22 Ottobre… giorno da ricordare!

Il 22 Ottobre tutti Folgorini del Battaglione rivolgono un pensiero ed un caldo augurio a uno dei personaggi più stimati, benvoluti e ricordati della De Dominicis. In questo giorno è nato colui che oggi si trova ad essere il più anziano tra di noi e che ha vissuto gran parte delle trasformazioni della Divisione nel secolo scorso. Era entrato nell’allora Battaglione Collegamenti Folgore, di stanza a Conegliano è poi passato nel ’51 alla De Do, e ci è rimasto fino alla pensione. Il Maresciallo Luigi Forti, di Treviso, classe 1928 riceverà sempre da noi in questo giorno un caldo abbraccio e milioni di auguri!!

LA FESTA DELL’ARMA DELLE TRASMISSIONI

20 giugnoL’Arma delle Trasmissioni celebra la ricorrenza del 104° anniversario della seconda battaglia del Piave, più nota come la battaglia del Solstizio (13-24 Giugno 1918), che fece da preludio alla vittoria finale dell’Italia nel Primo conflitto mondiale. In quel lontano giugno, i trasmettitori si batterono con coraggio, eroismo e senso dell’onore fianco a fianco degli altri Corpi dell’Esercito Italiano, dimostrando senza esitazione e anche nel momento estremo, tutta la loro umanità e la loro grandezza in nome di quei valori nei quali la Forza Armata si identifica, oggi come ieri. Allora i “trasmettitori” rappresentavano la specialità “Collegamenti” dell’Arma del Genio, e ricoprivano principalmente incarichi da telefonisti, marconisti e radiotelegrafisti e si calcola che in quel periodo bellico essi stesero 100.000 chilometri di linee telefoniche e installarono 1100 stazioni telegrafiche, telefoniche, ottiche e radiotelegrafiche. Nel 1953 il cambio di denominazione da “Genio Collegamenti” in “Trasmissioni” e la nascita ufficiale dell’Arma avvenne con Decreto del Presidente della Repubblica, il 1° gennaio 1998.
Nei decenni seguenti, in uno scenario caratterizzato da una continua e rapidissima evoluzione tecnologica, il personale delle Trasmissioni ha preso parte a tutte le operazioni condotte dall’Esercito, sia in Patria sia fuori dal territorio nazionale. Tale determinante impegno è stato premiato con la concessione della Medaglia d’Argento al Valore dell’Esercito, di cui ora si fregia la Bandiera di Guerra dell’Arma delle Trasmissioni.
Oggi i Reggimenti e i Reparti delle Trasmissioni continuano a garantire il successo delle missioni affidate all’Esercito Italiano: dal supporto CIS, allo sviluppo di nuove tecnologie in ambito Cyber Space…

La famosa “puntura nel petto”…

Scagli la prima pietra chi di noi non ha recentemente parlato di vaccinazioni… e allora perché non sbirciare sui social cosa si dice della famosa nostra “puntura nel petto” che, quasi, tutti noi abbiamo “coraggiosamente”, volenti o nolenti, affrontato …e lì si trovano discussioni e, come sempre, con pareri e conclusioni completamente divergenti.

