4 Novembre… quello che non si dimentica

Il 4 Novembre è la Giornata delle Forze Armate e per questo, in quel giorno del 1966, il nostro Battaglione era in festa e vari equipaggi di marconisti e pontisti con relativi apparati si trovavano alla caserma Cadorin per la manifestazione “caserme aperte” e mostrare alla popolazione le nostre capacità.
Ma quella è anche la data dell’inizio dell’alluvione in Veneto; una data che diede l’avvio a un periodo difficile da dimenticare e duro anche per i militari della nostra DeDo. Da qualche giorno, è vero, eravamo interessati da scrosci di pioggia consistenti ma al chiuso delle mura non ci si poteva certo rendere conto della situazione che nella regione si veniva a creare.
Io, Sergente di primo pelo, quel giorno ero di servizio come Sott.le d’Ispezione; Uff. di Giornata era il M.llo Di Grazia e il Comandante del Btg. era il Ten.Col. Mario Celentano.
Le prime avvisaglie… In mattinata ricevo l’ordine di portare uno dei G.E. da 10 Kw, montato su biga PE95, a Villa Margherita sistemandolo presso la cabina elettrica e pronto ad essere agevolmente collegato in caso di interruzione della rete del Comando di Divisione; verso le 14.00 il Comandante emette l’ordine di sospendere la libera uscita e di preparare una camerata per ospitare un Reparto del Btg Genio Folgore, che sarebbe presto arrivato e destinato a prestar soccorso nel territorio. Intanto il telefono con il Comando di Divisione era diventato bollente per le continue richieste di informazioni su materiali disponibili in caserma, dalle tende alle coperte ai mezzi, ecc… Nel pomeriggio vengo nuovamente spedito al Comando Divisione per montare un telecomando tra Sala Radio e Ufficio del Generale Oreste Viligiardi.
A quel punto eravamo già tutti fradici e ben allarmati (ma dei Genieri nessuna notizia) e in apprensione perché giungevano notizie della rotta del Tagliamento, del Piave, di allagamenti e strade interrotte…
Verso le 19.00, e si sa che a Novembre il buio scende presto, arriva in caserma, dopo mille peripezie, la colonna di camion del Genio con gommoni, pompe, ecc… I commilitoni mangiano un boccone di corsa e ripartono per la zona tra il Piave e il Livenza… La caserma resta in allarme tutta la notte con un susseguirsi di ordini e contrordini, mentre la pioggia non accenna a diminuire, e a notte fonda, come ricordato dal Ten. Spagnolo della 2ª Comp. nel suo racconto, anche i nostri camion ben caricati con apparati (ecco il ns. SCR 193 ma anche ponti radio, km e km di cavi, tende, cucine da campo, ecc.) partono per la zona di Latisana.
Per me vi era una preoccupazione in più per il fatto che il mio Comune di residenza, Predazzo (Tn) in Val di Fiemme, risultava nell’elenco delle zone alluvionate. Mi sorprese, nel frangente, l’arrivo di un dispaccio secondo il quale veniva concessa una licenza straordinaria a tutti, Ufficiali, Sott.li e Truppa, che fossero residenti in quelle zone elencate, cosicché, al mattino del giorno successivo partii per una licenza di 10gg. Mi ritrovai con i commilitoni quando, dopo circa un mese, furono tutti rientrati, stravolti dalla fatica.

da “”C’ero anch’io” di Luciano Marchi… (segue)

Chi non si ricorda Villa Margherita?

Alzi la mano chi non ha mai fatto guardie a Villa Margherita…

Villa Margherita wVilla Manfrin detta Margherita è ubicata nella frazione di Sant’Artemio, lungo la SS13, ora gestita dall’Istituto Regionale Ville Venete; è un edificio del secondo ‘700, progettato dall’architetto veneziano Giannantonio Selva (autore anche del Teatro La Fenice) per volontà dell’imprenditore Girolamo Manfrin. La denominazione “Margherita” è dovuta a Margherita Lichtenberg, nobildonna inglese che ne fu a lungo proprietaria. L’edificio si dispone su tre livelli, con una facciata sviluppata in lunghezza; lo stile è neoclassico, con il frontone centrale e i piccoli timpani che sovrastano le monofore del piano nobile e il portale, anch’esso al piano nobile, raggiungibile attraverso due scale a gomito, che lo collegano direttamente al giardino antistante, dov’è presente una fontana decorata da elementi scultorei.
Internamente, nelle sale più importanti, sono conservati degli stucchi.
Tra gli annessi della villa vi sono due barchesse che danno al complesso una disposizione a U, essendo perpendicolari alla facciata posteriore dell’abitato. Il grande giardino, ben curato e dotato di peschiera, è arricchito dalla presenza di numerose statue.
Fino al 1986 fu sede del Comando di Divisione della Folgore e poi del Distretto Militare e, fino al 2014, sede della Divisione Unità Mobili dei Carabinieri.
Oggi è chiusa al pubblico tranne che da maggio a luglio quando è possibile visitarla grazie ai Gruppi FAI Giovani del territorio. Il suo ampio parco è però pubblico, aperto a tutti, e sede di vari eventi estivi. Guardando le vecchie foto di Treviso si vede questo edificio, le carrozze, i cavalli, e rappresenta quindi una memoria storica della città.

villa margherita e militMa per noi giovani di allora, la mente da tutt’altra parte, la descrizione è ben diversa (da fb pubblici):

– dicembre ‘67- febbraio ‘68 passati alla de dominicis poi trasferito di stanza a Villa Margherita, sempre a TV. Caspita è passata una vita… ma li rimpiango.
– Noi facevamo servizi di guardia molto spesso al comando trasmissioni in una località chiamata villa margherita che a differenza di una caserma tradizionale non aveva mura di cinta ma una recinzione metallica all’interno di un parco dove transitavano diverse gnocche ….e spesso dedicavo loro “l’attenti a……..”.
– la “caserma” di cui non ricordi il nome era il distretto militare di Treviso, io ero del 2°/95 e lo facevamo pure noi il furgone blu ed ogni tanto feste degli ufficiali, poi c’era il centralino in disuso …. da cui chiamavi casa 😉
– 5 mesi a villa margherita niente coda per mangiare, permesso fino alle 23, la ronda di artiglieria ci fermava regolarmente ma restava fregata dato il permesso, se punito uscivi da villa margherita, licenze a rotazione senza passare dal comandante di compagnia! ‘na pacchia!
– A villa Margherita c’era un corpo di guardia non male, ben riscaldato e con tv a colori.

E poi un vivo ricordo: cominciava finalmente a schiarire dopo una notte gelida di guardia; aldilà del muro di cinta a nord si percepiscono delle voci; si drizzano le orecchie perché nel ’67, anche se non vi erano in giro grosse tensioni (ma c’era il Vietnam, la guerra dei sei giorni, la cortina di ferro, la Süd-Tiroler Freiheit, ecc.), non si mai…; ma poi… tranquilli… erano le donne del paese che si recavano di buon’ora a fare il bucato nel torrentello, pulitissimo, che scorreva a fianco della strada oltre il muro… poverette, al freddo e altro che lavatrice!! Un bel richiamo al sacrificio che ti faceva sentire fortunato.