – Venezia ott.1801), venne ad abitare a Venezia nel 1787 nel palazzo Priuli-Venier, dopo averlo acquistato e fatto restaurare dal famoso architetto veneziano Giannantonio Selva. Il Manfrin, con l’aiuto iniziale di finanziatori bergamaschi, era divenuto il più celebre appaltatore di tabacco dello stato veneto con grandi proprietà in Dalmazia e, appassionato d’arte, negli anni avrebbe poi lentamente riunito un’eccezionale raccolta. Nel giro di pochi anni il palazzo si venne riempiendo di oggetti e opere di vario genere: vi erano esposti oltre 800 pezzi di storia naturale, circa 800 libri di arte, architettura, archeologia e scienze naturali, nonché una collezione di 450 dipinti e svariate sculture. Divenne uno dei più visitati musei veneziani fino alla fine del XIX secolo.
Il Manfrin finanziò anche alcune pubblicazioni di tema artistico e rimase uno dei pochi veneziani ancora interessati a investire nell’arte mentre nere nubi si addensavano all’orizzonte alla vigilia della fine della Serenissima.
Infatti la Rivoluzione Francese del luglio 1789, pur ancora in preda a sommosse ed epurazioni interne (si conteranno alla fine non meno di 500mila morti), spinta in guerra da una coalizione europea, nell’aprile del 1796 aveva inviato un’armata, comandata da un giovane generale Napoleone, ad invadere il Regno di Sardegna alleato dell’Austria. Le tante vittorie ottenute su tutti i fronti dal rinnovato esercito (inizialmente degli “straccioni”) aumentarono però le mire espansionistiche avviate dal nuovo governo francese. La scusa accampata di inseguimento dell’esercito austriaco in ritirata permise ai francesi di invadere anche lo stato veneto senza causarne la immediata reazione. La Serenissima, benché dichiaratasi neutrale si trovò schiacciata tra le due potenze e non seppe scegliere, tra minacce e blandizie, il proprio destino divenendo infine pura merce di scambio. La resa ai Francesi del 12 maggio 1797 pose fine alla millenaria Repubblica, al più fiero e rispettato degli antichi Stati italiani che per secoli era stato una delle maggiori potenze europee.
Con il trattato di Campoformio, del 17 ottobre 1797 firmato dal generale Bonaparte e dal conte Ludwig von Cobenzl, lo stato veneto fu “ceduto” all’Arciducato d’Austria in cambio del riconoscimento della nuova “Repubblica Cisalpina” (Lombardia ed Emilia Romagna). Dal 18 gennaio 1798 le truppe austriache di Francesco II d’Asburgo-Lorena ne occuparono il territorio, dopo che l’esercito francese ebbe depredato o distrutto tutto quello che poteva per non lasciarlo agli austriaci (sparirono circa 30.000 opere d’arte).
Di quell’anno, 1798, sotto la dominazione asburgica, è il primo documento ritrovato relativo alla nostraVilla” (allora “Palazzo con Barchessa, adiacenze e serra annessa in Villa di S. Artien”) ed è quello di vendita dello stesso dal conte Santonini al conte Girolamo Manfrin, che aveva probabilmente deciso di allontanarsi dalla città in cui stavano aumentando le critiche al suo comportamento imprenditoriale.
Quasi certamente il Manfrin dette mandato allo stesso architetto Giannantonio Selva, che aveva sistemato il suo palazzo a Venezia, che la ristrutturò inserendo anche quello che fu “uno dei primi giardini all’inglese d’Italia”.
Mentre ciò avveniva e mentre Napoleone si trovava in Egitto (gennaio 1799), il grosso esercito austro-russo di una seconda coalizione, guidato dal feldmaresciallo Suvorov, con una serie di offensive rigettava i francesi oltre le Alpi. Per poco però perché Napoleone, rientrato e fattosi nominare Primo Console, tornò in Italia e con la battaglia di Marengo del 14 giugno, obbligò gli austriaci ad abbandonare per la seconda volta l’Italia dopo la resa del 9 febbraio 1800. Le truppe francesi tornarono quindi a occupare lo stato veneto rimanendovi poi per 14 anni.
Nell’ottobre del 1801 il nostro Girolamo Manfrin, che nel frattempo era stato nominato marchese dal papa Pio VII, morì e fu sepolto nella chiesa di San Marziale. Tutte le sue proprietà passarono al figlio Pietro.
Nel 1804 Napoleone, date le numerose acquisizioni effettuate, si fece eleggere “Imperatore” e l’anno successivo, 17 marzo 1805, inventò il “Regno d’Italia” (comprendente Lombardia, Stato Veneto, Emilia Romagna e Marche) del quale si fece incoronare Re.