Un commilitone scrive: “Mi chiedo ancora oggi cosa c’era nell’iniezione che ci veniva fatta da militari di leva e che teneva lontani per anni malanni e malattie… era forse l’ingrediente segreto della pozione magica di Asterix? Non l’ho mai saputo ma probabilmente era una specie di mix di nitroglicerina e peperoncino, con l’aggiunta di un pizzico di zolfo e acido solforico…”
Un altro risponde: “Era un cocktail di vaccini e altro per preservare i militari da malattie contagiose e conseguenze di incidenti durante il periodo di leva ma non impediva che alcuni “marcassero visita” ogni giorno. Era molto temuto dai giovani, alcuni dei quali cadevano come pere cotte, al momento dell’inoculazione; altri sviluppavano temperature anche molto alte (41°C) per qualche giorno.
Un parà aggiunge: “Da noi, nell’85 a Pisa, dopo 2–3 ore ne aveva stroncati un sacco! A me fece effetto il giorno dopo e rimasi scassato per 2 giorni a letto con febbre fissa a 40,5!! Devo dire però che per 5 anni non ebbi neanche un raffreddore…”
Un altro, categorico: “..è una leggenda metropolitana… i batteri del tetano e tifo non hanno niente a che vedere con i virus del raffreddore. Il fatto è che i militari di leva avevano vent’anni!!”
Tra di noi vi era anche un laureato in farmacologia che finalmente spiega: “Studiato, prodotto e infine distribuito dall’Istituto Chimico-Farmaceutico Militare di Firenze si chiamava TABTe (minuscola finale). Il composto, di color marrone scuro, conteneva un vaccino tetravalente per proteggere da Tifo, Paratifo A e B, e Tetano. Niente di più e niente di meno. In caserma ero operativo nell’infermeria e in undici mesi abbiamo somministrato circa 8000 fiale di TABTe alle reclute. Il ciclo prevedeva la prima somministrazione nel primo mese di CAR, la seconda entro 30 giorni e la terza (ma tanti non la fecero) entro un anno dalla prima”.
(N.B.: Il tetano non è contagioso e l’infezione da parte del batterio avviene per contaminazione di tagli o ferite; il primo vaccino fu messo a punto nel 1890. Il vaccino contro il batterio del tifo (salmonella) risale invece al 1896. L’infezione, che causa principalmente problemi intestinali e oggi si cura con antibiotici, è nella maggior parte dei casi legata alla mancanza di igiene).
Un altro aggiunge: “..anche a me hanno fatto questa puntura e “pintura” al CAR; la tintura disinfettante stava dentro un barattolo di pomodoro e con una pennellessa da imbianchino ti struffavano sul petto dopo aver fatto il vaccino con un ago da 10 cm!! Quello era il nostro antivirus ma poi si diceva che dentro la minestra mettessero un “qualche cosa per placarci i bollori”…
E sullo “scottante” argomento, uno conferma: “Si chiamava “bromuro” e, avendo fatto il caporale in NCC (nucleo controllo cucine), so che lo mettevano nel latte la mattina e nel sugo della pasta.”
Ma un altro però, perentorio: “Ho fatto l’ufficiale medico e sono sicuro di poterlo escludere..” Continua a leggere

Anche un parà può scrivere al Presidente…

Un sergente maggiore della Folgore scrive a Mattarella:”..l’obbedienza militare leale e consapevole è una virtù, quella cieca e assoluta può considerarsi un difetto”.
E’ questo un particolarissimo, anzi unico periodo storico della nostra Nazione in cui i comportamenti, gli spostamenti e il lavoro dei cittadini vengono condizionati da un “lasciapassare”. Mentre prosegue la tempesta quotidiana sui dati relativi all’epidemia (che sembra miracolosamente non riguardare i nostri militari) e taciute invece le possibilità di cura, mentre si continua ad applicare un protocollo ormai riconosciuto come errato e dannoso, mentre viene reso praticamente obbligatorio un tipo di “vaccino” sperimentale, un sergente della Folgore (che probabilmente del malumore si fa portavoce) prende la penna e scrive al Presidente.
Vanno lette con attenzione le parole che il sergente maggiore Ciro Scognamiglio, del 187° Reggimento Paracadutisti Folgore, rivolge a Mattarella. Sospeso dalla retribuzione per gli effetti del decreto legge 26 novembre 2021 n.172, il sottufficiale ricorda che “anche ai militari viene riconosciuto il diritto della libertà di manifestare il proprio pensiero… e che togliere lo stipendio a chi non ha altre risorse è come uccidere, ma per fortuna non si è ancora arrivati a sopprimere la coscienza intellettuale e lo stato di diritto, principi fondamentali della Costituzione italiana”.
E qui di seguito un breve riassunto della lunghissima lettera che può essere vista integralmente a questo link.
“Occorre avere l’onestà intellettuale, ancor prima del coraggio, di dirlo apertamente e senza timori: il lasciapassare verde o passaporto vaccinale che dir si voglia è una infame pratica ritorsiva. Si tratta a tutti gli effetti di una discriminazione che merita disprezzo e la massima opposizione da parte di tutti i cittadini che non sono disposti a piegarsi allo squallore del nuovo potere tecno-sanitario”.
“Anche i cittadini in armi hanno gradualmente preso coscienza del fatto che il certificato verde costituisce un palese strumento di discriminazione che collide con i principi fondamentali anche dell’ordinamento giuridico militare e sono considerati intangibili dalla Costituzione repubblicana per la quale il diritto di movimento e di assemblea, non sono in alcun modo vincolabili a presunti passaporti verdi, gialli o fucsia”. Per essa non esiste virus al mondo che possa disporre delle libertà e dei diritti e una scienza che ce lo chiedesse non sarebbe scienza, ma squallida ideologia proprio come l’infame dottrina della razza nel 1938 o l’aberrante dottrina eugenetica”. Continua a leggere

