…e tra i ricordi di una vita..

A quei tempi si era stati tutti “nonni”… e sembrava di essere ormai “vecchi”!! Ma quanta acqua doveva passare sotto i ponti prima che diventassimo padri e poi nonni “veri”! Sicuramente in tanti si sono dati da fare per la propria famiglia, per i figli e nipoti, più che per sé stessi e certamente a molti è capitato di pensare che, altrettanto importante era trasmettere le proprie esperienze e, perché no, anche semplicemente i propri ricordi.
Certo, far sapere ai giovani come hanno vissuto i loro nonni e i nonni dei loro nonni è un modo di dar loro una prospettiva che nessuna scuola è in grado di dare… e non la vita di personaggi importanti, di cui sono pieni i libri di storia, o di quelli le cui ricorrenze vengono celebrate ogni anno. Ha un grande valore anche la vita di persone qualsiasi, anonime, che hanno attraversato gioie e dolori e affrontato problemi giorno per giorno. Per ognuna di queste è una storia diversa… milioni di storie uniche per le quali non basterebbero le biblioteche di tutto il mondo!! E con questo spirito che l’“ex-folgorino”, Nino Paddeu, marconista del 3°/63 e tosto sassarese, si è messo un giorno a scrivere, a raccontare… e ne è venuto fuori un libro!!
Paddeu - libro 1Mi è sempre piaciuta l’idea di far sapere un po’ ai giovani come si svolgeva la vita anni addietro e proprio in un momento in cui le cose cambiano tanto rapidamente. Forse fu per questo che alcuni anni fa cominciai, senza rendermene ben conto, a raccontare un po’ per volta ai figli, ancora piccoli, dei miei ricordi che, mi rendevo conto, andavano sempre più affievolendosi. Debbo dire che fortunatamente la natura mi ha dotato di un carattere abbastanza allegro che mi ha permesso tante volte nella vita di vedere i lati positivi e financo spiritosi delle situazioni anche più spiacevoli; e questo, che credo essere un fatto molto positivo, penso di essere riuscito a trasmetterlo ai miei primi ascoltatori. Ciò, mi è stato fatto notare, emerge anche dalle pagine del libro, che dai racconti ha preso forma e che, dal numero di copie vendute, risulta essere stato gradito anche ai successivi lettori. Nel libro ha trovato un piccolo spazio anche il periodo della leva militare che fu, come per molti della mia generazione, un periodo senz’altro importante della giovinezza…
Paddeu - libro 2

..il treno dei ricordi ferma spesso in stazioni… radio

I nostri marconisti “veterani” dovrebbero ricordarsela bene… era l’apparato usato per eccellenza: il trasmettitore BC 191 del complesso stazione radio SCR 193 onde corte… e quando la radio funzionava anche da stufetta…
Normalmente il trasmettitore BC 191 lo si trovava alloggiato in un cassone di legno, con delle particolari “gambe”, e con l’alimentatore tipo survoltore BD 77, ed il ricevitore BC 312, nella versione campale. Ricorderanno i nostri eroici marconisti anche che l’alimentazione era fornita da due accumulatori, collegati in serie, da 6V/200Ah e collegati in tampone con un groppo elettrogeno che era il PE 75.
Il complesso stazione radio SCR 193 veniva poi solitamente montata su un mezzo, l’OM CL 51 autoradio “..il porcellino”, ma era anche, per esempio, montata presso la Sala Radio del Centro Trasmissioni del Comando di Divisione a Villa Margherita ed assicurava i collegamenti con tutti i vari Reggimenti della Divisione e il Corpo d’Armata.
Veniva usato in “CW” e il segnale trasmesso sentito in autocontrollo aveva un suono inconfondibile… quando si accordava l’antenna si sentiva l’alimentatore andare sotto sforzo mentre, quando non era accordata l’antenna, i grossi tubi VT 4C con placca in grafite.. diventavano rossi e incandescenti tipo stufetta a infrarosso e una luce blu di fasci elettronici trattenuti illuminava ..la scena…
La frequenza, utilizzando le diverse unità di sintonia intercambiabili, andava da 1,5 a 6,2 Mhz modulati in ampiezza e la potenza in uscita, in CW, poteva raggiungere la ragguardevole soglia di 75 W per portare i segnali, da fermo, a più di 90 km. In dotazione, qualcuno ricorderà, c’era anche una antenna fittizia e anche che, per il controllo della frequenza, si usava un frequenzimetro a battimento tipo BC 221.
E tante sul campo erano le esercitazioni; ma una volta, e il ricordo è indelebile, questi apparati furono usati dal Battaglione anche per una grave emergenza… l’alluvione del 4 novembre 1966 durante la quale le necessarie comunicazioni tra i Reparti spediti in soccorso usarono anche queste stazioni… ma questa è un’altra storia…