Ne cedette quasi subito la gestione al figlio Eugenio di Beauharnais come Viceré d’Italia, con residenza a Monza, e assegnò al Gen. Andrea Massena la carica di Comandante Supremo dell’Armata d’Italia. Questi, citato da Napoleone “figlio prediletto della vittoria”, fu insignito del titolo di “Duca di Rivoli” in seguito al suo comportamento nella omonima battaglia che aveva aperto le porte del nord-est alle fameliche truppe francesi.
Prima di ripartire per la nuova spedizione verso Roma, il Generale, ben conosciuto anche per la sua fama di razziatore e di avido depredatore, soggiornò anche a Treviso nella nostra “Villa Manfrin”.
Nell’ottobre 1809 lo stato veneto fu smantellato: Friuli, Istria e Dalmazia furono separate dal “Regno” per far parte delle ”Province Illiriche” dell’Impero francese con capoluogo la slovena Lubiana.A questa partizione si oppose, inutilmente, anche il Viceré Eugenio di Beauharnais, che era stato ospite anche di Villa Manfrin. E forse la sua posizione era stata sollecitata anche dal nostro Pietro Manfrin cui la divisione causava sicuramente gravi problemi per via delle sue proprietà in Dalmazia. La sua “Villa” di Sant’Artemio appare invece nella mappa napoleonica del 1810 con la situazione attuale del complesso e nel relativo “Sommarione” sono elencati nel dettaglio i manufatti esistenti.
Sul finire del 1811 l’impero francese aveva ormai raggiunto la sua massima espansione e la sera del 23 giugno 1812 l’avanguardia della colossale armata francese guadò il fiume Niemen, dando così inizio alla campagna di Russia. Quando, dopo la disastrosa ritirata, la rivolta di diversi alleati e solo alcune vittorie di contenimento, fu firmato l’armistizio il 4 giugno 1813, l’esercito francese era ormai allo stremo ma, nonostante ciò, Napoleone rifiutò una proposta di accordo. Alla ripresa delle ostilità, a Napoleone non riuscì la solita tattica di dividere le armate avversarie e la sconfitta subita nella battaglia di Lipsia del 19 ottobre 1813 (cui parteciparono 500mila soldati) segnò la fine della potenza francese. Dopo il rifiuto di un nuovo patteggiamento, le sconfitte subite anche in Spagna all’inizio del 1814 e l’inizio dell’invasione del territorio francese, il 6 aprile Napoleone abdicò consegnandosi nelle mani degli alleati e partendo subito dopo per l’esilio all’isola d’Elba.
Quel 6 aprile 1814 terminò anche l’esistenza del “Regno d’Italia” e delle “Province Illiriche”.
I francesi, durante gli anni di occupazione “esportarono” un numero enorme di manufatti e opere d’arte, di cui molto poche rese in seguito nel corso degli anni… e come fece il nostro Pietro Manfrin a salvaguardare il possesso della sua grande collezione, presente soprattutto nel palazzo veneziano, resterà un mistero.
Il congresso di Vienna del 9 giugno 1815 stabilì poi la nascita del “Regno Lombardo-Veneto” con le due capitali Milano, sotto cui passarono Bergamo e Brescia, e Venezia con il solo Veneto perché le ex-“Province Illiriche” furono ulteriormente suddivise in regni, contee, ecc.
Nel 1818, quando questa nuova situazione fu stabilizzata, l’Imperatore d’Austria e primo Re del Regno Lombardo-Veneto, Francesco Giuseppe I°, nel corso di un giro di visita al nuovo regno, soggiornò a Villa Manfrin.
E lo stesso fece alcuni anni dopo, nel 1825, l’Arciduca d’Austria e Viceré del Regno Lombardo-Veneto Ranieri Giuseppe d’Asburgo-Lorena.
Pietro Manfrin morì il 28 agosto 1833 e la proprietà della “Villa” passò al nipote Antonio Maria Plattis (figlio della sorella Giulia che aveva sposato il nobile padovano G.B. Plattis)
Vi fu una pausa nell’amministrazione austriaca della zona quando i patrioti veneziani insorsero nel marzo 1848 e, dopo il ritiro degli austriaci, proclamata la Repubblica, cui aderirono gran parte delle città venete; ma dopo solo un anno (23 agosto 1849), gli austriaci tornarono in forze e piegarono ogni resistenza.
La proprietà della nostra “Villa” rimase fino al 1853 al Plattis quando questi la cedette al commendatore Luigi Trezza, nobile cavaliere dell’Ordine Imperiale di Francesco Giuseppe I°.
Un successivo passaggio di proprietà si ebbe nel 1859, quando il complesso fu venduto al Sig. Davide Mandolfo Levi, la cui famiglia ne restò proprietaria per circa quarant’anni.
