I nostri simboli

Il nostro Battaglione Trasmissioni “Folgore” compare in buona e grande compagnia già nell’elenco dei “Corpi Disciolti” edito dall’Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito nel 1995. Alcune delle cose restano però è ancora “vive” e altri uomini in divisa ora le custodiscono nella Caserma De Dominicis… si tratta dei valori che una bandiera rappresenta.
Ai nostri tempi ben pochi militari ebbero occasione di vederla… come una reliquia chiusa in un mobile a vetrina, si trovava in un angolo dell’ufficio del Ten. Colonnello Comandante del Battaglione.
Quella bandiera era stata sui campi di battaglia all’inizio del 1945 portata dal 184° Battaglione Misto Genio comprendente la “Compagnia Collegamenti”. Questi facevano parte del Gruppo di Combattimento “FOLGORE”, unità dell’Esercito Cobelligerante Italiano, appena costituitasi anche con la partecipazione di componenti della gloriosa Divisione di El Alamein. Fu il 1° marzo 1945 che quella “Compagnia Collegamenti” raggiunse il fronte e partecipò ai combattimenti sulle posizioni delle valli del Senio e del Santerno in sostituzione di una G. U. Britannica. Terminato il conflitto, già il 15 ottobre 1945 quel “Gruppo” si trasformò in Divisione di Fanteria Leggera “FOLGORE” (per alcuni anni fu vietato all’Italia di avere truppe paracadutate) e la Compagnia suddetta in Battaglione Collegamenti “Folgore” e, per il valoroso comportamento in battaglia di quei nostri predecessori, la Bandiera del Battaglione fu decorata, con decreto del 24 luglio 1947, di Medaglia di Bronzo al Valor Militare.
Quell’eroico simbolo, rappresentante dunque il sacrificio di tanti valorosi giovani, fu ereditato dal nostro Battaglione Trasmissioni “Folgore” che seppe custodirlo con onore e poi integrato di altri insiti valori, consegnarlo al successore Battaglione Trasmissioni “Cansiglio”, supporto della Divisione Meccanizzata FOLGORE derivato nel 1976 dalla sua trasformazione.
Il motto riportato nel crest è: “Tenace, Infaticabile, Silente“.
Il nostro Battaglione Trasmissioni “Folgore” non ebbe nella sua breve esistenza (1958-1975), come tante delle altre storiche unità dell’Esercito Italiano descritte nel volume di cui sopra, un proprio stemma araldico. Non per caso però tutti i suoi riferimenti li troviamo riportati nello stemma del successore “Cansiglio” che fu creato per il decreto 7 settembre 1977… infatti sappiamo che il progetto fu dell’allora Aiutante Maggiore Aleardo Guerra che era giunto in forza al “Folgore” nel marzo del 1973! Eccone la rappresentazione:

Lo Scudo è diviso in 4 settori e sormontato da Corona Turrita. Il nastro azzurro annodato alla corona rappresenta la ricompensa al valor militare ricevuta nel 1947.
1° quarto – stemma di Tarquinia, città nella quale si costituì nel 1937 il primo reparto dal quale il battaglione trae le origini.
2° quarto – la “folgore” e il “silfio”, pianta estinta della Cirenaica, simboleggiano il legame storico fra il Battaglione e la Divisione “Folgore” nella quale la “Compagnia Collegamenti” era inquadrata e l’Africa Settentrionale ove operò nel secondo conflitto mondiale.
3° quarto – è il distintivo di partecipazione alla Guerra di Liberazione alla quale prese parte come “Compagnia Collegamenti” del 184° Battaglione Misto Genio.
4° quarto – stemma di Treviso, città nella quale il Battaglione ha preso sede nel 1951.
La Lista bifida dorata riporta il motto: “VIVIDA FOLGORE VIVIDO INGEGNO”.