da “”C’ero anch’io” di Luciano Marchi… (segue)

4 Novembre… quello che non si dimentica

Il 4 Novembre è la Giornata delle Forze Armate e per questo, in quel giorno del 1966, il nostro Battaglione era in festa e vari equipaggi di marconisti e pontisti con relativi apparati si trovavano alla caserma Cadorin per la manifestazione “caserme aperte” e mostrare alla popolazione le nostre capacità.
Ma quella è anche la data dell’inizio dell’alluvione in Veneto; una data che diede l’avvio a un periodo difficile da dimenticare e duro anche per i militari della nostra DeDo. Da qualche giorno, è vero, eravamo interessati da scrosci di pioggia consistenti ma al chiuso delle mura non ci si poteva certo rendere conto della situazione che nella regione si veniva a creare.
Io, Sergente di primo pelo, quel giorno ero di servizio come Sott.le d’Ispezione; Uff. di Giornata era il M.llo Di Grazia e il Comandante del Btg. era il Ten.Col. Mario Celentano.
Le prime avvisaglie… In mattinata ricevo l’ordine di portare uno dei G.E. da 10 Kw, montato su biga PE95, a Villa Margherita sistemandolo presso la cabina elettrica e pronto ad essere agevolmente collegato in caso di interruzione della rete del Comando di Divisione; verso le 14.00 il Comandante emette l’ordine di sospendere la libera uscita e di preparare una camerata per ospitare un Reparto del Btg Genio Folgore, che sarebbe presto arrivato e destinato a prestar soccorso nel territorio. Intanto il telefono con il Comando di Divisione era diventato bollente per le continue richieste di informazioni su materiali disponibili in caserma, dalle tende alle coperte ai mezzi, ecc… Nel pomeriggio vengo nuovamente spedito al Comando Divisione per montare un telecomando tra Sala Radio e Ufficio del Generale Oreste Viligiardi.
A quel punto eravamo già tutti fradici e ben allarmati (ma dei Genieri nessuna notizia) e in apprensione perché giungevano notizie della rotta del Tagliamento, del Piave, di allagamenti e strade interrotte…
Verso le 19.00, e si sa che a Novembre il buio scende presto, arriva in caserma, dopo mille peripezie, la colonna di camion del Genio con gommoni, pompe, ecc… I commilitoni mangiano un boccone di corsa e ripartono per la zona tra il Piave e il Livenza… La caserma resta in allarme tutta la notte con un susseguirsi di ordini e contrordini, mentre la pioggia non accenna a diminuire, e a notte fonda, come ricordato dal Ten. Spagnolo della 2ª Comp. nel suo racconto, anche i nostri camion ben caricati con apparati (ecco il ns. SCR 193 ma anche ponti radio, km e km di cavi, tende, cucine da campo, ecc.) partono per la zona di Latisana.
Per me vi era una preoccupazione in più per il fatto che il mio Comune di residenza, Predazzo (Tn) in Val di Fiemme, risultava nell’elenco delle zone alluvionate. Mi sorprese, nel frangente, l’arrivo di un dispaccio secondo il quale veniva concessa una licenza straordinaria a tutti, Ufficiali, Sott.li e Truppa, che fossero residenti in quelle zone elencate, cosicché, al mattino del giorno successivo partii per una licenza di 10gg. Mi ritrovai con i commilitoni quando, dopo circa un mese, furono tutti rientrati, stravolti dalla fatica.

da “”C’ero anch’io” di Luciano Marchi… (segue)

…e c’ero anch’io!!