Centenario del Milite Ignoto

ONORI AL MILITE IGNOTO! ONORI A TUTTI I CADUTI!
Lo scorso 1° Giugno c’è stata l’apertura delle celebrazioni per il Centenario del Milite Ignoto che si concluderanno il 4 Novembre prossimo. E’ conosciuta a tutti la storia che portò alla tumulazione a Roma delle spoglie di uno dei tanti militi caduti sui fronti della I° G.M. di cui non fu possibile risalire all’identità. Sicuramente tra di loro vi furono anche degli addetti ai collegamenti di trasmissione che, sconosciuti o conosciuti, caddero sul campo di battaglia. Tutte le città e, in particolare, tutte le caserme hanno nel tempo edificato monumenti per rendere onore alla memoria di quei nostri concittadini. Anche nella nostra DeDo, vogliamo ricordare, è presente questa scultura commemorativa, dietro la quale compare un cannone da campagna, e con una lapide che riporta però solo i nomi degli appartenenti all’11º Raggruppamento Artiglieria di Corpo d’Armata che nel 1940 era acquartierato alla DeDo e che prese parte, inquadrato nel Corpo d’Armata Alpino alle operazioni sul fronte russo dove, per il comportamento dei suoi artiglieri, ricevette una medaglia d’argento al V.M.
Completa il monumento un basso altare con un’antenna stilizzata, che compare anch’esso in tante foto ricordo del nostro servizio militare, sul quale si richiama la memoria ai Caduti delle Trasmissioni (un elenco completo dei quali non verrà forse mai compilato). Sul basamento di questa piccola ara compare l’insegna in rame dell’Arma delle Trasmissioni. Può essere questa l’occasione per ringraziare pubblicamente il folgorino Alessandro Caprini, 3° ’70 – 1ª Compagnia, bergamasco e a quei tempi addetto all’infermeria, che la realizzò e la donò al Battaglione. Come già facemmo per i militare del I° ’67, che donarono la statua dell’Arcangelo Gabriele, ci piace oltremodo ricordare questi esempi di disinteressato altruismo.

Un evento immancabile “la cena dei Congedanti”, ma…

Qualche tempo fa il mitico Castellucci scrisse nel ns Gruppo FB: “Navigando su internet ho trovato questo racconto di alcuni militari del Battaglione Trasmissioni Folgore che si stavano per congedare nel Dicembre del 1967….
Treviso. Sabato 9 dicembre 1967. Alla Trattoria 2 Mori si ritrovano una trentina di militari del Battaglione Trasmissioni Folgore per festeggiare il congedo con una lauta cena: antipasti vari, risotto con il radicchio, costata ai ferri con patate fritte, trota al forno con fagiolini e carote al burro, formaggio, crostata di frutta e torta al cioccolato, il tutto accompagnato da un buon vino della casa e chiuso dal caffè, al prezzo concordato di 800 lire. Si è unito a loro anche un maresciallo dello stesso reparto, che si sarebbe anche lui congedato dopo alcuni giorni.
Il maresciallo, di una trentina d’anni e da dieci nell’esercito, era originario di Pisticci una caratteristica località della Lucania a circa venticinque chilometri da Metaponto e dalle spiagge del materano. Al paese conosceva una famiglia che produceva a livello artigianale un liquore digestivo e, nel tempo libero, aveva da qualche anno iniziato a venderlo nei bar e nei negozi di Treviso e provincia, con un risultato cosi soddisfacente che alla fine aveva deciso di congedarsi e dedicarsi a tempo pieno alla vendita e distribuzione di quel liquore. Quella sera portò al ristorante alcune bottiglie di quel liquore per farcelo assaggiare e cosi per la prima volta scoprii ed assaggiai l’Amaro Lucano…, “