Intervista a un parà del Battaglione Trasmissioni

Negli anni ’60, un buon numero di ufficiali e sottufficiale del Battaglione provenivano, oltre che dalle Scuole Trasmissioni, anche dal Corso Paracadutisti… come lui, la cui ferma durò quasi 6 anni. Giuseppe Spagnolo, nato a Messina il 15/05/1945:
• Diplomato perito elettrotecnico nel 1964 all’I.T.I. “Verona Trento” (nome derivante dalle città donatrici dopo il terremoto del 1908 – tra gli insegnanti il prof. Rappazzo, sfortunato inventore del cinema sonoro)
• Dal 20-10-1965 (per 5 mesi) Allievo AUC della Scuola Trasmissioni di Roma Cecchignola – 41° corso 2° Compagnia
• Dal 19-03-1966 (per 4 mesi), dopo concorso, alla Scuola di Paracadutismo di Pisa (1 mese) e poi come sergente alla caserma della Folgore di Livorno.

• Dal 12-07-1966 al Btg.Trs.Folgore di Treviso come S.Ten. della 2° Compagnia e poi Tenente dal 12-7-1968. Congedato il 17-01-1972.
• Attestati di incarichi e brevetti: brevetto paracadutista, addetto agli automezzi. addetto al vettovagliamento, istruttore scuola guida, istruttore corso trasmettitori.
In breve, nel periodo trascorso alla DeDo, 7/66-2/72, negli incompleti ricordi, si sono succeduti:
Scaglioni militari: 2° (congedanti) e 3° ’65, 1°2°3°/’66, 1°2°3°/’67, 1°2°3°/’68, 1°2°3°/’69, 1°2°3°/’70, 1°2°3°/’71 cioè 20 scaglioni per un totale di non meno di 2500 soldati con
Sottufficiali: M.lli: Bigini, Agnini, Forti, Mencarini, Impelluso, Lovatto, Garofalo, Noce; / S.M. poi M.llo: Fichera, Fantasia, Marchi, Gumina, Scarpa, Panzetta; / ACS: Sesta, Iavarone, Torreggiani / Serg AUC: Vallini, Santinelli, ecc.
S.Ten. Complemento (+/- nell’ordine e metà erano parà): – Mancini (40° corso AUC – DeDo 2/66-2/70 poi passato Ten. a Codroipo- congedato nel ’75 e morto nel’86), Cataldi, Giuliani, Dondi, Manerba, Donazzan, Presello, Baldini, Lorenzo, Moretti, Orio Mocellin, Cardelli (med.), Spelta, Parbuoni, Pascale, Varaldo, Zucchi
Tenenti Accad.: Caruso, Seccia, Epifani, Pallottini, Serrani.
Capitani: 2° Comp. Diasio, Seccia / Maggiorità De Meo /1° Comp. Frasca, Parentelli.
T.Col. Comandanti Btg: – Celentano fino al 12/66 – Petricci al 6/69 – Caringella al 8/71 – Donà
Generali di Div.: – Viglione 66/67, Mino 67/68, Giacobbi 68/69, Barbasetti 69/70, Orofino 70/71, Vaccaro.
Un evento che non si potrà dimenticare:
Nei nostri “nonni” era ancora fresca la memoria del disastro del Vajont del 9/10/1963 e dell’alluvione del Friuli (Latisana, Villa Santina, Codroipo) del 2/9/1965 quando…
Era la mezzanotte di un giorno di festa, 4 Novembre 1966, quando scattò quell’allarme per tutto l’esercito… Alla DeDo quasi tutti avevano subito pensato a una esercitazione e invece… in quasi due ore una ventina di camion furono caricati di materiale.. km e km di cavi, ponti radio, tende, cucine da campo, ecc. ecc. e pronti a partire e via…
Firenze, Grosseto, e, vicino a noi, il Triveneto erano colpite da alluvioni e già si contavano i morti.