La mia carriera nell’Esercito è iniziata a 17 anni, nel Novembre 1964, quando, terminati gli studi presso il Professionale ENAIP per Elettromeccanici di Predazzo e, fatta la relativa domanda, partii per l’arruolamento volontario come Allievo Sott’Ufficiale.
Superati gli esami di ammissione, mi ritrovai inquadrato nel Battaglione Allievi Sott.li Specializzati della Scuola ASS, nella caserma Rebeggiani di Chieti Scalo, per frequentare il Corso Addestramento Reclute.
Al termine di questo corso, della durata di 4 mesi, si ricevevano i gradi di caporale e si veniva trasferiti alle diverse Scuole di Specializzazione sparse in Italia. Venne accolta allora la mia preferenza espressa e quindi indirizzato alla Scuola Trasmissioni di Roma Cecchignola, Caserma Perotti, per il Corso Radiomontatori, che avrebbe portato all’incarico nell’E.I. denominato n. 56. Al termine di questo percorso, durato nove mesi, avendo conseguito il Brevetto di Specializzazione qualificandomi primo del corso, ebbi l’opportunità di scegliere la destinazione di impiego.
Fra le varie possibilità prospettate vi era, a Treviso, il “Battaglione Trasmissioni Folgore”… non ebbi dubbi nella scelta sia per l’emozione che il solo nome suscitava sia per il motivo di vanto che il solo indossarne le mostrine rivestiva nell’immaginario di noi tutti giovani; ma vi era anche un motivo più “pratico” essendo che, logisticamente, la caserma si sarebbe trovata a pochi chilometri dall’abitazione della mia famiglia, alla quale restavo comunque molto affezionato.
Una famiglia di brava gente, semplice, originaria di Cimadolmo (Tv), sulla riva sinistra del Piave, impegnata da generazioni nell’organizzazione della lavorazione del vimini che, raccolto nell’alveo del fiume, veniva lavorato, intrecciato e commercializzato anche all’estero dando lavoro a molte persone del paese… fino all’arrivo della plastica.
Per motivi di lavoro, si erano poi fatti dei trasferimenti (tra i quali 4 anni a Genova) ma dal 1956 (io avevo allora 11 anni essendo nato il 24 agosto 1947) si era stabilita a Predazzo. E lì già risiedeva quando, nell’ottobre 1965, arrivai come Caporal Maggiore ASS alla nostra De Dominicis.
Il Comandante del Battaglione, Ten. Col. Mario Celentano, mi assegnò alla 1° Compagnia, comandata dal Cap. Giancarlo Parentelli, il quale, praticamente subito, mi affidò alle “amorevoli cure” del M.llo Magg. Vignaduzzo e del Serg. Magg. Palmieri, allora responsabili del Laboratorio Radio.
Ma già pochi mesi dopo, per il completamento della formazione di Sott.le, un altro trasferimento e, questa volta. alla Scuola ASS di Rieti per un corso di circa 4 mesi, con esami finali, per tornare alla DeDo in attesa dei gradi di Sergente (arrivati nel maggio 1966 mentre si era al campo a Travesio, sul monte Ciaurlec. Poco dopo, altro corso.. questa volta corso divisionale per comandanti di squadra difesa NBC alla caserma Cadorin, sede del 33° Rgt. Artiglieria Folgore.
Nel settembre 1966, altro trasferimento, ritorno a Roma, Scuola Trasmissioni, e altro corso di aggiornamento, questa volta, sulle stazioni radio AN/GRC 5-8 e ponte radio AN/TCC23. Ritorno breve alla DeDo perché nel 1967 vengo aggregato alla Sez. Trasm. dell’Officina Media del Reparto RRR (Rifornimenti, Riparazioni, Recuperi) Folgore nella Caserma Salsa di Treviso.
Nel 1968, compiuti 21 anni, il mio passaggio in S.P.E.
Nel 1969 un altro corso di perfezionamento, di 3 mesi, per Radiomontatori presso la Scuola Telecomunicazioni Interforze di Chiavari.
Nel 1973 il mio trasferimento in servizio effettivo al Reparto RRR Folgore e con gran dispiacere chiudo (ma solo amministrativamente) il mio rapporto stretto con il “nostro” Battaglione Trasmissioni Folgore, che mi rimarrà però sempre indelebile nel cuore.