Così il racconto del reporter improvvisato, ma un altro pezzo di quella serata ce lo racconta un altro commilitone, Sergio Croci, marconista e C.M. del 3° ‘66, che a quell’evento partecipava essendo la cena di congedo del suo scaglione.
“Quella sera. Il consumo di alcolici non si era limitato agli amari ma anche vini e grappe avevano dato un contributo non indifferente alla caciara normale di quelle ricorrenze. Però, all’orario previsto, la maggior parte del gruppo levò le tende e si incamminò verso la caserma probabilmente raggiunti dalle maledizioni dei trevigiani abitanti delle vie di passaggio svegliati dal nostro fracasso. Solo alcuni si erano intrattenuti alla trattoria ciacolando ancora del più e del meno. Di certo, col nostro andare “allegrotto” ci mettemmo un po’ di tempo prima di arrivare all’ingresso della caserma, ma non sospettavamo la sorpresa che ci aspettava. Una pattuglia di Carabinieri fermava e interrogava tutti i militari che rientravano. Le risate e l’allegria scemarono in un attimo… ma che succedeva? Ebbene, alcuni tra i pochi che si erano dilungati in trattoria, al momento di pagare il loro conto e prima di andarsene avevano dato in escandescenze tali da indurre i proprietari a chiedere l’intervento dei militi della Benemerita della vicina caserma; questi, non rintracciando alcuno dei responsabili nelle vicinanze, dopo alcuni giri, si erano portati all’ingresso della DeDo alla loro ricerca.
I responsabili non furono individuati ma intanto, con gran nostro dispiacere, il danno d’immagine del nostro Battaglione era fatto. E qualche ramanzina avremmo anche potuto aspettarcela.
Ma di quell’avvenimento serbo ancora un “amarissimo” ricordo anche perché, per esso, il giorno seguente in fureria ci fu comunicato che non sarebbe stato assegnato il grado di Sergente a nessuno dei C.M. congedanti del nostro scaglione… ed io, che brutta botta morale, ero purtroppo tra i prescelti”.