In Friuli l’esondazione di tutti i fiumi (Adige, Brenta, Bacchiglione, Piave, Livenza. Tagliamento) aveva messo numerosi centri urbani sott’acqua con decine di km² di campagna sommersa, gravissimi danni ovunque, strade e ponti danneggiati.
Le nostre squadre di stenditori e guardafili della 2°Comp. furono destinate alla zona di Latisana per allestire velocemente le comunicazioni vitali e portare poi soccorso alla popolazione. Gli scaglioni 3° ’65 e 1° ’66 tennero un comportamento esemplare. L’operazione durò circa un mese durante il quale si dormì molto poco e in posti non certo comodi e il rancio… Al rientro eravamo sfiniti ma coscienti di portare con noi la riconoscenza di molta brava gente…
L’esercito era allora costituito da circa 400 mila uomini, mentre ne conta attualmente meno di 90 mila, e in molti casi ebbe a svolgere le funzioni di “protezione civile”.
Di quegli anni di vita intensa e continuo movimento si potrebbero raccontare un’infinità di episodi, fortunatamente, per lo più simpatici se non addirittura ridicoli… ma anche quelli più “pesanti” erano affrontati con il vigore dei vent’anni e sono poi impalliditi e spersi nelle vicende della lunga vita successiva.
Come non sorridere di quella volta… Una colonna di una decina di camion carichi di tutto il necessario per un lungo campo (materassi compresi) entra nella nuova caserma di Ialmicco e comincia a scaricare… siamo a buon punto quando arriva il Comandante della caserma infuriatissimo… sta per giungere il Generale… ricaricare perché il tutto deve essere portato da un’altra parte, ancora a fianco del muro di cinta ma dall’altra parte (intendendo “fuori”) …. Si ricarica di corsa e di corsa via… il carro in testa parte, esce, fa un lungo giro del muro, entra in una caserma e ricomincia a scaricare… ma era la stessa caserma da un altro ingresso!!!!!
E come non ricordare le tante conoscenze e amicizie strette nel periodo militare… certo alcune rare volte, si era costretti a mostrare i denti… fare i duri perché non tutti i soldati avevano ben compreso i comportamenti necessariamente imposti dal servizio militare.
Oggi, dopo tanti lavori e 33 anni di insegnamento, felicemente pensionato dal 2009 con moglie, due figlie, generi e tre nipotini è bello ripensare e condividere quei momenti e i tanti ricordi…

i nostri “nonni” ne hanno almeno 81…

Maggio 2020… ripensando a quel primo scaglione, III° ’58, che “indossò” per primo le mostrine e il nome di “Battaglione Trasmissioni Folgore“, il conto è presto fatto… se avevano appena compiuto i vent’anni, oggi ne hanno 81!!
E a noi piacerebbe ritrovarli ancora in salute tra di noi a raccontarci le loro esperienze. E quasi quasi le infaticabili ricerche del Grande Gianni ci hanno portato a quella iniziale soglia. Con grande apprensione e con animo in subbuglio per un crescendo di considerazioni, scorriamo intanto questo ritrovato elenco di giovani del I° ’59, ringraziando quel Giacomo Bologna che in esso vi compare.
In questo speciale elenco compare anche il ben noto giornalista Piero Ostellino (Venezia 9/10/1935 – Milano, 10/03/2018) che ha trascorso una vita intensa di impegni, anche internazionali, e attività e lasciandoci tanti scritti su cui meditare.
A quei tempi il servizio militare era di 18 mesi e la vita in caserma non disponeva certo di tante “comodità” di cui avrebbero poi usufruito i successori…
Sappiamo purtroppo che anche altri di quell’elenco ci hanno lasciato, e a tutti loro rivolgiamo un affettuoso pensiero R.I.P. … ma a tutti gli altri, seppur ancora oggi a noi sconosciuti, inviamo un fraterno abbraccio e tantissimi auguri.

E ricordiamo anche i comandanti di quel primo periodo… in quel 1959 Il Magg. Giuseppe Caneva subentrava al Cap. Giorgio Franceschino che aveva preso la carica dal Cap. Mario Bonanni, comandante della 183ª Compagnia Collegamenti. Infatti il Battaglione Collegamenti Folgore, costituito nel 1947, dal 1953 era stato ridotto a compagnia fino al 1° Novembre 1958 quando divenne il nostro Battaglione Trasmissioni Folgore.