22 Ottobre… giorno da ricordare!

Il 22 Ottobre tutti Folgorini del Battaglione rivolgono un pensiero ed un caldo augurio a uno dei personaggi più stimati, benvoluti e ricordati della De Dominicis. In questo giorno è nato colui che oggi si trova ad essere il più anziano tra di noi e che ha vissuto gran parte delle trasformazioni della Divisione nel secolo scorso. Era entrato nell’allora Battaglione Collegamenti Folgore, di stanza a Conegliano è poi passato nel ’51 alla De Do, e ci è rimasto fino alla pensione. Il Maresciallo Luigi Forti, di Treviso, classe 1928 riceverà sempre da noi in questo giorno un caldo abbraccio e milioni di auguri!!

Nei ricordi dei Folgorini del ’70

Comandante del Battaglione Trasmissioni Folgore dal Giugno 1969 all’Agosto 1971, il Ten.Col. Vito Caringella ebbe modo di farsi apprezzare da tutti i militari della DeDo (e non solo) per le sue capacità organizzative e, soprattutto per noi, per le sue doti umane e comunicative. Doti che lo portarono in seguito al grado di Generale di Corpo d’Armata e al riconoscimento di Commendatore al Merito della R.I. ma senza perdere quella sua serenità e semplicità che ebbe ancora l’opportunità di esternarsi quando, mischiato tra noi semplici ex-trasmetitori al Raduno nella nostra DeDo. Una grande persona che resterà nei nostri migliori ricordi.

La famosa “puntura nel petto”…

Scagli la prima pietra chi di noi non ha recentemente parlato di vaccinazioni… e allora perché non sbirciare sui social cosa si dice della famosa nostra “puntura nel petto” che, quasi, tutti noi abbiamo “coraggiosamente”, volenti o nolenti, affrontato …e lì si trovano discussioni e, come sempre, con pareri e conclusioni completamente divergenti.

Un commilitone scrive: “Mi chiedo ancora oggi cosa c’era nell’iniezione che ci veniva fatta da militari di leva e che teneva lontani per anni malanni e malattie… era forse l’ingrediente segreto della pozione magica di Asterix? Non l’ho mai saputo ma probabilmente era una specie di mix di nitroglicerina e peperoncino, con l’aggiunta di un pizzico di zolfo e acido solforico…”
Un altro risponde: “Era un cocktail di vaccini e altro per preservare i militari da malattie contagiose e conseguenze di incidenti durante il periodo di leva ma non impediva che alcuni “marcassero visita” ogni giorno. Era molto temuto dai giovani, alcuni dei quali cadevano come pere cotte, al momento dell’inoculazione; altri sviluppavano temperature anche molto alte (41°C) per qualche giorno.
Un parà aggiunge: “Da noi, nell’85 a Pisa, dopo 2–3 ore ne aveva stroncati un sacco! A me fece effetto il giorno dopo e rimasi scassato per 2 giorni a letto con febbre fissa a 40,5!! Devo dire però che per 5 anni non ebbi neanche un raffreddore…”
Un altro, categorico: “..è una leggenda metropolitana… i batteri del tetano e tifo non hanno niente a che vedere con i virus del raffreddore. Il fatto è che i militari di leva avevano vent’anni!!”
Tra di noi vi era anche un laureato in farmacologia che finalmente spiega: “Studiato, prodotto e infine distribuito dall’Istituto Chimico-Farmaceutico Militare di Firenze si chiamava TABTe (minuscola finale). Il composto, di color marrone scuro, conteneva un vaccino tetravalente per proteggere da Tifo, Paratifo A e B, e Tetano. Niente di più e niente di meno. In caserma ero operativo nell’infermeria e in undici mesi abbiamo somministrato circa 8000 fiale di TABTe alle reclute. Il ciclo prevedeva la prima somministrazione nel primo mese di CAR, la seconda entro 30 giorni e la terza (ma tanti non la fecero) entro un anno dalla prima”.
(N.B.: Il tetano non è contagioso e l’infezione da parte del batterio avviene per contaminazione di tagli o ferite; il primo vaccino fu messo a punto nel 1890. Il vaccino contro il batterio del tifo (salmonella) risale invece al 1896. L’infezione, che causa principalmente problemi intestinali e oggi si cura con antibiotici, è nella maggior parte dei casi legata alla mancanza di igiene).
Un altro aggiunge: “..anche a me hanno fatto questa puntura e “pintura” al CAR; la tintura disinfettante stava dentro un barattolo di pomodoro e con una pennellessa da imbianchino ti struffavano sul petto dopo aver fatto il vaccino con un ago da 10 cm!! Quello era il nostro antivirus ma poi si diceva che dentro la minestra mettessero un “qualche cosa per placarci i bollori”…
E sullo “scottante” argomento, uno conferma: “Si chiamava “bromuro” e, avendo fatto il caporale in NCC (nucleo controllo cucine), so che lo mettevano nel latte la mattina e nel sugo della pasta.”
Ma un altro però, perentorio: “Ho fatto l’ufficiale medico e sono sicuro di poterlo escludere..” Continua a leggere