C’era una volta la NAJA…. 2

In un precedente articoletto si è cercato di riportare alla memoria alcune parole ed espressioni tipiche della vecchia “naja” e capaci di suscitarci ricordi di gioventù; eccone di seguito alcune altre:
– Zanzara, Missile: il novizio, la recluta solitamente in fase addestrativa al CAR… quelli che nelle prime marce si producono piaghette ai piedi..
– Spina, Scheggia, Burbetta: Dal terzo al settimo mese, il militare assume lo status di “scheggia” o “burba” e per definizione “imbranato”. Se poi capita un imbranato vero, allora, specialmente i primi giorni, si scatenano su di lui gli scherzi più incredibili: “Tu non hai capito niente della vita militare”!; “Sta cominciando a piovere, vai a farti dare l’ombrello tattico di battaglione!”;”Resta, resta pure sull’attenti!”. E questo è il minimo.
– Capospina: Dal settimo al nono mese, il militare assume lo status di Capospina, solitamente “istruttore” delle schegge e svolge le mansioni di nonno, sotto la sua supervisione ed autorizzazione.
– Anziano: Il militare di truppa con una certa anzianità di servizio
– Nonno: militare di truppa con almeno nove mesi di servizio. In base al principio non scritto che “anzianità fa grado”, i “congedandi” scansano i servizi a scapito delle “burbe”, per alcuni mesi “vittime sacrificali”.
– Muto: In ambito militare significa “taci!/stai zitto!” detto classicamente a una noiosa “zanzara”.
– Cane morto: parolaccia insultante per indicare colui che non rispetta i sacri “nonni”.
– Stecca: è un gadget che si tramanda di scaglione in scaglione; viene ereditato dal “nonno” congedatosi e il militare, a sua volta congedante, lo lascerà in eredità al più giovane con il compito di cederlo all’atto del congedo, al “nonno” che gli succederà.
Come non parlare degli “scherzi da caserma“, ma intesi ovviamente come espressione di goliardia giovanile legata all’ambiente militare, da non confondere col teppismo del fenomeno “nonnismo”. Scherzi semplici e divertenti si fanno in qualunque contesto dove si raggruppano dei giovani… si facevano (e si fanno) anche a scuola o al campeggio o in comitiva (e anche al lavoro). Molto dipendeva dall’affiatamento creatosi con i compagni di caserma. I giovani “socievoli” partecipavano agli scherzi e li subivano, quelli un po’ “orsi” rimanevano imbronciati nella loro tana.
In qualche modo gli scherzi da caserma erano parte dello spirito militare, servivano anche a “passare il tempo” e se lo scherzo era fatto bene ci rideva di gusto anche il malcapitato!! Si diceva che lo scherzo è come il raffreddore e prima o poi lo si piglia tutti, nessuno è immune. Si parla ovviamente di scherzi, non di soprusi, e solitamente a farli erano gli anziani verso i nuovi arrivi e anche questo era “gavetta militare” a cui ci si doveva abituare o “imparare” a passarci sopra. Si vive in gruppo, si fa tutto in gruppo, e anche se si pensa di essere migliori o anche solo diversi bisogna essere disposti a cedere qualcosina e a passare sopra a un po’ di cose. Continua a leggere

IL MARESCIALLO

Il titolo nacque come grado militare onorario, maréchal, nella Francia dell’XI secolo, forse per derivazione dalla figura del maniscalco, come per il tedesco antico-francone “mahrskalk” ovvero addetto ai cavalli. Il maréchal era un dignitario della corte medievale che sovrintendeva alle scuderie del re ma divenne in seguito un membro fidato della corte. In tempi recenti il titolo venne dato a grandi Generali (Maresciallo d’Italia – Luigi Cadorna, Armando Diaz, Maresciallo dell’Aria Italo Balbo, Maresciallo dell’Impero, Maresciallo Tito, ecc.).
Dopo l’abolizione di questi titoli altisonanti, ben diversa rimane ai nostri tempi la figura del “Maresciallo” nell’Esercito Italiano. Esso esce umilmente dalla “Scuola Sottufficiali”​ la quale “realizza un percorso di formazione che risponde all’esigenza di creare dei profili professionali che assommano in sé sia competenze “umanistiche”, per una corretta gestione delle risorse umane, sia competenze tecniche, per l’ottimale utilizzo degli strumenti tecnologici che sono alla base dell’operatività del “soldato tecnologico” del terzo millennio. Il candidato ideale è un giovane motivato ad entrare nell’organizzazione militare perché interessato a costruirsi un percorso professionale gratificante in un’organizzazione di cui condivide i principi. E’ disponibile a spendersi con un notevole impegno, pur di raggiungere l’obiettivo“. (…però!!!)
00 gradi marescialloTutto ciò premesso, nel nostro piccolo possiamo invece affermare che non esiste militare di leva che non abbia tra i suoi vivi ricordi di naja quello almeno di un Maresciallo.
C’era quello burbero, quello pacioso, quello anziano, quello che ti aveva dato una mano per quella cosa, quello della fureria e quello della mensa, ecc. ecc. Nelle foto ricordo li trovi in mezzo ai soldati che si stringono intorno a loro come a dei fratelli maggiori se non addirittura come a dei padri. Bene, girando nel mare magnum di facebook, ci è capitato di leggere una sorta di “sfogo” di uno di queste importanti figure militari, che riportiamo di seguito con piacere:

“Ad ogni grado corrisponde un determinato ruolo, ad eccezione del Maresciallo.
Il Maresciallo è quella figura che lavora a prescindere se gli compete o meno.
Il Maresciallo è quella figura che dell anzianità ne fa un proprio e invidiabile titolo di studio.
Il Maresciallo è quella figura chiamata sempre a spegnere focolai dove l’inesperienza e la sapienza creano disagi e dissapori.
Il Maresciallo è una sorta di ancora di salvezza per ognuno che ne chiede consiglio, a lui basta una parola o una telefonata per risolvere tutto. Il Maresciallo sostituisce il superiore, ma il superiore non può sostituire il Maresciallo, il Maresciallo gestisce tutti i beni, ma tutti i beni non fanno un Maresciallo, il Maresciallo non sgrida i sottoposti, ma tutti possono sgridare il Maresciallo, si, perché il Maresciallo è stato abituato ad essere sgridato, gli altri no.
Essere Maresciallo è più complesso di quanto potrebbe intendersi, essere Maresciallo obbliga a comportarti sempre in un certo modo, non gli è concesso sbagliare, non gli è concesso fermarsi, non gli è più concessa voce in capitolo.
Però i doveri ad esso sono sempre attribuiti, lui vive di doveri, dopotutto il Maresciallo per gli altri ha sempre una buona parola, mentre a lui non è concessa neanche una pacca sulla spalla.
Il Maresciallo comunque ed in ogni caso, rimane quella figura che in sua assenza, ogni luogo diventa un inferno.
Ecco perché da giovanissimo ho scelto questo ruolo e non lo cambierei mai con nessun altro. Insomma in un momento in cui va di moda il pur legittimo salto di categoria, pur avendone ampiamente i titoli, non rinnego le mie scelte iniziali e senza il benché minimo tentennamento decido di morire orgogliosamente Maresciallo perché è questo che voglio per me”.00 701102 - M.lli con Gen Orofino mix

Grazie MARESCIALLI!!!

Un “cercasi” molto particolare

Ci scrive Emanuele Ezio Giannetta (emanuelegiannetta@gmail.com):
GIANNETTA foglio matr1Salve, vi scrivo perché ricercando notizie riguardo il mio defunto nonno Giannetta Arberio, inquadrato nella Folgore come telegrafista durante la seconda guerra mondiale, ho trovato il vostro blog; forse voi siete a conoscenza di informazioni che non ho di qualsiasi genere. Allego il foglio matricolare che sono riuscito a farmi inviare dall’Archivio di Stato; lui non ha mai raccontato molto a mio padre delle sue vicende e mi piacerebbe saperne di più, visto gli eventi storici ai quali ha partecipato.
Grazie e saluti

 

Carissimo Emanuele, annotiamo con molto piacere il tuo interesse per i fatti della vita di un tuo caro predecessore… e non fatti qualsiasi ma legati alla Storia del nostro Paese e che sono da non dimenticare. Purtroppo devi sapere che i frequentatori del nostro blog sono, relativamente al periodo richiesto, troppo “giovani” avendo assolto il servizio militare praticamente a partire dagli anni ’60 (la cerchia ristretta poi del nostro Battaglione è dal 1959 al 1975). Certo quei nostri primi militi hanno avuto occasione di conoscere, tra i loro ufficiali e sottufficiali di carriera, persone che a quei fatti parteciparono ma di questi non abbiamo più contatti. Possiamo consigliarti di rivolgere la stessa domanda ad altri siti (o gruppi Facebook) legati alla Folgore, soprattutto quelli legati alla “Brigata Paracadutisti” che di quella parte di Storia sono i principali custodi. Pubblichiamo comunque la tua richiesta sia come testimonianza di partecipazione giovanile sia nella speranza che, di rimbalzo, qualcuno possa darti delle indicazioni.
Un forte abbraccio.

Il mio servizio militare di leva….