erano gli anni della “guerra fredda”…

8 Maggio 1945… con la resa della Germania terminava la guerra “guerreggiata” in Europa ma ne iniziava un’altra di “manovra”… “indiretta” che più volte portò però il mondo sull’orlo di una guerra che sarebbe stata “atomica”.
Le tensioni che avevano portato allora i militari dei due blocchi, che si erano formati per via della “conferenza di Yalta”, erano iniziate nel 1947, poco dopo le fine della seconda guerra mondiale, con il blocco della città di Berlino da parte delle truppe sovietiche.
Proviamo a inquadrare storicamente il periodo del Battaglione Trasmissioni Folgore (Nov.1958 – Dic.1975) e vedere cosa succedeva nel mondo mentre i nostri baldi giovani, equipaggiati con materiale lasciato dagli anglo-americani, venivano addestrati per affrontare un eventuale, tremendo, conflitto.
Ebbene, sommariamente ricordiamo che prima di quel periodo era avvenuto: * nel 1949 si era costituita la NATO ed erano iniziati gli esperimenti atomici in URSS; * dal giugno 1950 al luglio 1953 si era combattuta la guerra di Corea; * carri armati sovietici avevano represso rivolte popolari a Berlino Est, 1953, e in Ungheria, 1956; * in Egitto, sempre nel 1956 sul Canale di Suez, avrebbero potuto scontrarsi truppe franco-inglesi con i russi che sostenevano Nasser. Gli eserciti in Europa:
Ordunque, nel 1958 è in atto il “Programma di allerta a terra dei bombardieri strategici armati di bombe nucleari“, quando:
• nel 1960 (maggio) un aereo spia americano Lockheed U-2 viene abbattuto nei cieli dell’URSS.
• nel 1961 viene avviato il “Programma di allerta in volo dei bombardieri strategici” mentre in aprile avviene l’invasione cubano-americana della baia dei Porci, in agosto inizia attorno a Berlino Ovest la costruzione del Muro e in ottobre si rischia lo scontro armato tra carri armati sovietici e statunitensi schierati al Checkpoint Charlie. Il Muro verrà abbattuto nel 1989 ma negli anni oltre 200mila berlinesi erano riusciti a emigrare e un migliaio erano invece morti nel tentativo,
• nel 1962 (ottobre) scoppia la crisi dei missili di Cuba. Mai così vicini alla guerra e in tutto il mondo si iniziò a costruire rifugi antiatomici.
• nel 1965 (marzo) parte la prima forza combattente americana in Vietnam del Sud.
• nel 1968 avviene l’invasione dei carri armati russi in Cecoslovacchia.
• nel 1975 finisce la guerra del Vietnam; gli americani avevano già iniziato da un anno la ritirata, dopo aver lasciato sul campo quasi 60.000 soldati, praticamente “nostri” coetanei.
Forse fu proprio la fine di quella guerra che determinò in quell’anno la prima riforma dell’Esercito Italiano… il “nostro” Battaglione cambia nome mentre la ferma viene ridotta a 12 mesi.
Certo la “guerra fredda” non era finita lì… infatti nel 1976, mentre in Friuli avveniva un terremoto, ecco l’intervento sovietico-cubano in Angola prima ed in Etiopia poi; nel 1979 l’invasione URSS dell’Afghanistan e quella americana nel 1983 dell’isola di Grenada; in tutto il mondo si erano accesi intanto focolai di guerriglia che, con forme diverse, arriveranno ai giorni nostri.
Nel 1986, con Gorbačëv e Reagan grandi protagonisti, si comincia a intravvederne la fine; la Divisione Folgore viene sciolta il 31 Ott. 1986.
Nel 1989 verrà abbattuto il Muro di Berlino e si può dire che la “guerra fredda” ebbe termine nel 1991 con lo scioglimento del Patto di Varsavia e quello subito successivo dell’Unione Sovietica.