Un evento immancabile “la cena dei Congedanti”, ma…

Qualche tempo fa il mitico Castellucci scrisse nel ns Gruppo FB: “Navigando su internet ho trovato questo racconto di alcuni militari del Battaglione Trasmissioni Folgore che si stavano per congedare nel Dicembre del 1967….
Treviso. Sabato 9 dicembre 1967. Alla Trattoria 2 Mori si ritrovano una trentina di militari del Battaglione Trasmissioni Folgore per festeggiare il congedo con una lauta cena: antipasti vari, risotto con il radicchio, costata ai ferri con patate fritte, trota al forno con fagiolini e carote al burro, formaggio, crostata di frutta e torta al cioccolato, il tutto accompagnato da un buon vino della casa e chiuso dal caffè, al prezzo concordato di 800 lire. Si è unito a loro anche un maresciallo dello stesso reparto, che si sarebbe anche lui congedato dopo alcuni giorni.
Il maresciallo, di una trentina d’anni e da dieci nell’esercito, era originario di Pisticci una caratteristica località della Lucania a circa venticinque chilometri da Metaponto e dalle spiagge del materano. Al paese conosceva una famiglia che produceva a livello artigianale un liquore digestivo e, nel tempo libero, aveva da qualche anno iniziato a venderlo nei bar e nei negozi di Treviso e provincia, con un risultato cosi soddisfacente che alla fine aveva deciso di congedarsi e dedicarsi a tempo pieno alla vendita e distribuzione di quel liquore. Quella sera portò al ristorante alcune bottiglie di quel liquore per farcelo assaggiare e cosi per la prima volta scoprii ed assaggiai l’Amaro Lucano…, “


Così il racconto del reporter improvvisato, ma un altro pezzo di quella serata ce lo racconta un altro commilitone, Sergio Croci, marconista e C.M. del 3° ‘66, che a quell’evento partecipava essendo la cena di congedo del suo scaglione.
“Quella sera. Il consumo di alcolici non si era limitato agli amari ma anche vini e grappe avevano dato un contributo non indifferente alla caciara normale di quelle ricorrenze. Però, all’orario previsto, la maggior parte del gruppo levò le tende e si incamminò verso la caserma probabilmente raggiunti dalle maledizioni dei trevigiani abitanti delle vie di passaggio svegliati dal nostro fracasso. Solo alcuni si erano intrattenuti alla trattoria ciacolando ancora del più e del meno. Di certo, col nostro andare “allegrotto” ci mettemmo un po’ di tempo prima di arrivare all’ingresso della caserma, ma non sospettavamo la sorpresa che ci aspettava. Una pattuglia di Carabinieri fermava e interrogava tutti i militari che rientravano. Le risate e l’allegria scemarono in un attimo… ma che succedeva? Ebbene, alcuni tra i pochi che si erano dilungati in trattoria, al momento di pagare il loro conto e prima di andarsene avevano dato in escandescenze tali da indurre i proprietari a chiedere l’intervento dei militi della Benemerita della vicina caserma; questi, non rintracciando alcuno dei responsabili nelle vicinanze, dopo alcuni giri, si erano portati all’ingresso della DeDo alla loro ricerca.
I responsabili non furono individuati ma intanto, con gran nostro dispiacere, il danno d’immagine del nostro Battaglione era fatto. E qualche ramanzina avremmo anche potuto aspettarcela.
Ma di quell’avvenimento serbo ancora un “amarissimo” ricordo anche perché, per esso, il giorno seguente in fureria ci fu comunicato che non sarebbe stato assegnato il grado di Sergente a nessuno dei C.M. congedanti del nostro scaglione… ed io, che brutta botta morale, ero purtroppo tra i prescelti”.