Alcuni anni dopo l’amministrazione asburgica cessò del tutto per gli esiti della Terza Guerra d’Indipendenza (20 giugno – 12 agosto 1866). Questa, combattuta dal Regno d’Italia contro l’Impero, era il fronte meridionale del conflitto austro-prussiano, mirante al tentativo comune di eliminare l’influenza dell’Austria sulle rispettive nazioni.
La Prussia attaccò l’Austria il 15 giugno 1866 e, come previsto dal trattato di alleanza dell’aprile 1866, l’Italia dichiarò guerra all’Austria. Inizialmente l’armata comandata da Alfonso La Marmora subì una sconfitta a Custoza ma il raggruppamento di Giuseppe Garibaldi avanzò vittoriosamente verso Trento, con l’obiettivo di puntare su Trieste, e l’armata del Gen. Enrico Cialdini occupò l’11 luglio Rovigo proseguendo poi con Bassano, Treviso, Palmanova e puntando su Gorizia. In quel frangente, il Gen. Cialdini, di fatto Comandante in capo dell’Esercito Italiano, stabilì il suo Quartier Generale a Villa Manfrin e lì fu raggiunto, il 24 luglio, anche dal Gen. Nino Bixio, Comandante della 7° Divisione.
L’11 agosto 1866 fu firmato a Villa Tomadoni di Cormons un armistizio e l’intervento diplomatico della Francia pose fine alla guerra; l’Austria cedette il Veneto, Mantova e parte del Friuli alla Francia (non riconosceva il Regno d’Italia) che furono girati all’Italia. Poi, col plebiscito del 21 ottobre 1866, il (solo) territorio veneto dell’antico “Stato” fu definitivamente annesso al Regno d’Italia.
Dopo trenta anni dall’avvenimento, in quel periodo di pace ancora denominato Belle Époque, nel 1896, il complesso di Sant’Artemio fu venduto a Cristiano Adolfo Lichtenberg, il quale dedicò la villa alla moglie Margaret Eleanor Bune, nobildonna inglese, e da allora, anche nei documenti ufficiali, apparve sempre col nome di “Villa Margherita“; e lo stesso appare in un ricchissimo album di foto realizzato nel 1912 dallo studio fotografico Fini di Treviso.
Nel 1915, allo scoppio della Grande Guerra i Lichtenberg cedettero la proprietà all’Ospedale Civile e Casa degli Esposti di Treviso.
L’andamento del conflitto rese però necessaria l’occupazione del complesso da parte dell’Esercitò che ne fece sede, dapprima, dell’Intendenza Generale dell’Esercito e poi, dopo Caporetto, di Alti Comandi fra i quali il Quartier Generale della XIV° Corpo d’Armata che operò nella zona del Montello.
Le durissime tre battaglie del Piave che portarono al disfacimento dell’esercito austro-ungarico ebbero, ovviamente, non soltanto un costo materiale di uomini e mezzi, ma una terribile conseguenza sulla vita civile delle popolazioni del Piave e sulle strutture urbane dei paesi compresi nel quadro del conflitto. Immensa, in egual misura, la perdita di complessi architettonici di tradizione millenaria (come l’abbazia di Nervesa e il castello di San Salvatore a Susegana), e di opere d’arte di altissimo pregio che vennero irrimediabilmente perdute.
La “nostra” Villa Margherita fu sfiorata dai tristi eventi ma ne uscì praticamente intatta nonostante i cannoneggiamenti che giunsero a colpire la città di Treviso.
Nel 1935 la proprietà fu restituita al Comune di Treviso. Nel corso degli eventi bellici della seconda guerra mondiale subì danneggiamenti e, seppur parzialmente restaurata dal Comune, rimase pressoché inutilizzata fino al 1948, quando cioè lo Stato decise di installarvi il Comando della Divisione Folgore.
Nel 1986, anno di scioglimento della Divisione, rimase come Distretto Militare e, fino al 2014, sede della Divisione Unità Mobili dei Carabinieri.
Oggi è chiusa al pubblico tranne che da maggio a luglio quando è possibile visitarla grazie ai Gruppi FAI Giovani del territorio. Il suo ampio parco è però pubblico, aperto a tutti, e sede di vari eventi estivi.

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Lo sfondo storico della “Villa Margherita”, presente in tanti folgorini ricordiultima modifica: 2020-06-10T22:49:17+02:00da trsfolgore1
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Un pensiero su “Lo sfondo storico della “Villa Margherita”, presente in tanti folgorini ricordi

  1. Sentiti complimenti a chi ha scritto in maniera assolutamente dotta, precisa, profonda questa descrizione della Villa e della storia che ha vissuto nel corso di questi due secoli è più. Alberto Faldini.

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