Fatti e Misfatti in armeria alla DeDo

In armeria il M.llo Lovatto ha finito di dare istruzioni e mentre il CM Scapin prosegue la pulizia dell’MG42, gli altri seduti intorno al tavolo ricominciano a chiacchierare… il centralinista Castellazzi racconta: “Qualche giorno fa, ormai prossimi al congedo, il commilitone davanti a me al momento di riconsegnare il Garand M1 in dotazione era terrorizzato perché aveva perso (o forse qualcuno se l’era “fregato”) il mirino del fucile e temeva di andare incontro a grossi problemi. Arrivato il suo turno, consegna l’arma al sergente dell’armeria… Questo apre l’otturatore, guarda nella canna del fucile per vedere se è pulita… richiude l’otturatore, ripone il fucile e dice: “Avanti un altro!”. Non si era accorto della mancanza del mirino!!!! Il mio commilitone rimane talmente impietrito dalla sorpresa che ho dovuto spingerlo via….”.
Lo Sten Lillo però lo rassicura: “Certo che può capitare di perdere il mirino se si allenta la vite e in tal caso ti viene addebitato… proprio come è successo a me alla Scuola Trasmissioni, acc… 500 lire!”.
L’armiere Cordi allora ricorda: “Nel controllare il materiale ci siamo accorti che mancava una baionetta…..ho fatto rivoltare le camerate e la baionetta è stata ritrovata sotto il materasso di un congedante napoletano…. è stato consegnato fino al congedo e perché non l’abbiamo denunciato perché sarebbe finito ben peggio…. e speriamo che la figuraccia gli sia servita di lezione”.
A questo punto un “nonno” CM che, come il nonno dell’”Albero degli Zoccoli”, ne sa sempre una in più, racconta: “Ma voi non sapete di quella volta in una notte di fitta nebbia…” e qui l’altro CM Geraci, subito: “Ma si che lo sappiamo… c’è stato un furto in armeria. Son venuti i carabinieri a interrogare mezzo Battaglione e a ispezionare tutte le camerate e non solo…” e allora l’altro, risentito: “..ma non sapete i particolari… erano in tre e il “capo”, il bastardo, era stato militare aggregato alla DeDo qualche anno fa (per questo sapeva come muoversi). Hanno scavalcato il muro di cinta in fondo alla caserma in un punto particolarmente oscuro (era una notte d’inverno, con una nebbia fittissima) per arrivare all’armeria del 1° piano dove, con una cesoia, hanno tagliato il lucchetto; han preso anche le pistole e fucili di precisione pronte per le gare di tiro…” E qui interviene il marconista CM Stargiotti che a quelle gare avrebbe partecipato: ”… si andava per qualche giorno a Sacile”. “Proprio così… – riprende il “nonno”- ma ci dispiace perché alla fine ci è andato di mezzo il Colonnello, quella bravissima persona che…” e il pontiere Patriarca, per alleviare l’atmosfera fattasi pesante, aggiunge:”…e che ha una moglie splendida..”. “Già – riprende ancora il “nonno”- …ma sarebbe stato impossibile per chiunque parare un attacco improvviso, perfino vivendo in perenne attesa tipo “Deserto dei Tartari” …e comunque dopo circa un mese li hanno beccati… ‘sti fetenti… erano estremisti di sinistra, che adesso ne stanno combinando di tutti i colori..”. e lo Sten Gallina fa presente che: “La stampa, né locale né nazionale ha parlato del caso… solo radioscarpa. Comunque, ragazzi, dobbiamo stare all’erta perché questi che stiamo vivendo saranno poi definiti “anni di piombo” e ne avremo da raccontare!.

Dedicato a due Comandanti “speciali”

Accomunati da una tragica fine e dal grande rispetto dei propri soldati….

Enrico Mino (Mandello Lario, 10/04/1915 – Girifalco, 31/10/1977), uscito sottotenente nel 1936 dalla Regia Accademia, partecipò alla seconda guerra mondiale in Nord-Africa e venne fatto prigioniero in Tunisia nel 1943 (insieme agli ultimissimi sopravvissuti della gloriosa Folgore). Al ritorno dalla prigionia con il grado di maggiore entrò nello Stato Maggiore dell’Esercito e poi, come colonnello, nel comando NATO del Sud Europa; fu anche a Madrid come addetto militare dell’ambasciata italiana. Nel 1962 divenne generale di brigata e nel 1966 generale di divisione, al comando della Folgore, e con incarico di consigliere militare aggiunto presso la presidenza della Repubblica. Dopo la promozione a generale di C.d.A., fu nominato Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri. In quel ruolo, fu vittima di un “incidente aereo” mentre si recava in Calabria. L’elicottero precipitò sull’altopiano della Sila, nei pressi di Girifalco, e con lui morirono altri quattro militari. I “Folgorini”, soprattutto quelli che prestarono servizio a Villa Margherita, non potranno mai dimenticare. R.I.P.

Tra gli atti terroristici riconducibili al regime del colonnello Gheddafi, vi è l’attentato al DC10, della compagnia francese Uta, del 19 settembre 1989 in cui perirono 170 vittime tra le quali 10 cittadini italiani. L’aereo esplose mentre stava sorvolando il deserto del Ténéré sulla rotta Brazzaville-Parigi e fu provato il coinvolgimento del regime libico. Nel cimitero parigino di Père Lachaise c’è una stele che ricorda l’attentato con tutti i nomi delle vittime.
Su quel volo c’era anche il nostro stimato e amato Capitano Gioacchino Diasio di 51 anni.
La politica italiana ha probabilmente da tempo rimosso dalla memoria quell’evento, ma noi “Folgorini” non potremo dimenticare mai il nostro compianto capitano. R.I.P.