Una vita nelle Trasmissioni

In occasione della giornata mondiale delle telecomunicazioni e della società dell’informazione, è doveroso rivolgere un pensiero di ringraziamento a tutti coloro che si dedicano a questa importantissima attività per il genere umano. Ovviamente anche noi, nel nostro piccolo piccolo, del vecchio Battaglione Trasmissioni, ci sentiamo un po’ partecipi a questa realtà. Ma sappiamo anche che tra noi vi è stato chi nelle Trasmissioni ha trascorso, anche senza stellette, tutta la vita. Ce lo ricorda con le sue memorie l’ex-Sten Mauro Di Giannantonio:

La passione per il mondo delle trasmissioni me la passò mio fratello più grande. Frequentavo le medie nel 1957, quando in estate lui, che aveva frequentato il 3° anno Radiotecnici dell’ITIS di Chieti, cominciò a riparare qualche radio. Le valvole, già a livello visivo mi affascinarono subito; erano componenti attivi dei quali ancora non potevo capire la funzione, ma furono alla base della mia decisione di iscrivermi anch’io all’ITIS. Scelsi ovviamente il corso di Radiotecnica e mi diplomai Perito in Telecomunicazioni con un bel “otto” in Telefonia e Radiotecnica. Arrivò presto la “chiamata alle armi” per la quale, fatta domanda e superati gli esami fui ammesso con gran soddisfazione al Corso AUC nella Scuola Trasmissioni. Fu così che, a differenza di molti coetanei, anche il servizio militare mi permise di restare nella “mia materia” e anzi di ampliarne le conoscenze. Rientrato a casa, il caso volle che io vedessi un telegiornale in cui il Presidente del Consiglio Aldo Moro inaugurava il Centro Spaziale del Fucino; scattò l’idea e feci domanda di assunzione. La risposta non fu immediata ma, ancora fortunatamente, potei rimanere intanto nell’”ambiente” perché fui assunto come insegnante di Radiotecnica dal Centro di Formazione Professionale di Avezzano. E arrivò presto anche il telegramma di convocazione per la selezione di Telespazio. Anche questa prova fu superata brillantemente anche grazie all’esperienza acquisita come ex Ufficiale delle Trasmissioni che mi permise di trattare argomenti ben al di fuori dei programmi scolastici. Ed eccomi assunto come turnista (arco delle 24h e 7 giorni su 7) sugli impianti operativi della Telespazio.Solo chi ne aveva più capacità poteva, durante i turni, effettuare la manutenzione degli apparati ed io cominciai ad avere una predilezione per gli UP-Converter (70 MHz – 6 GHz) e per i Trasmettitori di Potenza a Klystron e TWT (travelling wave tube).
Fui nominato dapprima responsabile dell’Area Trasmittente e, in seguito, dell’intera Area Laboratorio Misure che comprendeva tutta la strumentazione del Centro Spaziale del Fucino.
(nella foto, una lezione sugli accoppiatori direzionali ai ragazzi del 5º anno dell’ITIS di Chieti).
Ricevetti l’incarico di scegliere il sito per la messa in funzione del Centro Spaziale di Scanzano in Sicilia, per cui feci numerose campagne di misure di interferenze presso varie cittadine come S.Giuseppe Jato, Ribera, Avola, Francavilla di Sicilia, Solarino, Noto e Pioppo arrivando però a scartarle per la presenza di interferenze in banda 3700-4200 Mhz non compatibili con il segnale da satellite.
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Il mio servizio militare di leva….