La maggior parte di noi “folgo-trasmettitori” ha terminato la sua leva alla Dedo, ma qualcuno ha fatto invece il percorso inverso venendo a Treviso e poi tornando alla Scuola Trasmissioni. Il precedente articolo di ricordi di Umberto Baldini ha stimolato un altro “ex-complemento”, Mauro Di Giannantonio, a rivivere un po’ le sue esperienze. Speriamo che questo serva da “stura” per tanti altri che di cose ne hanno da raccontare…

Partii il 9 Gen. 1965 da Pratola Peligna (AQ) per raggiungere la Scuola Trasmissioni della Cecchignola a Roma e iniziare il 38° Corso AUC.
Mi sentivo felice e fiero per il concorso vinto, ma anche la tristezza era tanta perché lasciavo la famiglia… la fidanzata! Ma, quando arrivai alla Scuola, avevo le idee ben chiare su ciò che stavo vivendo; pensavo “ora devo rinunciare alle mie abitudini più comode e per quindici mesi della mia vita dovrò assumere un nuovo aspetto“. Nella gerarchia militare nessuno comincia da Ufficiale e già sapevo che questo livello doveva essere conquistato sempre con notevoli sacrifici.
Varcato l’ingresso, un grande piazzale e sul muro di fronte notai subito l’immagine di un angelo con la spada fiammeggiante e la grande scritta “SPATIA DEVINCO DISIUNCTA CONIUNGO”. Fui inquadrato nel 1° Btg Allievi che, al comando del Ten. Col. Landi, era formato da tre Compagnie, due AUC e una ACS, con i corsi pari nella 1°Comp. e i dispari nella seconda. Il Cap. Carlomagno era il Comandante del mio 38° Corso AUC.
I primi mesi di corso furono veramente duri, addestramento formale, educazione fisica e sempre di corsa in ogni spostamento, lezioni in aula su regolamenti, apparati e trasmissioni (telefonia e radiotecnica, multiplex a frequenze vettrici CF1, ponti radio, ricetrasmittenti AN/TRC in VHF e SCR193 in MF-HF), armamenti, arte militare, topografia, NBC, ecc. A complicare i disagi, il 9 Febbr. a Roma ci fu la nevicata del secolo… 40 cm di neve! E’ pur vero che come abruzzese ero abituato alla neve ma, caspita, erano secoli che a Roma non nevicava così e doveva capitare proprio adesso!
E nel mese di Marzo ci fu il giuramento.
Sentivo l’importanza dell’impegno che avrei assunto di fronte a me stesso e alla Patria. Quel giorno provai una forte tensione mista a una certa commozione dovuta anche alla presenza tra il pubblico dei miei genitori, di mio fratello (che aveva frequentato il 28° Corso AUC) e pure della fidanzata…
Durante i restanti tre mesi di corso, dovemmo superare i continui esami sulle varie materie di studio; vi erano allievi che studiavano anche di notte, sotto le lenzuola con una lampada portatile. La paura di essere scartati e non arrivare a fregiarsi del grado di Sergente faceva leva sul nostro orgoglio giovanile e ci spingeva al massimo impegno. Nonostante ciò, alcuni, 5 o 6, furono bocciati. Essendo Perito in Telecomunicazioni, fui avvantaggiato nell’apprendimento e alla fine mi qualificai 40° su 114 allievi. Tra di noi vi erano veramente tanti giovani in gamba.
Avevo il grado di Sergente AUC quando, insieme agli allievi del 39° corso AUC e dopo lunghe prove in notturna, il mio 1° Btg della Scuola Trasmissioni, al comando del Ten. Col. Landi, partecipò alla sfilata del 2 Giugno lungo i Fori Imperiali. La presenza di quella folla straboccante, che per l’emozione quasi ci paralizzava, fu invece uno sprone per fare del nostro meglio. Fummo sicuramente tra i reparti che sfilarono meglio e quella giornata resta tra i ricordi più vivi della mia vita militare.
Arrivò l’assegnazione: Battaglione Trasmissioni Folgore, Caserma De Dominicis, Treviso. Così, il 5 Giugno, con i commilitoni Serg. Moroni e Scolari, partii da Roma Tiburtina per iniziare il periodo “trevigiano” e “folgorino” della mia leva. Continua a leggere