68 3° - 2° comp- De Biasio Mino

Questi due Ufficiali compaiono in diverse foto del 1968 con altri ufficiali (TCol. Omero Petricci, Cap. De Meo, Sten Pallottini, ecc.) ma soprattutto in mezzo ai loro soldati che, in ogni immagine, hanno volti sorridenti e paiono stringerli in un grande abbraccio… resterà ad essi per sempre l’orgoglio di averli conosciuti e aver condiviso momenti della vita con queste due “speciali” persone.

 

El Alamein, il sacrificio della meglio gioventù

In tanti libri si può oggi ritrovare la storia dell’originaria Divisione Folgore e di quella epica battaglia che la vide protagonista e vittima sacrificale. Ma un libro scritto da un grande personaggio che non vi apparteneva ma che con essa condivise i momenti più tragici, sembra dare una visione più complessiva dell’evento e, con grande umanità, descriverne gli eventi : “Alamein 1933-1962” di Paolo Caccia Dominioni – Vincitore premio Bancarella 1963 con motivazione certamente condivisibile: “Il libro che, meglio di ogni altro, ha raccontato la battaglia simbolo della guerra sul fronte d’Africa”.
L’autore, era comandante del XXXI° Battaglione Guastatori del Genio Alpino quando fu aggregato alla Divisione Folgore durante la battaglia di El Alamein.
Il destino di Paolo Caccia Dominioni, soldato e ingegnere, umanista, esploratore e scrittore, è indissolubilmente legato al nome di quel luogo perso nelle sabbie del deserto africano. Il suo primo viaggio colà, come esploratore, nel 1933; poi vi ritorna con il Battaglione Guastatori per la epocale battaglia, e poi ancora dal 1948 al 1962 per la lunga ricerca, paziente e pericolosa (oltre un milione di mine, dei sei milioni e mezzo, non erano ancora state dissotterrate) dei corpi grazie alla quale più di cinquemila soldati italiani caduti troveranno l’ultima casa nel Sacrario da lui progettato e costruito.
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Paolo Caccia Dominioni, Nerviano 1896 – Roma 1992, il 24 maggio 1915, allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, ancora studente di ingegneria, si arruola nei “bersaglieri ciclisti” ma, dopo cinque mesi, entra nella Accademia Militare del Genio e partecipa poi, come tenente, ai combattimenti sull’Isonzo dove si guadagna il primo riconoscimento, Medaglia di Bronzo al V.M. Nel 1924, tornato civile e laureatosi in ingegneria, apre uno studio al Cairo, progettando importanti edifici in tutto il Medio Oriente. Richiamato in servizio, partecipa nel 1935 alle operazioni in Etiopia guadagnandosi un’altra decorazione.
Agli inizi del 1940, mentre stava dirigendo i lavori per la costruzione dell’Ambasciata d’Italia ad Ankara, venne richiamato in servizio per la quarta volta e assegnato al Servizio Informazioni Militare. Insoddisfatto di questa collocazione di retrovia, ottiene il trasferimento al Genio Guastatori Alpino destinato all’impiego in Russia; nel luglio 1942 gli viene invece affidato il comando del 31º Battaglione Guastatori in partenza per la campagna del Nord Africa.
Né la Folgore né i Guastatori cedettero terreno al nemico ma, quando giunse l’ordine di ritirata, si ritrovarono accerchiati. Riuscì a forzare il blocco con metà del suo battaglione e di altri reparti unitisi; raggiunge Marsa Matruh e contribuisce a bloccare temporaneamente l’Ottava Armata. Il suo battaglione fu l’unico reparto organico superstite del X° C.dA.; per questo, viene decorato con Medaglia d’Argento al V.M.
Rimpatriato, nel maggio 1943 promuove la ricostituzione del suo Battaglione, Genio Guastatori Alpini, ad Asiago e ne assunse il comando fino all’8 settembre 1943. Sfugge alla cattura tedesca e decide di darsi alla macchia entrando a far parte della brigata partigiana Garibaldi. Fu arrestato e subì duri trattamenti ma poi fortunosamente scarcerato per un cavillo il 15 febbraio 1945. Le sue capacità militari lo portarono alla carica di Capo di Stato Maggiore del C.V.L. e alla fine della guerra ricevette la Medaglia di Bronzo al V.M.
Dopo la fine della guerra riprese ben presto la sua attività nello studio di ingegneria del Cairo, e nel 1948 ottenne l’incarico dal governo italiano di risistemazione del cimitero di guerra… con un solo sergente come collaboratore!
La missione durò quattordici anni, spesi in gran parte nel deserto con molta abnegazione, alla ricerca ed esumazione delle salme dei caduti di ogni nazione sparse nel vasto campo di battaglia (con estesi campi minati ancora efficienti che, negli anni di ricerca, provocarono la morte di sette collaboratori indigeni), e culminò con la costruzione del sacrario italiano da lui progettato.
Paolo Caccia Dominioni, che parlava correntemente tedesco, francese, inglese, arabo, continuò la sua attività di progettista e scrittore anche in tarda età fino alla morte, sopraggiunta all’ospedale militare del Celio all’età di 96 anni nel 1992. Nel 2002, in occasione del 60º anniversario della battaglia di El Alamein, il Presidente della Repubblica ha concesso al tenente colonnello Paolo Caccia Dominioni di Sillavengo un ultimo riconoscimento, la Medaglia d’Oro al Merito dell’Esercito “alla memoria”.