La maggior parte di noi “folgo-trasmettitori” ha terminato la sua leva alla Dedo, ma qualcuno ha fatto invece il percorso inverso venendo a Treviso e poi tornando alla Scuola Trasmissioni. Il precedente articolo di ricordi di Umberto Baldini ha stimolato un altro “ex-complemento”, Mauro Di Giannantonio, a rivivere un po’ le sue esperienze. Speriamo che questo serva da “stura” per tanti altri che di cose ne hanno da raccontare…

Partii il 9 Gen. 1965 da Pratola Peligna (AQ) per raggiungere la Scuola Trasmissioni della Cecchignola a Roma e iniziare il 38° Corso AUC.
Mi sentivo felice e fiero per il concorso vinto, ma anche la tristezza era tanta perché lasciavo la famiglia… la fidanzata! Ma, quando arrivai alla Scuola, avevo le idee ben chiare su ciò che stavo vivendo; pensavo “ora devo rinunciare alle mie abitudini più comode e per quindici mesi della mia vita dovrò assumere un nuovo aspetto“. Nella gerarchia militare nessuno comincia da Ufficiale e già sapevo che questo livello doveva essere conquistato sempre con notevoli sacrifici.
Varcato l’ingresso, un grande piazzale e sul muro di fronte notai subito l’immagine di un angelo con la spada fiammeggiante e la grande scritta “SPATIA DEVINCO DISIUNCTA CONIUNGO”. Fui inquadrato nel 1° Btg Allievi che, al comando del Ten. Col. Landi, era formato da tre Compagnie, due AUC e una ACS, con i corsi pari nella 1°Comp. e i dispari nella seconda. Il Cap. Carlomagno era il Comandante del mio 38° Corso AUC.
I primi mesi di corso furono veramente duri, addestramento formale, educazione fisica e sempre di corsa in ogni spostamento, lezioni in aula su regolamenti, apparati e trasmissioni (telefonia e radiotecnica, multiplex a frequenze vettrici CF1, ponti radio, ricetrasmittenti AN/TRC in VHF e SCR193 in MF-HF), armamenti, arte militare, topografia, NBC, ecc. A complicare i disagi, il 9 Febbr. a Roma ci fu la nevicata del secolo… 40 cm di neve! E’ pur vero che come abruzzese ero abituato alla neve ma, caspita, erano secoli che a Roma non nevicava così e doveva capitare proprio adesso!
E nel mese di Marzo ci fu il giuramento.
Sentivo l’importanza dell’impegno che avrei assunto di fronte a me stesso e alla Patria. Quel giorno provai una forte tensione mista a una certa commozione dovuta anche alla presenza tra il pubblico dei miei genitori, di mio fratello (che aveva frequentato il 28° Corso AUC) e pure della fidanzata…
Durante i restanti tre mesi di corso, dovemmo superare i continui esami sulle varie materie di studio; vi erano allievi che studiavano anche di notte, sotto le lenzuola con una lampada portatile. La paura di essere scartati e non arrivare a fregiarsi del grado di Sergente faceva leva sul nostro orgoglio giovanile e ci spingeva al massimo impegno. Nonostante ciò, alcuni, 5 o 6, furono bocciati. Essendo Perito in Telecomunicazioni, fui avvantaggiato nell’apprendimento e alla fine mi qualificai 40° su 114 allievi. Tra di noi vi erano veramente tanti giovani in gamba.
Avevo il grado di Sergente AUC quando, insieme agli allievi del 39° corso AUC e dopo lunghe prove in notturna, il mio 1° Btg della Scuola Trasmissioni, al comando del Ten. Col. Landi, partecipò alla sfilata del 2 Giugno lungo i Fori Imperiali. La presenza di quella folla straboccante, che per l’emozione quasi ci paralizzava, fu invece uno sprone per fare del nostro meglio. Fummo sicuramente tra i reparti che sfilarono meglio e quella giornata resta tra i ricordi più vivi della mia vita militare.
Arrivò l’assegnazione: Battaglione Trasmissioni Folgore, Caserma De Dominicis, Treviso. Così, il 5 Giugno, con i commilitoni Serg. Moroni e Scolari, partii da Roma Tiburtina per iniziare il periodo “trevigiano” e “folgorino” della mia leva. Continua a leggere

…quelli di “complemento” raccontano…

Col servizio militare obbligatorio, mentre i più andavano a formare i Plotoni e le Compagnie dei vari Corpi, una parte dei giovani, dopo una selezione tecnico-fisica, veniva addestrata per assumersi maggiori responsabilità come ufficiali o sottufficiali di “complemento”. Erano coetanei dei loro futuri sottoposti e come loro vivevano le fatiche, l’ansia e la disciplina della vita militare.
Un nostro “ex-sten” del ’68, Umberto Baldini, ci racconta i suoi ricordi…


Marzo del 1968, Roma, Cecchignola, 49° corso A.U.C. Al termine di cinque mesi di duro corso, dopo aver superato l’esame terminale, finalmente giunse la sospirata promozione al grado di “Sergente A.U.C.” e la relativa assegnazione per il successivo periodo di quattro mesi da sottufficiale. La destinazione preoccupava non poco perché la voce di “radio-gavetta” sussurrava che a quelli destinati ai reparti “operativi” sarebbe fatto “un mazzo tanto”!
A quei tempi, i reparti di destinazione erano fondamentalmente di due tipi: reparti territoriali e reparti operativi; secondo voci che circolavano, nei reparti territoriali si “faceva la pacchia” perché si occupavano soprattutto di gestire centri radio presso comandi, magazzini, postazioni di ponti-radio, insomma “lavoro di ufficio”, o poco più! Il vero spauracchio erano i reparti operativi ove, si mormorava, tra una manovra e l’altra “si andava sempre di corsa”, insomma ti facevano “scoppiare” e tra le destinazioni allora più temute si sussurrava della “Folgore” che veniva descritta come “un covo di esagitati”, un reparto che, allo “rompete le righe”, gridava “Folgore” col braccio teso! Perciò, quando seppi della mia destinazione (42° Btg. Trs. Pordoi, alloggiato nelle caserma “Pierobon” di Padova) tirai un sospiro di sollievo perché, a detta della vulgata, doveva essere di tutto riposo; non è che disdegnassi l’azione, ma le voci sui reparti operativi mi avevano francamente “turbato”!
Iniziava allora (marzo ’68) quello che doveva essere un periodo idilliaco ma che si dimostrò invece essere la più brutta fase della mia “naja”! Di “lavori d’ufficio”, nemmeno l’ombra e in compenso tanti servizi “di ronda”, alternati a servizi “d’ispezione” e, per riposare, servizio “di giornata” che, in quella vasta caserma con diversi reparti, di riposo certo non erano! E il comandante di compagnia manteneva distacco con freddezza e anche il suo vice, Tenente Mich, A.U.C. raffermato, concedeva ben poca cordialità! Vissute non poche “disavventure”, giunse finalmente il 19 giugno ’68, termine del periodo da sergente e il sospirato ritorno a casa in “licenza attesa nomina”.
Dopo due settimane arriva l’attesa promozione a sottotenente e con essa la destinazione: Battaglione Trasmissioni “Folgore”, Treviso! Giuro che in quel momento mi caddero le braccia: se il reparto territoriale, che doveva essere di tutto riposo, si era rivelato così sgradevole, cosa mi sarei dovuto aspettare in mezzo a una banda di esaltati!
Quando arrivai all’imbocco del viale Lancieri di Novara avevo un groppo alla gola! Mi consolava l’aver notato che la caserma era in centro a Treviso – graziosa ed elegante cittadina che già conoscevo – e non più all’estrema periferia come a Padova, e anche l’aver scoperto che l’altro sten assegnato al battaglione era Pier Guido Colonna, simpaticissimo friulano di Latisana. Lui era stato il primo “commilitone” incontrato: eravamo entrambi alla stazione Termini di Roma, con sguardo smarrito e valigetta in mano, e, indovinando da lontano la comune sorte, assieme ci eravamo recati all’Hotel “Perotti” della Cecchignola! E la gradita sorpresa era stata notevole perché, sapendo che da sergente era stato assegnato ai “parà” Folgore di Pisa, non sapevo allora che alcuni di essi potessero poi essere dirottati a Treviso! E, guarda caso, sempre lui sarà anche l’ultimo commilitone che saluterò al congedo, nel gennaio ‘69, dopo averlo accompagnato a Latisana con la mia scassatissima 500.
Ma quel 10 Luglio ‘68 varcammo insieme il portone della caserma con un certo timore! Continua a leggere