Un cinegiornale propagandistico d’epoca dell’Istituto Luce mostra il 31º Guastatori in azione, con effetto assai realistico, e vi appare anche il Maggiore Caccia Dominioni dare istruzioni ai suoi uomini con in testa il suo amatissimo cappello alpino.

…e quante manovre!

Assunta dal 15 ottobre 1945 la denominazione di Divisione leggera di fanteria “Folgore”, è stata una Grande Unità dell’E.I. e ha costituito per un quarantennio una delle colonne delle unità operative del 5º Corpo d’Armata, la più sostanziosa delle strutture poste a difesa della frontiera nord orientale dell’Alleanza Atlantica...
Ma, per poter essere efficienti, le esercitazioni sul campo, le “manovre”, negli anni ’60 erano all’ordine del giorno.passi manovrebuoni prelievo manovre
E, tra una e l’altra, a far manutenzione agli apparati e ripulire i cavi infangati. Certo per i più era decisamente meglio essere sul territorio anche con neve o caldo afoso piuttosto che restare in caserma addetti ai servizi, come p.es. la guardia di notte ai muri perimetrali.
Sandro Grossetti in uno scritto su Fb, ne ricorda alcune del suo periodo (1970):
19 – 26 Agosto aggregato alla caserma Gradisca d’Isonzo (GO) per collegamento con Squadrone Cavalleggeri di Saluzzo in manovra ad Amaro (UD). Qui il mio primo collegamento in telegrafia. La caserma è stata per un periodo CIE ora CARA, purtroppo.
30 Sett.- 7 Ott. Gradisca d’Isonzo (GO) – aggregato alla caserma del 33° Artiglieria
per la manovra che si è svolta ad Avisopoli presso Portogruaro (VE) e Manzinello (UD),
19 – 23 Ottobre Santa Maria la Longa (UD) – Manovra NATO “Black Wedow”,
Rientrato al battaglione il 23, il giorno successivo 24 si ripartirà
E posta l’immagine:

“L’autoradio con cui sono
uscito molte volte,
lo shelter degli anni ’70
“.

della quale riportiamo alcuni interessanti commenti:

Lillo Alessio: – STANAG 4411, il famoso porcellino OM CL.
Sandro Grossetti: – STANAG abbreviazione NATO di Standardization Agreement, pensavo si riferisse solo alle armi.
Gianni Cortinovis: – 4411 era lo Stanag del BTG TRS nel ‘68 tutti gli automezzi lo avevano.
Francesco Maino: – 4411 anche nel 74/76.
Pasquale Grotta: – Ciao Sandro, non ci conosciamo perché alla DeDo sono stato in officina da luglio ’73 a luglio ’74; la cosa che mi ha colpito nella foto è quel fregio “4411 con stemma Folgore” sull’OM alle tue spalle perché di quelli ne avevo dovuto allora ripristinare tanti.